| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:12
“ le albicocche sono state tutte fiori e poi sono maturate in albicocche per loro stessa natura non individuale ma corale, di gruppo). „ Hanno fatto tutto per dna. Il progresso non puo' prescindere dai rapporti con il mondo che ci circonda, che ci completa, ci arricchisce, ci accultura, ma, alla fine, chiusa la porta, il percorso e' nostro. Di sicuro influenzera' altri, che a loro volta sceglieranno la direzione. Sono due fasi, corale ed individuale che coesistono. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:13
“ Scusa, ma la tua visione la vedo "un pelino" nera. Un po' come quelli che vorrebbero cambiare tutto ma finiscono per crogiolarsi nel loro pessimismo e non fare nulla. „ No, più che pessimismo è la presa di coscienza di uno stato di fatto che mi piaceva stigmatizzare con la doppia citazione che passa nelle ultime parole, riferendomi a Eco dal finale della Storia della bellezza e ad un passo del Pendolo di Foucault. In ogni epoca, in barba al gusto o norma estetica dominante, abbiamo assistito a quel sincretismo, quel miscuglio stilistico in cui molti autori di libere vedute e spirito anticonformistico si sono cimentati, a volte anche secondo un percorso simile a quello che è argomento di discussione. Osserviamo che in una prima fase la produzione segue schemi omologabili al gusto corrente per poi virare verso scelte e contenuti stilistici invise ai loro contemporanei ed erroneamente/frettolosamente liquidate dai posteri come deriva espressiva e decadenza senile, e cito l'ultimo Michelangelo con il non finito ma anche l'ultimo Goya con i capricci , monito per gli illuministi: "il sonno della ragione genera mostri". Drammatizzo un pò il senso di ciò che stiamo dicendo se non ho equivocato il punto della questione. Tornando alla fotografia e al "come fare" per tornare all'interpretazione vs percezione. Occorrerebbe fare in realtà un passo di gambero, mettere un attimo da parte il linguaggio universale come strumento globale di comunicazione al di là dei confini culturali e geografici. Non ci sono dubbi credo sul fatto che la comunicazione continuerà la sua corsa ma non possiamo prevedere a quali cambiamenti ci porterà. Prendendo a prestito un termine tattico della letteratura di genere penso che il fotografante debba provvedere a crearsi il suo "piano di fuga", una scappatoia sicura cui ricorrere in caso di guai imprevisti. Personalmente credo che la cosa migliore da fare sia imparare a sviluppare una dimestichezza con la semiotica linguistica, almeno si può fare affidamento su una linea che se da un lato concede capacità e libertà espressiva dall'altro permette di muoversi in un ambito razionale che mette al riparo da eventuali cantonate. Non so se sono riuscito a spiegarmi. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:21
“ il percorso e' nostro. „ certo, ma tendiamo a credere che sia fortemente individuale, invece è molto più corale. Se sei vissuto in una certa epoca avrai avuto esperienza culturale sociale del gramofono, del disco in vinile, coralmente, non individualmente. Tendiamo a parlare per singoli se parliamo di noi stessi, poi usiamo spesso termini come "gli antichi greci" per parlare in modo corale dell'uomo. La coralità ci garba più per il passato e per gli altri, se parliamo di noi stessi siamo invece più tendenti al soggettivo, al personale, ai percorsi individuali . è una banalissima forma d'ego che spesso ci accompagna fino alla tomba. ci dimentiamo che la maggior parte delle nostre esperienze personali sono collettive, legate ad un periodo, ad una condivisione su un luogo. L'omologazione è data anche dalla contingenza. tra 2000 anni un uomo potrebbe tranquillamente leggere questo topic, e fare considerazioni sugli uomini di 2000 anni prima, in merito alla fotografia, cogliendo molto più l'aspetto corale rispetto ad ogni singola voce. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:29
beh Ooo,ognuno nel proprio cerca una sua strada,anche se fortemente e sicuramente influenzata dal resto del mondo che lo circonda,la strada sarà sempre personale e diversa per ciascun individuo. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:36
Filtro46 perfetto, ma la parte ultima della tua riflessione è quella sempre di punta. la parte iniziale invece è la base, la più solida, la meno individuale, la più comune ed appartenente all'uomo, e a mio parere è proprio quella su cui muove la maggior possibilità di comunicare, anche in fotografia. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:45
“ Superando il mio esempio, non capisco però perchè non si debba paragonare il più niubbo degli iscritti su Juza con Weston (estremizzo naturalmente) „ Mmm ... temo che non ci siamo ancora capiti ... ci mancherebbe non potersi paragonare a Weston da umili utenti di Juza ... io dicevo però che per un giusto paragone sarebbe opportuno fare un confronto tra generi simili. Nel senso che se faccio un genere interpretativo, come dici tu, è difficile fare confronti con Ansel Adams la cui produzione è generalmente più percettiva. Sulla capacità critica sono d'accordo con te ... hai un link a quel thread ? Mi piacerebbe darci un'occhiata. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 13:49
Il bello di fotografare è che esco con la mia fidanzata (D7100) ma che posso spegnere quando mi pare, è una scusa per uscire e stare solo dove mi va di andare. Pier |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 14:54
Ciao Franco, i tuoi topic sono sempre speciali in quanto capaci di "smuovere". Mi permetto peró di aprire una questione provocatoria. In primis trovo l'argomento troppo complesso per poterlo racchiudere in un post. Ci sono troppe questioni che emergono, provocando una sorta di effetto domino. Il fulcro del messaggio non credo debba virare sull'eccessiva cura tecnica ed estetica (di questa oltretutto se ne vede veramente pochissima). Non ritengo che questi aspetti appartengano ad una fase e/o siano deleteri. Anzi, una volta acquisita la consapevolezza, divengono piuttosto parte integrante, nonché fondamentale del percorso/linguaggio fotografico. Attenzione anche a sottovalutare il "tramonto", perché sono proprio la semplicitá e la spontaneitá perdute a portarci verso immagini forzatamente "non conventional", sintomatiche di potenziale snobbismo. Alla portata dei pochi eletti. Per quanto siano stati grandi (e stimati da parte del sottoscritto) autori Ghirri e Marra, cosa hanno portato oggi alla fotografia italiana? Perché sono poco conosciuti? Perché bisogna andare nel circoletto nella periferia di Teramo o nella sezione "nascosta" sullo Juza forum per discutere di questi autori? Perché negli USA per esempio Ansel Adams e Galen Rowell hanno istituito dei veri e propri movimenti "rinascimentali" in ambito fotografico? Stessa cosa dicasi per i British, Cornish & company. Jan Tove nei paesi scandinavi. In Italia non esistono scuole da questo punto di vista. E se ci sono, debbo dire che sono veramente ben imboscate. Dunque siamo sicuri che una fotografia costituita da principi intellettualoidi ed elitari possa migliorarci veramente? Io non ne sono del tutto convinto. In ogni caso Elitarismo e massificazione hanno in comune un aspetto su tutti. L'uomo al centro di tutto. E non come parte di un qualcosa di piú grande, ma come individuo a se stante. In poche parole tendiamo a sopravvalutarci, con conseguente sminuimento della Natura che ci circonda. Concludo tornando al tramonto, al luogo sperduto, agli oceani che erodono e scolpiscono i monumenti naturali, sino alla passeggiata sulle rocce preistoriche, formatesi milioni di anni orsono. Alle volte basta una semplice e sincera testimonzianza per dare qualche istante di sollievo a persone meno privilegiate. Testimoni e missionari del benessere sensoriale. Anche questo puó essere importante, ma di certo, ancora prima é necessaria la consapevolezza. Non c'é bisogno di riscrivere i trattati del bello e del sublime o di salvare il mondo. Ci vuole consapevolezza. In tal caso in un modo o nell'altro i risultati potranno essere significativi. |
user46920 | inviato il 22 Giugno 2016 ore 16:34
Beckerwins:“ In ogni caso Elitarismo e massificazione hanno in comune un aspetto su tutti. L'uomo al centro di tutto. E non come parte di un qualcosa di piú grande, ma come individuo a se stante. In poche parole tendiamo a sopravvalutarci, con conseguente sminuimento della Natura che ci circonda. „ visione interessante ... |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 16:40
Brevemente, per Stespcok, che gentilmente mi chiami in causa, anche con parole di cui ti ringrazio “ Ciao Francesco " non può sfuggire l'aumento di foto firmate, di profili "photographer", di sottolineature di copyright. " Sul "photographer" e su tutta la parte precedente del tuo intervento, concordo al 100%. Sul firmare e mettere il simbolo del copyright invece non ci vedo niente di male in quanto dal punto di vista legale, a meno che tu non decida che le tue foto sono un regalo alla collettività, è l'unico modo per tutelarti da eventuali furti. Io se fossi in te le foto le firmerei (soprattutto se riuscissi a farne di quel livello!). „ Prima di tutto una battuta: so che è anomalo, ma per me parlare di regalo alla collettività, nel senso che tu citi, sarebbe cosa oltremodo onorevole. E in genere, chiunque voglia rubarmi una fotografia (ti dirò, è anche successo... ), si senta libero di farlo: credo che non aumenterà le sue capacità di essere, non modificherà le mie Ma capisco perfettamente che questo è del tutto personale, e non c'entra nulla. Concordo certamente con te: il mio riferimento era a un generale senso di autoproclamazione imperante di cui ho scelto solo qualche espressione, ma se scendiamo nello specifico, certamente la ratio di una forma di protezione legale della propria opera intellettuale, fai bene a sottolinearla come totalmente legittima. Quale è. Buona serata F |
user35763 | inviato il 22 Giugno 2016 ore 18:00
Semplificando velocemente Nella filosofia platonica quello che Jeronim chiama approccio percettivo non poteva che essere un futile e inutile inganno,un trastullo. Nel noto mito della caverna gia' la realta' materiale,sensibile era da considerarsi uno specchio illusorio di ombre(quale la maya vedica) ,concetto che tornera' nel primo cristianesimo ancora influenzato da apporti gnostici(" Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem; nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum "s. Paolo in I Cor. 13, 12) L'approccio interpretativo non limitandosi a una scimmiottatura (trompe-l'oeil,l'ingannare l'occhio)di manifestazioni naturali,quindi un mero rimando a...(un segno subordinato) opera necessariamente un passo avanti nella creazione di qualcosa a se',di qualcosa che gia' da se è. Chiamiamolo pure concetto se vogliamo,o come ci pare. Qualcosa di compiuto per quel che è e vuole essere non il segno fittinzio e subordinato per qualcos'altro. "Il tradimento delle immagini" nel ceci n'est pas une pipe magrittiano insomma. Il nostro operare,il nostro fotografare diventa la necessita' d'una risposta, positiva o negativa, che diamo alla possibilità che la realtà metafisica si riverberi o trascolori nell'opera. Diventa "quest",ricerca. L'Anywhere out of the world,l'isola che non c'è.... Diventa quel cercare di rendere visibile l'invisibile nell'accezione di un Paul Klee di cui gia' addietro Jeronim aveva accennato. Quell'invisibile che si palesa,influenza e AGISCE (poiche' i simboli agiscono e qui' sta la forza dell'arte quale "arte regale",l'arte senza tempo di "manipolare" i simboli per trasformare la coscienza,chiamata anche magia) nel linguaggio condiviso e collettivo,benche' inconscio,dei simboli e degli archetipi. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 18:05
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| inviato il 22 Giugno 2016 ore 19:18
Ecco, credo che di sostanza interessante, se si vuole fare un passo oltre, ce ne sia non poca nell'intervento di Silvano. Che propone non semplicemente di rimodulare l'approccio alla singola fotografia, ma piuttosto di inquadrare l'agire fotografico in modo totalmente differente. Anzi, di rivedere il fattore che più conta, ovvero il soggetto fotografante che determina influsso e azione. Se comprendo il senso in cui viene scomodata la definizione di magia, mi trovo in piena sintonia con l'idea che quella, ragionevolmente vera e propria via alchemica in fondo, sia l'unica che davvero può cambiare sostanza e senso delle cose. Poi, se questo possa essere ragionevolmente e utilmente sviluppato via web.... ecco, questo è certamente un altro discorso Sempre saluti cari F |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 19:32
Insomma solo un cammino iniziatico può ispirare una tale visione dell'arte: I' mi son un che quando amor m'ispira, noto, ed a quel modo ch'e ditta dentro vo' significando. Io pensavo di essermi spinto troppo oltre con la semiotica linguistica, ma chiamare in gioco l'arte regale ed il kundalini non sarà, forse, un po' eccessivo? Non è che passerà l'idea che per fare questa svolta fotografica occorra sviluppare la mente quantica? Poi chi pinge figura se non può esser lei, non la può porre. |
| inviato il 22 Giugno 2016 ore 21:04
Mi dispiace ma non riesco più a seguire la discussione con lo stesso entusiasmo... Le mie considerazioni come sempre non vogliono essere dei giudizi ma semplicemente esprimere quello che penso che per me è giusto ma non pretendo che sia condiviso. E' bello volare alti ma per me si rischia di esagerare e di autocompiacersi.... Mi scuso ma alla fine tanta verbosità mi da l' impressione di uno sfoggio di cultura che finisce per darmi l'impressione di essere fine a se stesso e che inevitabilmente mi fa pensare che forse bisognerebbe rimanere un po' più con i piedi per terra e mettersi a testa bassa a fotografare cercando di mettere in pratica quello che si dice... |
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