| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 10:53
Non mi ricordo bene, aveva a che fare con la distanza del piano sensibile ed eventuali ostacoli per le onde. Lenstip è il mio sito preferito Ma anche perché, questo è un mio ragionamento, i tele sono già più perfettini dei grandangoli |
| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 11:07
La Onno è una salita pedalabile che mi ha sempre fatto soffrire quando quattordicenne volevo correre fra gli esordienti (rapporto massimo 50x18). Onno ha una particolarità: è un palindromo, si pronuncia uguale letto sx-dx e dx-sx. I palindromi giocano un ruolo cruciale nella doppia elica del DNA, qui ci sarà qualche biologo che saprà il perché. Invece che io sappia non esistono giornali quotidiani che abbiano il titolo palindromo (io compro Repubblica sempre, il Foglio e Domani al weekend e sono abbonato in rete a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera). Fare questa prova: di fronte ad uno specchio piano tenete davanti al corpo la prima pagina di un quotidiano rivolta verso lo specchio. Nello specchio leggerete il titolo del giornale invertito. La domanda è: perché il titolo del quotidiano è invertito sx-dx in senso orizzontale e in senso verticale NO? È per controllare la capacità di estrarre informazione scientifica dalla rete. In più adesso c'è AI, architettate un prompt per chiederle perché la riflessione nello specchio piano è invertita in senso orizzontale e NON in senso verticale |
| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 12:33
Perché viviamo in una riflessione energetica direbbe Ighina. |
| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 15:56
Ai tempi avevo letto un articolo con una spiegazione sull:inversione ad opera dello specchio. In sostanza sosteneva che lo specchio non inverte proprio nulla riflette e basta, ciò che sta a dx rimane alla dx sullo specchio ciò che sta a sc rimane a sx nello specchio, esattamente come ciò che è sopra rimane sopra e ciò che è sotto rimane sotto. L'inversione è solo una nostra convinzione psicologica dovuta alla caratteristica umana di possedere un asse di simmetria longitudinale (ma non trasversale): in pratica nel guardare lo specchio noi abbiamo l'impulso psicologico di comparare ciò che vediamo riflesso nello specchio con l'immagine di noi stessi dopo avere effettuato la rotazione attorno all'unico asse di simmetria da cui siamo dotati. Cosa faremmo se fossimo un riccio di mare? |
| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 15:58
La salita di Onno l'ho fatta diverse volte, prima degli stent. Ma il Ghisallo da Bellagio è più duro. |
| inviato il 28 Gennaio 2025 ore 16:35
@Andrea il Ghisallo è tutt'altro che pedalabile anche se ha tratti addirittura in pianura. Per farlo in sella avevo montato un 44x28 a sedici anni. Nell'ultimo tratto prima del Santuario...impennavo. L'Airone apriva le sue ali da Bellagio ai piedi del Ghisallo. Arrivato sulla Vallassina faceva una cronometro e arrivava al Vigorelli con più di due minuti! Dietro a inseguirlo c'erano passisti di vaglia come Magni, i francesi, i belgi. Niente. Andava più forte lui da solo che quelli del gruppo che si davano i cambi. |
| inviato il 30 Gennaio 2025 ore 10:47
@Andrea nel caso del quotidiano fatto vedere allo specchio (piano) che ti rimanda il titolo imvertito SOLO in orizzontale “ L'inversione è solo una nostra convinzione psicologica „ non c'entra niente. Ho fatto l'esempio per mettere alla prova l'intuito scientifico juzino. Chiunque abbia PROIETTATO dia si accertava di metterle capovolte nel caricatore, pena vederle capovolte sullo schermo inserite normalmente. Quando non erano disponibili le dia (in genere a lezione o a presentazioni) si ricorreva alla lavagna luminosa. I lucidi venivano posti sul piano luminoso senza invertirli e la proiezione non era invertita. La conclusione era che le due proiezioni avvenivano con modalità opposte. Se si scrive onno (palindromo) su un foglio bianco A4 in minuscolo, a mano, con quello che si chiamava carattere "corsivo" alle elementari di una volta (adesso spesso fanno scrivere in stampatello anche le minuscole...) e lo si mostra allo specchio piano si legge "onno" al 100%. Se invece si scrive ONNO in stampatello maiuscolo, intuiamo che deve essere il paesino sul Lario ma le due "N" sono rovesciate. Questo è il caso in cui soccorre il cervello e conclude "non avranno saputo scrivere le "N" correttamente ma esiste il paesino Onno". Di questo fatto si sono occupati Feynman e Umberto Eco. Sono arrivati alla conclusione che uno specchio piano si limita a riflettere le scritte che gli sono sottoposte senza invertirle orizzontalmente. Spiegazione: il giornale è stato stampato in modo che i caratteri venissero letti da sx a dx. Quando affacciamo la pagina allo specchio (piano!) facciamo una rotazione di 180° intorno al suo asse verticale. Lo specchio riflette il titolo invertito, come è giusto. In verticale non succede nulla perché non c'e stata nessuna rotazione intorno ad un asse orizzontale. È quasi un apologo per mettere in guardia i benpensanti che credono ai loro occhi senza sapere come si crea un'immagine digitale. Tuttavia si arrogano il diritto di esprimersi su cose che hanno capito solo in parte. Andrea non ha mai fatto Fisica alla Bocconi. Ci sono anche ing che Fisica l'hanno studiata almeno in due esami nei PoliXX. L'esame di riferimento però è "Fisica Tecnica" e se uno non ci arriva è perché ha dei limiti. In un prossimo post esaminiamo la diffrazione in fotografia digitale che è legata ai 61 Mpx e non è OT. Avete anche la possibilità di bervi "Cambridge in Colour", ma dovreste avere la decenza di non pontificare in questo Forum. |
| inviato il 30 Gennaio 2025 ore 11:34
"Di questo fatto si sono occupati Feynman e Umberto Eco. Sono arrivati alla conclusione che uno specchio piano si limita a riflettere le scritte che gli sono sottoposte senza invertirle orizzontalmente" Che è quello che ho scritto io Vale : "lo specchio non inverte proprio nulla riflette e basta, ciò che sta a dx rimane alla dx sullo specchio ciò che sta a sc rimane a sx nello specchio, esattamente come ciò che è sopra rimane sopra e ciò che è sotto rimane sotto". Inverte dx e sx se si pensa di ruotare attorno al nostro asse di simmetria e confrontare il risultato mentale con ciò che riflette lo specchio (o se si ruota il giornale, anche in questo caso e non a caso, lungo l'asse verticale che è il nostro asse di simmetria). Il fatto che decidiamo di ruotare il giornale dx-sx attorno ad un asse verticale e non sopra-sotto attorno ad un asse orizzontale dipende anche o forse soprattutto dal fatto che abbiamo due braccia a dx e sx in simmetria longitudinale (che penso sia anche la stessa ragione per cui libri e giornali sono rilegati con una piega verticale) se avessimo anche due braccia simmetriche sopra e sotto l'ombelico in simmetria trasversale che faremmo?. Sarei pure curioso di sapere come si comporterebbe un giapponese dotato di 4 braccia davanti allo specchio con un suo foglio scritto dall'alto verso il basso |
| inviato il 30 Gennaio 2025 ore 16:02
@ Andrea ...poi il risultato visivo dipenderebbe comunque dall'oggetto che stai guardando, cioe' dai suoi elementi di simmetria. Una P verrebbe invertita sia in orizzontale che in verticale (rotazioni attorno ad un asse...), mentre una O rimarrebbe pur sempre una O. |
| inviato il 30 Gennaio 2025 ore 22:13
La quasi-simmetria verticale del corpo umano non c'entra. Difatti se uno fotografa il giornale riflesso dallo specchio continua a vederlo invertito orizzontalmente. I nostri occhi non c'entrano: anche la macchina fotografica monocola riproduce correttamente l'inversione. Una scritta verrà riflessa nel giusto verso orizzontale se viene riportata su un lucido, mantenendolo fisso, senza ruotare il lucido intorno al suo asse verticale, cosa impossibile con un giornale perché non è trasparente come un lucido. La provocazione finisce qui. Il messaggio importante invece è che la diffrazione dipende dalla dimensione del sensel e non dalla dimensione del sensore. Infatti nella formula ottimamente approssimata (1) non compare la dimensione del sensore. Perché allora sono tutti convinti che una FF comincia ad andare in diffrazione a f/11, un aps-C a f/8, una m4/3 a f/5.6 e così via? Perché è stata inculcata ricorrendo al c.o.c. (circolo di confusione). In altri 3d è addirittura comparsa l'affermazione che il c.o.c. sia un parametro centrale nella progettazione di un'ottica. Personalmente mi cascano le braccia. Sono comprensivo con i bean counters come Andrea, ma un ing? Cosa ha capito dell'ottica geometrica? È irragionevole scattare con una m4/3 e confrontare con una FF alla stessa dimensione di stampa (o di schermo) e aspettarsi lo stesso risultato. La diffrazione sembra maggiore perché l'ingrandimento è maggiore, non perché la diffrazione è maggiore (beninteso: col sensel grande uguale). Ho tre Nikon 1 con sensorini da 1" virtuali (ossia: più piccoli di 1" in diagonale, in realtà). Scatto fino a f/16, il che non significa che f/16 sia meglio di f/2.8, ma quello che si perde in MTF si guadagna in pdc: oltre (cioè f/22 e f/32) la diffrazione si percepisce più chiaramente. Mi avevano mandato raw di una Phase One e anche lì il momento di crisi era a f/22. Ovviamente la diffrazione fa meno male a F=500 mm piuttosto che F=16 mm su un FF. La formula (1) mostra che a f/22 tutti i gatti cominciano a essere bigi per qualsiasi dimensione del sensel. Perché a f/22 si è "diffraction limited". Usare 12 o 61 Mpx fa poca differenza, anche se MAI un sensel più piccolo si fa bagnare il naso da un sensel più grosso. Un esempio abbastanza istruttivo. Uno scatto con fuoco a infinito di una Nikon J5 a f/16 e F=10 mm. Qui si aggiunge il fatto che non molti conoscono l'ottica geometrica... e allora usano le iperfocali definite al mm (sic!).
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| inviato il 31 Gennaio 2025 ore 11:27
Valerio, ti stimo e ti rispetto, perdona la provocazione però non è che Verstappen o Hamilton per guidare una formula 1 devono avere una o più lauree e capire di meccanica, chimica, fisica, elettronica, così un fotografo, spesso va avanti con nozioni apprese da padre in figlio, e non è che i risultati in termini tecnici e qualitativi siano scadenti, anzi, tutt'altro. |
| inviato il 31 Gennaio 2025 ore 12:03
“ così un fotografo, spesso va avanti con nozioni apprese da padre in figlio „ E generalmente le nozioni che ha sono quelle che gli servono. La diffrazione come fenomeno fisico dipende solo dall'apertura e della lunghezza d'onda della luce considerata, non dipende né dal sensore né dalle dimensioni del sensel; d'altra parte il sensore è a valle del punto dove si genera la diffrazione (diaframma), quindi non si capisce come potrebbe influire (sarebbe come la favola del lupo e l'agnello di Esopo). Ma dal momento che quello che interessa è come la diffrazione influisce sulle immagini, allora il supporto conta ed influisce in questo modo: - se si guarda una foto alle stesse dimensioni (che sia stampata od a monitor), allora contano le dimensioni del sensore nel senso che più è piccolo il sensore e più a bisogna usare diaframmi aperti (ottenendo per altro la stessa PdC), e le dimensioni del sensel non contano niente; - se si guarda la foto a monitor allo stesso ingrandimento (100%), allora conta solo la dimensione del sensel nel senso che più è piccolo e più bisogna usare diaframmi aperti, e le dimensioni del sensore non contano niente. Fotograficamente ha molto più senso il primo approccio, quindi se un fotografo sostiene semplicisticamente “ che una FF comincia ad andare in diffrazione a f/11, un aps-C a f/8, una m4/3 a f/5.6 e così via „ in fondo ha ragione, e sa benissimo che sta parlando degli effetti della diffrazione su un'immagine e non sull'entità della diffrazione come fenomeno fisico/ottico. |
| inviato il 31 Gennaio 2025 ore 18:12
Circa il formato, dipende dai presupposti del ragionamento: quello piu' corretto fotograficamente (stesso pdr e inquadratura, diversa focale) in modo da avere le stesse foto porta ad affermare che a parita' di f/ la diffrazione impatta di piu' quanto piu' piccolo il formato. Tutto puo' essere scalato fuorche' la lunghezza d'onda della luce. Se si parte invece dall'uso della stessa focale su diverso formato allora non vedo come quest'ultimo possa fare la differenza. Circa invece il sensel a parita' di formato, la formula (1) parla chiaro: piu' d e' piccolo, maggiore sara' il degrado dell'immagine provocato dalla diffrazione, prendendo a riferimento i diaframmi migliori, tipicamente f/4-5.6, delle rispettive immagini, quella con sensel "grande" e quella con sensel "piccolo". |
| inviato il 31 Gennaio 2025 ore 19:51
Noto che c'è identità di vedute e i poveri ignoranti come me (nonostante un grado d'istruzione superiore) sono sempre più confusi |
| inviato il 01 Febbraio 2025 ore 8:07
@Simone, Rolu, NoPhoto ho postato la formula (1) (ottimamente approssimata) per mettere in luce l'interazione (nel digitale!) fra f/ (diffrazione) e d (dimensione sensel). Per chi non l'avesse afferrato, la formula pseudo_Katz vale perchè è una relazione pitagorica (è un'ipotenusa) fra due rumori, quello legato alla risolvenza delle ottiche e quello legato al sensel. Per dirlo più terra a terra, il reciproco di una risoluzione è "rumore" e i rumori non si sommano linearmente, si sommano quadraticamente. La formula (1) è di derivazione MTF, non è campata per aria. R(eq) in µm NON è la grandezza di un sensel su cui calcolare Nyquist (per esempio). R(eq) più bassa significa più risoluzione della coppia f/ e d o meglio MTF sistemica più alta. Il bivio per molti è: le MTF non significano niente. Peccato che è lo standard dell'industria ottica da quasi settant'anni. Naturalmente si può anche parlare di bokeh cremoso e di effetto 3D, ma misure su queste caratteristiche non ne esistono, si va ad occhio. Un' immagine non si stima attraverso le MTF. Attraverso le MTF si stima l'influenza delle ottiche, il degrado della risoluzione di un'ottica quando è digitalizzata da un sensore e anche l'influenza di un filtro ottico passa basso (AA). Una cognizione malferma delle MTF è tipica di chi non ha mai applicato le DFT (trasformate Discrete di Fourier) nella vita reale. La conclusione è che dovreste ringraziarmi perché tento di spiegarvelo. Lauree e diplomi non c'entrano. Vi ho fatto anche l'esempio dello specchio piano per fare capire che fidarsi degli occhi può condurre a false conclusioni. Il fatto è che mi sfottete perché il mio Milan sta facendo schifo che più schifo non si può. A un fotografo interessa questo delle FT: MTF(sistema)=MTF(ottica)*MTF(sensore) Questa sarebbe una convoluzione che le FT trasformano da un integrale piuttosto complicato in una semplice moltiplicazione. La bellezza di tutto questo è che MTF(ottica) è quella che è, ma MTF(sensel) è semplicemente sin(x)/x. Ora se uno non sa calcolarsi neanche questo rapporto base non è colpa mia [(sin(x) e x sono quasi la stessa cosa quando x (in radianti!) è piccolo abbastanza] . Su Juza ci sono tanti che parlano di cose complicatissime e tremano davanti a un logaritmo in base 2. Mezzibusti YT che parlano di esposizione e non citano EV. Come asseriva un mio amico alle medie "è ora di finiamola!" |
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