| inviato il 07 Settembre 2020 ore 18:57
Ho compreso il percorso impervio di Mauro, ma per gli altri, Tonyrigo, Domenico Mancuso, Skylab ecc vorrei conoscere il percorso che porta, non tanto alla stampa in bianconero (lì tra sviluppi, tank, ingranditori e mascheratura e bruciature-con le mani o con le sagome di cartoncino nero- ci siamo) quanto i metodi utilizzati per la stampa a colori: utilizzate ingranditori dotati di filtri? Quali? Ricordo uno dei più gettonati dell'epoca, il Philips. Analizzatori colore li usate? Quali chimici? Non tanto per lo sviluppo negativi, quanto per la stampa. Lampade da camera oscura? La mia è inguaribile curiosità. Riguardo al dilemma posto da PAOLO: "Una cosa comunque è certa, e dalle parole sia di Mauro che di Domenico, ma in fondo anche da quelle di Claudio questo si evince con chiarezza disarmante: per colui il quale stampa il divertimento sta nella Camera Oscura a maneggiare con carte e chimici, e non già sul campo a impressionare la pellicola!" Direi, se altri sono d'accordo, che la realtà non sia questa, Paolo. Commetti un errore. Come si vede dalle mie foto, amo fare paesaggi, anche se non è il unico interesse in fotografia. E quindi se pensi che la fase della ripresa sia un po' messa da parte è da chiedere a ...quella santa donna di mia moglie che a volte aspetta ore mentre io armeggio con cavalletto, telecomando, live view per controllare meglio la messa a fuoco ingrandendo i vari particolari in giro per il fotogramma (eh sì, questo te lo consente il digitale!) live view che ti permette, senza toccare la reflex, di diminuire il micromosso tenendo già lo specchio già alzato. Senza considerare i conteggi per valutare l'esposizione quando si usa un filtro ND (a proposito, io uso un ND 400 da 10 stop della Hoya, mentre un 64 lo uso poco. E voi?). O, ancora, quando, faccio le prove con i filtri GND della Lee (quelli che uso di più sono gli 0.6 e 0.9 soft. Voi li usate in analogico? )Anche se in post produzione a volte tornano utili i filtri lineari e quelli radiali di LIGHTROOM. E poi le attese per aspettare l'ora blu o comunque quella giusta in cui le luci delle case magari sono accese ma il cielo manda ancora bagliori (qualcuno usa delle app specifiche per sapere esattamente, in quel dato giorno, a che ora cala il sole. Ce ne sono di interessanti) Per una foto di Portovenere che è su Juza sarò stato fermo due ore e con mia moglie che mi illuminava con una torcia un muro in primo piano. Senza parlare della tecnica di fusione di più scatti da fondere in digital blending Che richiedono, sì, lavoro in post, ma occorre sapere cosa si fa già in ripresa e fare prove. La verità è che si lavora in in ripresa con l'idea di cosa si otterrà nella stampa finale. Con le debite proporzioni: non faceva così Ansel Adams? Impressionare le lastre con attenzione e in un certo modo ben sapendo cosa sarebbe venuto fuori poi in camera oscura: perchè il risultato finale è quello che conta! Magari, Paolo, posta qualche esempio di foto che ti ha richiesto particolare attenzione in ripresa. Sarebbe interessantissimo |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:00
“ vorrei conoscere il percorso che porta, non tanto alla stampa in bianconero (lì tra sviluppi, tank, ingranditori e mascheratura e bruciature-con le mani o con le sagome di cartoncino nero- ci siamo) quanto i metodi utilizzati per la stampa a colori: utilizzate ingranditori dotati di filtri? Quali? Ricordo uno dei più gettonati dell'epoca, il Philips. Analizzatori colore li usate? Quali chimici? Non tanto per lo sviluppo negativi, quanto per la stampa. Lampade da camera oscura? „ Per la stampa colore utilizzo un Meopta magnifax con apposita testa colore che permette l'ingrandimento di negativi dal 24x36 al 6x9. Ovviamente un analizzatore colore (utilizzo un Philips PCA 060 molto accurato) e filtri complementari. Quanto ai chimici, l'RA-4 è lo standard per negativo anche se recentemente sto sperimentando delle varianti a partire da chimici puri. Però, come per il bianco e nero, si tratta di routine. Ciò che mi sta appassionando da alcuni anni sono le antiche tecniche. Dai viraggi al platino palladio fino al collodio umido (per il quale mi sono dotato di apposita reprocamera in legno autocostruita, con dorso classico 20x25 e dorso personalizzato 30x40 su cui montare le lastre in vetro o plexiglass precedentemente sensibilizzate). Le ottiche sono degli ignobili vetri russi di focale compresa tra 300 e 600 mm f/6.3-f/8 di apertura massima. Infine, altra sfida, è la stampa positivo-positivo che sto sperimentando con risultati al momento appena sufficienti, a partire dalla vecchia stampa cromogenica a colori realizzata con processo a inversione. In passato si utilizzava il termine Type-R print, con trattamento R-3 tecnologia successiva al cibachrome e successivamente abbandonata. Per ora sono esperimenti embrionali ma prima o poi... |
| inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:08
Claudio forse io non mi sono spiegato bene ma alla fine la tua descrizione conferma le mie parole nel senso che tutto quelli che si fa sul campo è di preparazione al momento topico che verrà appunto in Camera Oscura. |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:09
Riguardo al dilemma di Paolo, confermo ciò che è stato scritto da Claudio. La fase di scatto mi appassiona quanto la camera oscura, ma per motivi diametralmente opposti. Scatto principalmente paesaggi di montagna e la fase di scatto mi permette di isolarmi dal mondo, in perfetta solitudine ma all'aria aperta ed in contatto con la natura. Stessa solitudine ma nel chiuso del mio laboratorio per quanto riguarda la fase di camera oscura. In comune solo la maniacale cura del particolare che in camera oscura si traduce nelle concentrazioni precise al decimo di millilitro, nelle temperature al decimo di grado e nei tempi calibrati al centesimo di secondo... In montagna la maniacalità dell'uso del cavalletto (sempre) dello scatto remoto con specchio sollevato (sempre) e dei filtri, adeguati al tipo di pellicola usata, alle misurazioni esposimetriche spot su vetro smerigliato, al sistema zonale con relativi appunti per ciascuna lastra o rullo, che tornano utili al momento dello sviluppo. Nulla è lasciato al caso. |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:11
“ tutto quelli che si fa sul campo è di preparazione al momento topico che verrà appunto in Camera Oscura. „ Come è giusto che sia, visto che quello è il momento in cui si raccolgono i frutti del lavoro fatto... |
| inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:14
Direi che la fase della ripresa in tantissimi casi è quella che , non solo ti stimola a pensare a quale vuoi che sia il risultato finale in stampa, ma ti regala emozioni e soprattutto aneddoti divertenti o comunque piacevoli da ricordare. Faccio alcuni esempi riguardanti mie foto che si possono facilmente trovare qui su Juza: 1-LUNA SU MANAROLA e LUNA SU MANAROLA 2 come si vede sono riprese dallo stesso punto di vista, un sentiero che sale proprio di fronte al celebre scorcio. Sono state scattate a distanza di oltre un'ora l'una dall'altra e, quindi, hanno richiesto tempo per ottenere i due (modesti) risultati. Ma il divertente è che, per evitare fatica, avevo con me il cavalletto Befree carbon (1100 grammi), piccolino, modesto. E a fianco a me c'era un tedescone enorme, alto sui 1,95 e massiccio, con una Canon e un cavalletto Benro che arrivava alla sua altezza (mentre il mio era sui 140 cm) Mi sembrava che mi guardasse dall'alto in basso e con ironia per i miei risultati! 2- SCANNO: la ripresa ha richiesto le solite cose: cavalletto, telecomando, alzo specchio e live view, controllo profondità di campo, eliminazione di autofocus e VR ecc. Il tutto in totale una mezz'oretta. Ma il tempo più lungo è stato quello di tornare e ritornare per trovare libero un piccolo spiazzo di parcheggio per posizionarmi. C'era sempre qualche auto che mi impediva di avere la posizione adatta che avevo previusalizzato. 3- VERNAZZA: il posto, sulle rocce di fronte allo scorcio, lo conoscevo. Ero con mia moglie in piazzetta a cena in un ristorantino, controllando l'orario giusto. Quando si è fatta l'ora, ho lasciato lei che prendeva il dessert e poi avrebbe pagato il conto e sono andato a posizionarmi con il cavalletto sulle rocce. In primo piano, però, le rocce erano troppo buie e, come faccio qualche volta, durante lo scatto, durato alcuni secondi, ho illuminato le rocce con una torcia tascabile. Ho fatto qualche prova, non tantissime, per avere un risultato ottimale dell'illuminazione non solo dello scorcio, ma soprattutto proprio delle rocce in primo piano con il 16 mm. Nel frattempo mia moglie mi ha raggiunto e io mi sono perso il dolce! 4- VENEZIA DAL PONTE DELL'ACCADEMIA: tre i problemi in ripresa. Innanzitutto, la difficoltà di notte (era mezzanotte) a mettere bene a fuoco. Un valido aiuto è l'uso del live view che ti eprmette di ingrandire particolari di tutto il fotogramma e di valutare la pdc bene. Secondo, aspettare l'arrivo di un battello giusto per avere la scia colorata delle luci. La lunghezza della scia calcolata a tempo con l'orologio. Ma terzo problema era il passaggio di persone sul ponte da cui fotografavo: il ponte dell'Accademia è in legno e vibra se anche una sola persona ci cammina su, determinando il mosso della foto. Insomma, questo per dire che le riprese non sono mai semplici e che in analogico come in digitale, richiedono attenzione. Sperare di risolvere tutto in postproduzione è una illusione propria di chi è alle prime armi. Mi piacerebbe sentire altre esperienze simili su foto ben precise, sia in ripresa che in stampa |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:34
Claudio, ne avrei di esperienze da raccontare... Dalla mia prima aurora boreale in lapponia, con una zenit attacco M42 ed il suo Zenitar fisheye 16 mm, e le dita congelate attorno allo scatto remoto fino agli ultimi scatti di quest'estate in cui, dopo una salita in quota di quasi 4 ore con 25 kg sulle spalle, tenda, sacco a pelo e attrezzatura di ogni genere, mi accorgo di non avere in borsa l'esposimetro (beffardamente scivolato in macchina dalla tasca dello zaino) e, non essendo fornita di esposimetro la mia Zenza ETRs, mi son dovuto fidare dell'esposimetro a matrice della canonet QL che avevo portato per le foto al volo durante l'arrampicata... Con buoni risultati, direi...
 Dal backstage della foto, con il campo base allestito a quota 2250 metri, fino allo scatto di finale
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| inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:49
Bella foto e simpatico il ricordo. Questa foto è fatta con DIA o con negativa? Sviluppata e stampata da te? O fatta scansione? I dati potrebbero essere interessanti. Ah ah, hai ragione, manca sempre qualcosa: io ho un rapporto conflittuale con la bussola che dovrebbe essere sempre nello zaino, ma che, quando mi serve, non trovo mai, salvo ritrovarla a casa dovunque! 25 Kg di zaino per me sono impossibili! Sto meditando di eliminare reflex e zoom e prendere una ML Sony e solo buoni fissi per dimezzare i pesi. Non porto più con me il Manfrotto 055 in alluminio che pesa , testa compresa, 3 Kg, a favore del Befree in carbonio che pesa 1100 grammi, testa compresa! E anche questo peso mi da fastidio ormai... |
| inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:57
Domenico Mancuso: "alle misurazioni esposimetriche spot su vetro smerigliato" Se non disturbo l'autore e non sono d'intralcio al filo conduttore (peraltro interessantissimo) attuale, potrei sapere con che sonda e con che procedimento, per favore? Grazie. |
| inviato il 07 Settembre 2020 ore 20:59
DOMENICO: Apprezzo le tue sperimentazioni...maniacali! ma, lo confesso, non arrivo fino a questo punto. E poi non riesco nemmeno a ritagliarmi facilmente il tempo necessario. Una volta era per me più facile: facevo turni di notte e la mattina prima o quella dopo la notte mi permettevano un po' di libertà. Ma da alcuni anni non faccio turni e tutte le mattine, sabati compresi, sono al lavoro e questo mi rende le cose più difficili... |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 21:57
Claudio, la foto è da negativo (Fuji NHG 400) sviluppata e stampata da me. Questa è una scansione della stampa e non del negativo. Riguardo alle sperimentazioni, nemmeno io ho tantissimo tempo ma qualche weekend di libertà ogni tanto riesco a ritagliarmelo anch'io. @Super Flash, l'esposimetro è il sinarsix. Qui il link ad un bell'articolo che ne spiega il funzionamento: www.nadir.it/ob-fot_grande/Sinarsix/index.htm |
user33434 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 22:01
“ Ciò che mi sta appassionando da alcuni anni sono le antiche tecniche. Dai viraggi al platino palladio fino al collodio umido (per il quale mi sono dotato di apposita reprocamera in legno autocostruita, con dorso classico 20x25 e dorso personalizzato 30x40 su cui montare le lastre in vetro o plexiglass precedentemente sensibilizzate. Le ottiche sono degli ignobili vetri russi di focale compresa tra 300 e 600 mm f/6.3-f/8 di apertura massima. Infine, altra sfida, è la stampa positivo-positivo che sto sperimentando con risultati al momento appena sufficienti, a partire dalla vecchia stampa cromogenica a colori realizzata con processo a inversione. In passato si utilizzava il termine Type-R print, con trattamento R-3 tecnologia successiva al cibachrome e successivamente abbandonata. Per ora sono esperimenti embrionali ma prima o poi... „ Che meraviglia Domenico, personalmente credo che tutta questa pratica fotografica sia un bagaglio culturale la cui esistenza debba essere necessariamente tutelata. Non voglio dire che dietro una stampa inkjet non ci sia cultura e approfondimento ma per me c'è fin troppa risonanza con una visione omologante della cultura dell'immagine, l'enorme mole di materiali, varietà e soprattutto scelte creative che offrono i processi storici dovrebbe essere a mio avviso la struttura di supporto di alcune scelte fotografiche. C'è secondo me un valore intrinseco in una ricerca come quella che porti avanti tu e nel mio piccolo anche io, che non può e non deve essere mortificata, fortuna che almeno il mondo dell'arte è legato ad altri principi e l'inkjet è soltanto uno dei processi presi in considerazione in un mare di materiali e procedimenti che si sono accumulati negli ultimi 150 anni, Complimenti e in bocca al lupo |
user33434 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 23:09
“ Riprendere immagini, fotografare, con la pellicola è come volere correre con la macchina storica in pista e pretendere di essere più veloci di una vettura moderna. Non c'è scampo, credetemi ... „ Tony mi permetto di dissentire, le macchine hanno un compito specifico, quello di farci spostare nel modo più comodo e/o gradevole da un punto A a un punto B. Un computer ha il compito di semplificare alcune attività e lo deve fare nel modo più pratico e veloce possibile. Se la tecnologia avanza per un determinato strumento il vecchio è destinato a soccombere al nuovo ma tutto ciò vale per strumenti il cui unico fine è l'ottenimento di un riscontro pratico. La fotografia appartiene alla categoria delle arti e qui il discorso cambia completamente, tutti gli strumenti e tutte le tecniche trovano un determinato uso espressivo e una precisa collocazione estetica che neanche i secoli riescono ad intaccare. Ho conosciuto musicisti bravissimi con il clavicembalo, la spinetta, il salterio e perfino la chitarra battente, è vero che rispetto ai secoli che hanno visto il dominio incontrastato di questi strumenti c'è un calo della loro diffusione ma hanno il loro spazio. La macchina d'epoca sfila a testimonianza di un passato che non c'è più, così come la casa che l'ha prodotta, le emulsioni invece hanno avuto una contrazione ma sono ancora prodotte così come ad esempio ci sono ancora aziende che producono banchi. In arte non si butta mai niente, tutto concorre a creare un'enorme mole di mezzi adatti allo scopo che ci si è prefissati. |
user120016 | inviato il 07 Settembre 2020 ore 23:13
Tony, probabilmente hai ragione. Io continuo a guidare una Lancia Fulvia in pista con decine di vetture moderne che mi sfrecciano a destra e sinistra e che completano i giri molto prima di me. Ma io preferisco continuare a guidare le mie vetture d'epoca e salutare dal finestrino. Tanto, al traguardo ci arrivo anch'io, alla fine. E di fretta non ne ho affatto. P.s. Va bene tutto ma iI color splash dai.... |
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