| inviato il 06 Dicembre 2017 ore 11:10
Fuori dai tecnicismi, non perché non li apprezzi ma per mancanza di tempo e di competenze, il mio approccio è un po' più old style ma non per questo meno valido. Prima dell'avvento del digitale, si fa per dire, gli scatti venivano digitalizzati in fotolito su scanner a tamburo di varie marche HEIDELBERG, SCITEX... il file ad alta risoluzione era quindi "sviluppato" da personale altamente qualificato, generalmente molto di più di quello che si può incontrare oggi, ed era in f/to Tiff. Il file ottenuto, potremmo chiamarlo "originale", lo trattavamo con vari strumenti di photoshop a seconda della destinazione ed uso che di volta in volta se ne faceva. Ovviamente per ogni uso od utilizzo se ne salvava una nuova copia. Oggi utilizzo la stessa logica, tratto il RAW per ottenere quello che ritengo il miglior risultato possibile e quindi "l'originale", dopo di che i vari crop, maschere di contrasto, saturazioni o al contrario desaturazioni, aggiunta di rumore, modifica metodo di colore, profili etc. vengono fatti in funzione al media di destinazione. Tutto questo perché se l'immagine va in rotocalco, su un plotter per grande formato, una stampante ad inchiostri organici ceramici, una stamperia in Cina o una litografia italiana, non cambiano solo i profili colore ma anche tutta una serie di correzioni e affinamenti necessari per una resa ottimale. Ovviamente ogni sistema di riproduzione è mediamente "peggiorativa" rispetto l'originale. Personalmente non vedo il RAW come "originale" per cui preferisco trattarlo al meglio, con gli strumenti migliori e nelle condizioni tecniche migliori possibili. Da lì poi passo a tutto quello necessario e sopra descritto. Per il monitor "freddo" il mio pensiero segue quanto riportato... lavora nelle condizioni che ritieni migliori avendo coscienza del fatto che nel mondo "web" i tuoi scatti saranno in po' più freddi, ma anche questo è un assurdo perché essendo il WEB un mondo più ampio ed eterogeneo e soprattutto non "calibrato" altro che freddo potrebbe essere gelido!!! |
| inviato il 06 Dicembre 2017 ore 13:52
@Raamiel "Linearizzazione sballata sulla stampante e profilo poco preciso; brutto sintomo se sei costretto a simili valori. " Tu..........sai che Adobe dichiara stampabili i grigi chiari fino al 242? E .......se lasci un bordino bianco alla tua stampa, come si deve fare sempre, o peggio ancora se hai un passepartout bianco per la tua immagine. stampando non dico un grigio chiaro 254, ma anche solo un 245, la differenza con il bianco della carta in pratica NON la vedi mai nemmeno se piangi in turco, nemmeno se provi ad illuminare la stampa a 5000 - 5500 - 6000 e 6500 K, mai, e quelle patacche bianche come la carta, in immagine stampata fanno schifo. Tu questo....lo sai? Sai anche Adobe considera il nero stampato un nero vero se il grigio è uguale ad 8 o meno? E sai anche che tutto quello che è sotto 8, e che vedi a monitor ( se ce l'hai buono e calibrato bene!) in stampa non lo discrimini nemmeno con un Epson 7900, sia con inchiostri normali che quelli dedicati al B&N, inchiostri al carbone, non lo vedi mai e poi mai in stampa? Tu sai che già i grigi scuri a 15 - 20 in stampa osservata anche a 30 cm e con luce normale artificiale, luce buona ma non sparata, non un faretto o uno spot da 150 W sparati sulla stampa, ti vengono tutti una patacca nera? Sembra proprio di no! Io coi numeri ci ho mandato avanti la famiglia, da Ingegnere quello ho fatto per tanti anni, ma....i numeri vanno saputi usare, ed in tutti i casi devono sempre essere legati alla realtà delle cose, la teoria pura serve solo se poi funziona applicata alla pratica. Tutto quello che vedi a monitor, e che vedi BENE a monitor, NON lo puoi stampare sulla carta. Tutto lì, oggi non si può, un domani chissà. Ma............oggi no. |
| inviato il 06 Dicembre 2017 ore 14:32
Alessandro.... forse ti sembrerà strano, ma sì. So cosa consiglia e dichiara Adobe e so anche a chi è destinato. Ma un conto è il consiglio per chi stampa in casa, un conto sono le specifiche di linearizzazione e profilazione che un esperto di prestampa dovrebbe mettere in pratica. E' una questione di divisione dei compiti. Limitare la gamma su un file a 8bit è la via poco ortodossa per chi non ha nulla di meglio. Una stampa fine-art gestita in modo professionale è una cosa diversa. Adobe consiglia dei margini di sicurezza, e fa bene a farlo; ma sono raccomandazioni rivolte a chi si trova a che fare con macchine non linearizzate, con curve di transizione degli inchiostri sconosciute, senza un TIL certo e con profili canned magari. Per non parlare di tutti gli altri parametri di inchiostrazione e di asciugatura. Sono raccomandazioni valide se stampi in proprio, ma se ti affidi a un professionista non dovresti pensare a queste beghe. E sopratutto non sei costretto a castrare il file, già povero, di un 8bit. |
| inviato il 06 Dicembre 2017 ore 20:23
una domanda...se invece di stampare uso un bel proiettore a muro a 5 k cosa succede? quale è la curva ev e sopratutto è maggiore sia della carta che dei monitor pc ? |
| inviato il 07 Dicembre 2017 ore 2:46
Sono proprio contento di aver stimolato 4chiacchiere affascinantissime tra persone molto competenti e ci speravo. Ora però io da voi esperti vorrei la ricetta definitiva per la calibroprofilazione di questo Eizo cs2420. Al momento per uso non per forza per la giungla del web, ma anche solo per elaborare bei jpg da vedere a monitor o al limite anche proiettare. 1° ingrediente, la cromaticità del bianco sembrano e dico sembrano ufficiali 65 grammi. 2° ingrediente la luminosità, adoperare candele invece quanto basta? Mi pare neanche Boscarol nel blog del colore lo dica. Non sarà così importante mi sono detto. Invece ho fatto due profili a D65, uno a 120cd e uno a 80, gamma 2,2, non sembra ma cambia il mondo. 3° ingrediente la gamma. Tra me mi sono detto vedrai che tra 2,2 grammi e L* cambia un c...o. Ho fatto due profili mantenendo invariati d65 e 120 candele, uno a gamma 2,2 e uno a L*, ancora una volta un altro mondo, più bello a vedersi quello di L* Attendo di sapere se sapete indicarmi uno scoglio sicuro a cui aggrapparmi, sennò alla fine sceglierò semplicemente quello che più mi piace a vedersi sul mio schermo. Riguardo il flusso di lavoro da raw a lurido jpg, vediamo se ho capito. Non è del tutto sbagliato da acr scegliere direttamente output in srgb, ma sarebbe molto meglio uscire in prophoto, salvare in questo spazio colore in Tiff 16 bit, e successivamente in Ps convertire in jpg rsgb. Va bene ora è notte fonda. Domani però provo. Faccio come dite voi, anche se per me prima o poi sta conversione da prophoto a srgb, o acr o ps la devono fare e vediamo chi l'ha più lungo, non vorrei ce l'avessero almeno visivamente uguale. Vi avverto però che se non rilevo differenze qualitative vi faccio un c... così. Scherzo naturalmente anzi vi ringrazio. Considerate però il fatto che se nel jpg non ci sono differenze apprezzabili visivamente, archiviare il tiff 16 bit oltre che comportare per trasformare in jpg un ulteriore passaggio, il tiff pesa 10 chili di più del raw che in fondo rimane lì, sempre a disposizione per prendere a posteriori tutte le strade che vogliamo. Ciao, e se avete sta ricetta... |
| inviato il 07 Dicembre 2017 ore 9:03
Quanti pensieri alle 3 di notte!! Però poi se arrivi alla ricetta definitiva dormi sereno. Ma non credo che ci sia...... Personalmente non sono un esperto di calibrazione. Per quel che può contare sto lavorando a D65, 110cd e 2.2, ma devo ancora fare altri test. Concordo sul peso dei tiff. Secondo me è un processo da attuare su foto mirate, non "a tappeto". Ciao |
user15476 | inviato il 07 Dicembre 2017 ore 9:12
Mi sembra che camera raw lavori internamente a 20 bit quindi sarei tentato di convertire subito in srgb e fare anche il crop/resize eventualmente.. |
| inviato il 07 Dicembre 2017 ore 9:14
La metfora che hai usato, la "ricetta", aiuta ad esprime al meglio il concetto! Se si tratta di ricetta culinaria interviene il fattore umano... il mio palato è abituato a sapori sapidi il tuo può essere esattamente il contrario. Se la ricetta è invece un concetto chimico-farmacologico, intende il processo attraverso il quale si deve ottenere un composto con caratteristiche ben precise. Ora in fotografia siamo più vicini alla "ricetta" culinaria dove gli ingredienti sono più o meno gli stessi ma le quantità e i metodi possono differire e sono legati ad un fattore di gusto del preparatore che impone ai suoi commensali un determinato sapore. Ovviamente il motivo per cui ci sono tante ricette e tante polemiche è dato proprio dai diversi "gusti" |
| inviato il 07 Dicembre 2017 ore 9:31
Il mio precedente suggerimento proviene da un'esperienza professionale che è legata al product design dove lo scatto fotografico ha l'intento di rappresentare al meglio un determinato prodotto, le sue forme ed il suo/suoi colori. Questa "fotografia" viene poi riprodotta su supporti differenti e deve essere il più possibile coerente nonostante i limiti che ogni supporto comporta. Normalmente è esclusa la stampa fineart! Il suggerimento di lavorare il raw al meglio delle tue forze e tecnologie per poi ottenere un tiff finale, deriva da questa esperienza che incide anche nella mia personale esperienza fotografica "casalinga"... nella vita professionale, ovviamente, il fotografo non sono mai io!!! Una giustificazione al mio suggerimento, che non è giusto o il più giusto, è che se mi lascio lo spazio di reinterpretare il raw ogni qualvolta ri-apro la mia foto, questa non sarà mai "definitiva". Tendo sempre a sviluppare le foto il più in fretta possibile perché cerco di riprodurre al meglio il ricordo e l'emozione che ho provato nel momento dello scatto... se lascio passare troppo tempo questo ricordo si fa sempre più fievole e la tendenza è è quella di "normalizzare" troppo lo scatto! Una neve troppo neutra, un cielo troppo normale, etc. I raw in pratica li elimino anche perché un buon Tiff ha tutto lo "spazio" possibile per essere adattato ai media su cui sarà riprodotto. La regola comune più diffusa è: Editing fotografico – D65, Gamma 2.2, 140-120 cd/m2 Stampa standard – D50, Gamma 1.8, 80 cd/m2 |
| inviato il 07 Dicembre 2017 ore 10:44
Se utilizzi una immagine con molti colori fuori gamut rispetto a srgb, rossi accesi o verdi particolarmente brillanti la differenza la vedrai molto bene. Attiva in PS il fuori gamma per capire dove sono i colori che saranno tagliati. Qui avevo fatto una prova: www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=1851316&show=6 |
| inviato il 08 Dicembre 2017 ore 3:58
Non mi sarei mai aspettato che aprendo questo argomento sul forum sarei potuto crescere così tanto! Come cuoco e come conoscenza della fotografia digitale. Ho capito che la ricetta definitiva della calibrazione del monitor per jpg da vedere su schermi vari non ce l'avete, perchè mi sa che non esiste!! Sorprendente però la "spezia" L* riguardo l'ingrediente gamma. La ricetta per il flusso di lavoro invece si, qualcuno di voi me l'ha data. Vado in magazzino, prendo un raw da 25,8 grammi, lo cucino in AcR e lo sforno in jpg massima qualità spazio colore srgb. Peso del pane 17 gr. Buono, l'ho sempre mangiato fino a stasera.... Riprendo il raw da 25,8 grammi, stessa cottura in acr, ma sfornato in tiff 16 bit spazio prophoto. E' grande, e questo me lo aspettavo: da 25, 8 gr del raw a 126,2 gr del tiff prophoto 16 bit da immagazzinare. Semmai non ha lievitato. E ora dove lo metto? Varrà la pena di allargare il magazzino per sfornare un pane più grande ma sopratutto più buono? SI non c'è ombra di dubbio! Piglio sto enorme tiff prophoto 16 bit da 126,2 gr, lo apro da ps e tale e quale lo converto, con intento percettivo, in srgb ,e sforno il pane in jpg. Prima di assaggiarlo ho voluto pesarlo. Il primo pane in jpg che avevo cucinato partendo dal raw di 25,8 gr, col forno acr pesava 17 grammi. Il secondo pane in jpg che ho cucinato, partendo dal tiff da 126,2 gr col forno di Ps pesa 22,2 grammi. Mica detto però che valga la pena allargare il magazzino solo per fare il pane più grande, mica è detto che sia anche più buono. Dopo averlo pesato, l'ho assaggiato ed è parecchio più buono. Vale si la pena di allargare il magazzino e lavorare di più. Scusate se l'ho buttata sullo scherzo, ma da stasera ho imparato davvero a cucinare meglio e lo devo ai "soliti cuochi" di queste latitudini del sito. Ora c'è Pisolo, che grazie ai link che ha postato mi incuriosisce a vedere come verrebbe il pane se cucinassi partendo da un tiff 16 bit in spazio colore Raamielrgb. Se verrà bene, cosa di cui non dubito, viste le foto che ha postato, il merito sarà più suo che dello stesso Raamiel che l'ha inventato. A breve proverò a scaricarlo e buttarlo dentro color sync del Mac, vero Pisolo? Non dormire che se non mi riesce ti sveglio! Tanto io sarò già sveglio a studiare. Riguardo al magazzino toccherà andare a cercare spazio sulle nuvole, anche perchè non ce la farò a cancellare i Raw. Notte e davvero grazie ragazzi. |
| inviato il 08 Dicembre 2017 ore 6:55
Entro nel merito della discussione prendendo spunto dall disputa tra Pollastrini e Raamiel, riprendendo due citazioni dei diretti interessati. Spero che prendiate questo mio intervento come costruttivo. “ Io coi numeri ci ho mandato avanti la famiglia, da Ingegnere quello ho fatto per tanti anni, ma....i numeri vanno saputi usare, ed in tutti i casi devono sempre essere legati alla realtà delle cose, la teoria pura serve solo se poi funziona applicata alla pratica. „ Mi ci ritrovo con questa affermazione, spesso leggo tecnicismi che poco hanno a che vedere con la stampa e che in pratica non hanno riscontro con la realtà dei fatti. “ Tu sai che già i grigi scuri a 15 - 20 in stampa osservata anche a 30 cm e con luce normale artificiale, luce buona ma non sparata, non un faretto o uno spot da 150 W sparati sulla stampa, ti vengono tutti una patacca nera? „ Rifacendomi al punto precedente, c'è da dire che ognuno di noi vede le cose in modo differente, oltre al fatto che la tecnologia avanza, ma comunque certi limiti non potrà superarli. Da un paio di mesi ho inserito una nuova stampante, che ha un gamut leggermente spostato rispetto alla 9900. Appena ho due minuti farò un po' di prove. “ Adobe consiglia dei margini di sicurezza, e fa bene a farlo; ma sono raccomandazioni rivolte a chi si trova a che fare con macchine non linearizzate, con curve di transizione degli inchiostri sconosciute, senza un TIL certo e con profili canned magari. Per non parlare di tutti gli altri parametri di inchiostrazione e di asciugatura. „ Nel corso degli anni ho adottato tre tipologie di profili: fatti dal sottoscritto, i canned e fatti da "guru" del settore, anche stranieri. In teoria i canned dovrebbero essere i peggiori, ma così non è. Partendo dal presupposto che i principali produttori di carte, stampanti e RIP dubito che lavorino con strumenti "ad minchiam", la resa media che soddisfa di più i gusti degli autori sono proprio i profili canned. Magari se analizzati strumentalmente potrebbero risultare i peggiori, ma nel mondo reale sono quelli che hanno che trova più consensi. La realtà dei fatti mi suggerisce che bisogna utilizzare profili diversi a seconda della tipologia di foto e dei gusti, se non del cliente, sicuramente quelli dello stampatore, che deve soddisfare il cliente. Tra l'altro poi lo stampatore è quello che deve "interpretare" nel modo migliore le esigenze del cliente e miscelare al meglio le varie opzioni di stampa, che conoscerà tramite l'esperienza acquisita. In generale una buona stampa deve contenere più informazioni possibili e incontrare i gusti del cliente. Teoricamene potrebbe risultare anche "diversa" da quanto visto a video (in pratica sempre per le differenze tecnologiche), l'importante che sia un di "più" e mai un "meno" rispetto a quanto preventivato. E poi entra in gioco la soggettività, e non si può far finta che non esista. Ad esempio prendiamo due immagini in bianco e nero, stampate con parametri diversi, entrambe senza dominanti evidenti. Viste separatamente ci appariranno neutre, messe una vicina all'altra, ci appariranno una o entrambe con dominanti. Poi chiamate un amico per chiedere qualle delle due gli sembrerà più neutra e darà un responso diverso dal vostro. Chiunque stampi ci si sarà ritrovato. Oppure prendete una stampa, la guardate sotto la luce di casa e piano piano vi avvicinate ad una finestra. L'immagine cambierà colore sotto i vostri occhi. Questo per dire che nel mondo reale entrano in gioco fattori soggettivi e variabili ambientali, che mescolano continuamente le carte in tavola. In pratica una buona regola è utilizzare i file al massimo della "proprio potenza": quindi ampio gamut, 16 bit, TIF unico livello e sfruttare tutto lo spazio dei canali RGB. Poi sarà cura di chi stampa, in base alla proprio conoscenza di macchinari e supporti, ad amalgamare il tutto per ottenere il massimo secondo la proprio interpretazione. Perché anche nel digitale si interpreta, altrimenti tutti gli stampatori otterrebbero gli stessi identici risultati, ma così non è. |
| inviato il 08 Dicembre 2017 ore 7:21
Comunque, riprendendo la domanda iniziale dell'autore del post, la risposta ti è stata data da Br1h2o nella prima pagina. io uso D55 nei monitor dedicati alla prestampa, ma queste sono tolleranze soggettive dettate dalla propria percezione/esperienza. A esempio, in tutti i monitor non dedicati alla prestampa ma per usi polivalenti, ma sempre legati al mondo delle arti grafiche, utilizzo D60/65, luminosità 90/95 cd/m2. Con il tempo sicuramente troverai i settaggi più adatti alle tue esigenze. |
| inviato il 08 Dicembre 2017 ore 18:38
Quoto Eleota... la differenza la fa lo stampatore, nello specifico della fine-Art o giù di lì. Ho notato anch'io che molto spesso i profili delle carte e/o stampanti danno un risultato molto equilibrato. Nei vari uffici del mio gruppo abbiamo differenti stampanti e, soprattutto le laser A3 della Xerox è meglio adottare il... lascia decidere tutto alla stampante:( |
| inviato il 09 Dicembre 2017 ore 1:46
Massimiliano, non ti conosco ma suppongo che stampare sia il tuo lavoro. Ti ringrazio per l'interessantissimo intervento e per le indicazioni pratiche che mi dai sulla calibrazione. Riguardo al flusso di lavoro per stampare (in casa) ero corretto, perchè esportavo tutto a massima qualità. Invece ieri ho imparato che per fare dei buoni jpg, bisogna fare uguale. |
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