| inviato il 15 Marzo 2023 ore 8:44
Sviscerata la faccenda dell'asta, ora resta il discorso di come usare la macchina. Le 6x6 biottica a pozzetto, sono adatte ad una foto "meditata", vista la lentezza di uso, dovuta al tipo di mirino, con inquadratura dall'alto a distanza e con i lati invertiti. Il formato medio grande del negativo le rende molto indicate per foto statica e curata, come panorami, ritratti (e qui torna utile il sincro flash totale) e still life (senza andare troppo vicino al soggetto visto che c'è il problema della parallasse). Se non si mette troppo alla corda il modesto obiettivo della Lubitel, con ingrandimenti forti e diaframmi aperti, si può tirare fuori qualcosa di interessante. |
| inviato il 15 Marzo 2023 ore 8:54
Fileo, le biottiche fino a metà degli anni 60 erano usate dai reporter ed in particolare dai " paparazzi".Mi pare di ricordare che anche la Lubitel abbia il cosiddetto mirino sportivo. Diaframma chiuso a 8 o 11 messa a fuoco prefissata o a stima. Il problema della Lubitel è nella lentezza della ricarica: occorre guardare il numero e caricare separatamente l' otturatore. Il tutto tende impossibili le sequenze. |
| inviato il 15 Marzo 2023 ore 9:25
Certo i paparazzi, ai tempi della dolce vita, usavano spesso le Rollei con il mirino sportivo, ma era un tipo di scatti dove importava cosa riprendevi e non come lo riprendevi. Scattavano spesso aiutandosi con il flash, e a volte c'era il trucco: locale notturno poco illuminato, il primo fotografo che usava il flash attaccato alla macchina, si faceva "scoprire", la personalità lo bloccava e chiedeva il rullino, che il fotografo, facendo un po' di scena, alla fine acconsentiva a dargli. Intanto, il secondo fotografo, non visto, aveva scattato tenendo la macchina su un tempo lungo, che data la scarsa luce ambiente, gli faceva sfruttare la flashata. Ci voleva un buon allenamento, ma spesso riusciva. Pensare di fare sequenze con una 6x6 del genere è follia. Le sequenze si facevano con roba tipo Hasselblad motorizzata e magazzino 70 mm, ma siamo su un altro pianeta. |
| inviato il 15 Marzo 2023 ore 19:04
Salve, al solito, qui abbiamo letto un'ennesima tiritera contro le fotocamere "fuori dall'establishment" Cosa questa che non stupisce. Se un errore sia stato commesso, questo è solo nel prezzo pagato per la fotocamera in questione. La Lubitel, pur col suo semplice tripletto, sul medio formato è in grado di realizzare dei buoni negativi e dare ottime soddisfazioni. Nel 1979, la rivista "Fotografare", pubblicò un interessante test a confronto, su tre biottiche a bassissimo costo: due cinesi (la Seagull e la Pearl River) ed appunto, la Lubitel, che non ne uscì affatto con le ossa rotte, anzi. Nelle pagine di questa discussione, ho letto anche saccenti disquisizioni sulle presunte infime qualità delle fotocamere medioformato prodotte nell'Est Europeo, con i soliti sputazzamenti sulle Kiev (60 ed 88) e sulla Pentacon Six. Con piacere, noto che qualche parola buona è stata spesa almeno sulle loro ottiche. Certo, la Kiev-88 costava e costa poco. Ai mercatini, nel periodo 1987-90, se ne trovavano tante (vedo che a Porta Portese se ne trovavano "a mazzi") e subito si inceppavano? Certo, ho visto cosa succedeva, ai mercatini: le fotocamere erano prese in mano da maneggioni che caricavano, scattavano, smontavano obbiettivi, cambiuavano tempi, con la delicatezza di un elefante in un negozio di vetri di Murano, dimenticando la regola fondamentale: cambiare i tempi solo ad otturatore CARICO!!! . Spaziatura scorretta nelle Kiev-80/88? Capitava di rado, soprattutto negli esemplari più vecchi, il cui avanzamento era tarato sullo spessore dei rollfilms 120 prodotti in URSS, più spessi dei nostri. Per ovviare a questo inconveniente, il disco memorizzatore della sensibilità, montato al retro di tutti i dorsi, era incernierato ed apribile, quindi dopo caricato, bastava agire sulla chiavetta di avanzamento del dorso quel tantino, sufficiente ad allineare/centrare nel foro, il numerino stampato sulla carta protettiva. Più semplice di cosi!... ma invece è meglio sputazzare, soprattutto sulle cose che non si conoscono. La Pentacon Six: una ottima medio formato, nata da un progetto assai ben pensato. Certo, nella sua evoluzione, ha presentato delle criticità, che i tecnici di Dresda seppero ovviare. Anche in questo caso, tanto per il caricamento, quanto per l'uso "sul campo" è sempre necessario leggere il libretto di istruzioni: già solo nel caso della spaziatura dei fotogrammi, se la macchina viene caricata secondo il manuale, nel 98% dei casi, non si dovrebbero verificare problemi. Sono oltre trent'anni da che gli ultimi esemplari di medio formato Kiev e Pentacon Six sono usciti dalle linee di montaggio dello Zavod Arsenal e dalle officine di Dresda: pretendere che un complesso apparecchio di precisione funzioni senza problemi dopo tutto questo tempo, senza che sia stato revisionato, è pura fantascienza. Personalmente, la mia Kiev-88 e la mia Pentacon Six, con le quali ho realizzato migliaia di scatti, soprattutto per lavoro, non hanno mai dato problemi. Periodicamente, diciamo ogni 10 anni, le ho fatte controllare e, dove necessario, rilubrificare; intervento che alcuni anni fa si vide necessario per la mia Pentacon Six, che mostrò il classico difetto all'otturatore, dovuto all'essiccazione dei lubrificanti, tornando nelle mie mani perfettamente funzionante. Vedo che si è anche citata la cecoslovacca Flexaret, una dignitosissima (vorrei dire ottima) biottica, in grado di realizzare eccellenti fotografie. Tornando in topic, io consiglierei di usarla, quella Lubitel e divertircisi: non è un giocattolo, bensì una semplice fotocamera da fotoamatore appunto, in grado di svolgere ottimamente il suo lavoro: fare fotografie. |
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