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Se devi spiegare una fotografia, vuol dire che non è venuta bene


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  4. » Se devi spiegare una fotografia, vuol dire che non è venuta bene





avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 0:55

Più che utile è essenziale, certo se l'intento non è lavorare con le fotografie ma semplicemente divertirsi il discorso è ben diverso è non impegnativo.

avatarsupporter
inviato il 27 Marzo 2023 ore 1:11

Enzillo ha tristemente ragione , la foto deve parlare anche agli analfabeti…

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 8:32

"La didascalia spesso serve perchè comunque l'osservatore non era lì col fotografo e quindi non può sapere molte cose perdendosi così dei pezzi"

Io sopra ho scritto addirittura in neretto, evidenziandolo, il termine " spiegare " riferito ad una fotografia.

Se la devi spiegare, la foto è un cesso.

Mettere ad una foto una didascalia che circostanzia la foto, che esplicita all'osservatore il cotesto nel quale è stata scattata, non è spiegare la foto.


avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 9:22

Enzillo ha tristemente ragione , la foto deve parlare anche agli analfabeti…
No.
I libri non dicono niente agli analfabeti.
Prima gli analfabeti devono studiare.

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 9:24

Descrivere è una cosa, spiegare è un'altra.
Io posso descrivere il mio lavoro, ma non posso spiegarlo a chi non è addentro al meccanismo (e anche chi lo è, si trova in difficoltà quando glielo introduco!).
Dovrei insegnarlo .

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 10:24

Secondo me e' approccio autolimitante per l'autore quello che si cela dietro la frase del titolo. Ma direi anche superficiale se questo approccio fosse da parte del fruitore. Non vorrei che dietro ci possa essere un ragionamento del tipo: "fosse uno scritto in cinese o in cirillico, allora avrei bisogno del traduttore; trattandosi di una fotografia (questo potrebbe valere anche per tutte le altre arti visive), e dato che gli occhi x guardare li abbiamo tutti, ..che bisogno ci sara' mai di una qualche spiegazione ? "

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 10:42

Da metà gennaio 2023 Oliviero Toscani compare sul nuovo "Espresso" allegato a "Repubblica" ogni domenica.
Distrattamente, non mi ero accorto all'inizio dei suoi "ioc'ero".



avatarjunior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 10:42

Buongiorno.
Anzitutto grazie per aver contribuito ad esplorare un terreno a metà fra creativo e documentarista.
Ci saranno moltissime sfumature e trovo che le opinioni lette siano paradossalmente vere e fuorvianti allo stesso tempo.
Anche dipende può andare stretto, seppur universale, perché conoscere anche nei dettagli è sempre utile.
Si può vedere, è vero, si può osservare, e in alcuni ambiti coincide.
Seguendo questo principio, ogniuno di noi può accontentarsi. Usare un filtro grosso o sottile.
L'una attitudinale non esclude l'altra.
Persino dei ritratti, che sembrerebbe la più immediata delle tematiche, possono nascondersi dei "segreti". Ad esempio il travestimento.



avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 10:46

Se la devi spiegare, la foto è un cesso.

Mettere ad una foto una didascalia che circostanzia la foto, che esplicita all'osservatore il cotesto nel quale è stata scattata, non è spiegare la foto.


In effetti mi pare che nel corso della discussione si siano a volte confuse le due cose, e sono ben diverse. Sulla necessità di spiegazione poi direi che ci sarebbe anche da considerare il ruolo delle conoscenze pregresse dell'osservatore nonché della sua sensibilità. Ad ogni modo, collegandomi a questo intervento, da ammiratore di Ansel Adams ci terrei ad associarmi fino a prova contraria al dubbio di Smargiassi e altri sull'autenticità dell'abusata citazione in oggetto: il pensiero di Ansel Adams è ben noto, ma non credo l'abbia espresso in quei termini né che si possa così sintetizzare.

Nell'introduzione a "Examples: The Making of 40 Photographs", un libro nel quale per ogni immagine racconta nei minimi dettagli le relative circostanze e questioni tecniche, scrive:

Absent from these pages are statements of what the photographs “mean.” I cannot, and will not, attempt to describe, analyze, or define the creative-emotional motivations of my work, or the work of others. Description of the inspiration or the meaning of a work of photography, or of any other medium of art, lies in the work itself. The endless discussions of creativity appear to me to be pointless intellectual carousels; their purpose seems more the presenting of burnt offerings and worshiping of modish identifications than the achieving of mutual enlightenment. Only the print contains the artist's meaning and message. I hope that my creative and technical standards are supported in this book more through my images than through my dissertations.


Più chiaro ancora nell'autobiografia, quando descrive il suo approccio all'insegnamento rispetto a quello dell'amico e collega Minor White ed esprime la sua idea in maniera più articolata (a proposito di citazioni, è buffo che quella attribuita lì a Louis Armstrong sia nota in molteplici varianti e messa in bocca a diversi grandi del jazz!):

Minor was a very different person and teacher from me. The best description I can give of his teaching is that it involved intense “verbalization” — the talking out of creative intentions, concepts, and directions. Minor required maximum quality and conviction of a photographer's images, all implying superior craft. However, it was the inner message of the photograph that most concerned him; he always wanted to know the thoughts, feelings, and reactions of the artist to his subject and his image.

Many were the vigorous yet friendly arguments we endured on this subject over the ensuing years. I remain convinced that the medium must explain itself in its own terms. I agreed with Edward Weston's frequently spoken Louis Armstrong quote, “Man, if you has to ask, 'What Is It?' you ain't never goin' to know.” For me, a photograph begins as the visualization of the image which represents the excitement and the perception of that moment and situation. The print represents excitement, perception, and expression (performance). Meaning is found in the final print and only in terms of the print itself. For me, this meaning may vary a little over time and circumstance. For the viewer, the meaning of the print is his meaning. If I try to impose mine by intruding descriptive titles, I insult the viewer, the print, and myself. I hope to enhance, not destroy, that delicate imaginative quality that should be expected from any form of art.

I recall an excellent example of imposed meaning. I have a photograph of a cemetery statue, an “Angel of Sorrow,” in front of a group of oil wells near Long Beach. When I came across this dichotomous scene I was excited by the intangible improbability of the juxtaposition of the objects and the almost sublime quality of light. I made the first print about 1939 and did not resuscitate the negative until about 1970, making a large print that gave me the same excitement I felt at the time of its exposure. A conservationist friend saw the print and became entranced with it as a symbol of pollution and death. I cannot deny him his meaning, although I did explain that it was very far from the original experience. When I encounter a work of art in any form, I make no effort to surmise what it signified to the artist; I can only accept or reject it on my own emotional-aesthetic terms.


Lo si può anche vedere e ascoltare nel documentario della serie "BBC Master Photographers", dove una domanda dell'intervistatore verte proprio su questo argomento:



(si trova a 21:13, nel caso il software del forum non elabori correttamente l'url)

Forse allargando un po' il tema, potrebbe anche valere la pena di tornare su un vecchio articolo di Nancy Newhall, "The Caption: The Mutual Relations of Words/Photographs" (pubblicato sul primo numero della rivista Aperture nel 1952 e ristampato su "From Adams to Stieglitz: Pioneers of Modern Photography", Aperture, 1989), che prendeva come esempio il libro "Yosemite", al quale se ne potrebbero aggiungere altri come "Yosemite Valley" e "The Tetons and the Yellowstone", usciti successivamente.

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 12:00


"Descrivere è una cosa, spiegare è un'altra."... credo che la confusione nasca proprio per questo motivo, confondere la descrizione con la spiegazione (che và bene se si tratta di un libro didattico sulla fotografia).

avatarjunior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 19:25

sono del tutto d'accordo con Pollastrini e Virus.
si può completare la foto descrivendo il setting in cui la foto é stata scattata, poi é la foto che deve parlare altrimentri, come dice Alessandro "è vile"......

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 19:33

MrGreenMrGreenMrGreenMrGreen



Dai illuminami

avatarsupporter
inviato il 27 Marzo 2023 ore 20:00

Non è difficile da capire.
Il giardino è vile e il tizio che si vede dietro la finestra è un miccio.
La scala l'ha dimenticata l'ingegnere che ha fatto lo scatto.
Sultan gliel'ha copiata.

avatarsenior
inviato il 27 Marzo 2023 ore 20:48





Grande fotografo.

avatarsenior
inviato il 29 Marzo 2023 ore 8:07

@Enzillo
"Se devi spiegare una fotografia, vuol dire che non è venuta bene." A.A.
O forse non è così?


Per me non è così, ma questo non impedisce che per altri lo sia, senza per questo tirare in ballo ogni volta il signor Dipende con le accezzioni per tutte le formichine zoppe della seconda zampa a sinistra guardandole di fronte.


Che cosa ne pensi di questo argomento?


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