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Fotografia percettiva o interpretativa?







avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 10:23

Abbiate pazienza, cercherò di rispondere a tutti un po' per volta;-)


@Eru
Ho letto con piacere e grande interesse il tuo intervento. Forse ti sorprenderà, ma concordo con il 99% di ciò che hai scritto.
Quello che ho riassunto all'inizio ricalca, per sommi capi, la mia esperienza. Ad un certo punto del mio percorso fotografico mi sono accorto che quello che facevo non mi bastava e soddisfaceva più. Ho scoperto che la bellezza della natura (sto al tuo esempio) preferivo contemplarla senza preoccuparmi di cavalletti e filtri graduati. Mi rendevo conto poi che il risultato della registrazione fotografica del momento era sempre di un paio di gradini sotto rispetto l'emozione vissuta nel reale.
Con la consapevolezza di utilizzare un mezzo d'espressione dalle potenzialità, per me, ancora inesplorate, sono quindi passato, con la naturalezza di una spinta sincera, a quella che hai definito “fase 2.0”. La mia è stata una necessità scevra da ogni velleitarismo. L'alternativa era stancarmi ed abbandonare la fotografia. Tu cosa avresti fatto?

Ora non so se la mia fotografia è migliorata ma so per certo che quella che ho definito “svolta” non dovrebbe mai essere portatrice di presunzione e di snobismo per classificare tutto il resto come serie B.
Il pericolo, specie in un forum generalista come questo, è quello di creare contrapposizioni, di pestare sul nervo scoperto di coloro (non è il caso tuo) che, con una sorta di snobismo al contrario, pretendono di fare l'apologia del popolare e dell'omologazione.
Vorrei - e lo dico a tutti - che restassimo lontani da queste tentazioni che non portano a nulla.

Sei contento e soddisfatto della tua fotografia? Sono sinceramente felice per te, non ti ritengo un niubbo o un semplice, e non sono certo qui per convincerti di alcunchè.

Concordo anche sulla tua critica a coloro che pretendono di poter gettare alle ortiche la tecnica, la ricerca della forma, in nome di un banale, pretestuoso e raffazzonato concettualismo sorretto da pensieri “deboli”. Meglio un tramonto, se realizzato bene!

la fase della fotografia tutta introspezione e tutta concettuale la lascerei esclusivamente allo 0,0000000001% dei geni del mondo che veramente hanno qualcosa da dire e veramente sanno farlo in maniera originale o potente


Questo è l'1% che ci divide. Frequento spesso mostre e mi confronto con fotografi non certo famosi ed acclamati e devo dire che scopro spesso cose interessanti. I geni sono pochissimi - a proposito, penso sia chiaro per tutti che la frase di HCB che ho citato all'inizio era, come lui spesso amava fare, una boutade. Forse, alla parola “geni” bisogna sostituire “personalità uniche” - ma i valori e l'espressività umana, la storia ce lo insegna, non si esauriscono nelle opere di quei pochissimi.
In sostanza, c'è spazio per tutti.
E allora, ripeto la domanda, se tutto nasce da un'esigenza sincera, perché non dovremmo tentare?

infine, non mi sembra il caso di parlare dei likes. Non sono un nostro problema.

Un saluto

Franco

avatarjunior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 11:02

Ciao Jeronim
forse ti riferisci al mio intervento quindo dici
con una sorta di snobismo al contrario, pretendono di fare l'apologia del popolare e dell'omologazione
, o forse no MrGreen. Comunque chiarisco meglio il concetto che volevo esprimere.
Non è che uno non debba cercare di migliorare e non debba puntare ad ottenere risultati degni di nota e sfuggire all'omologazione imperante soprattutto in ambito social/facebook/500px etc.
Però a volte è bello anche accettare i propri limiti. Penso sia normalissimo, dopo avere visto una mostra di Salgado o le gallerie di Francesco.merenda e Jeronim, provare un certo senso di frustrazione e meditare se vendere tutta l'attrezzatura, ma poi bisogna scacciare la tentazione e continuare a divertirsi e a cercare di ottenere i risultati che abbiamo in mente.

avatarjunior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 11:06

Ciao Francesco
non può sfuggire l'aumento di foto firmate, di profili "photographer", di sottolineature di copyright.

Sul "photographer" e su tutta la parte precedente del tuo intervento, concordo al 100%.
Sul firmare e mettere il simbolo del copyright invece non ci vedo niente di male in quanto dal punto di vista legale, a meno che tu non decida che le tue foto sono un regalo alla collettività, è l'unico modo per tutelarti da eventuali furti. Io se fossi in te le foto le firmerei (soprattutto se riuscissi a farne di quel livello!).

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 11:34

@All

Il contesto di Juza è colmo di persone che probabilmente non hanno ancora sentito o trovato la loro modalità
espressiva in modo chiaro e pertanto pubblicano di tutto e di più sperimentando tecniche e generi, ma pur sempre guidati dalla loro curiosità che in un certo qual modo quindi li descrive. In un certo senso sono " hard disk più aperti",pregi e difetti ,tutto allo scoperto....l'intero percorso di crescita è tutto allo scoperto e questo è un aspetto positivo di questa rivoluzione "social" .


Ho scritto precedentemente che vorrei evitare analisi sociologiche o psicologiche (non sarei nemmeno in grado di farle!) sul fenomeno “social”. Qui - siamo pur sempre in un forum di fotografia! - mi interessano molto di più le ripercussioni che tale fenomeno sta avendo nell'utilizzo dell'immagine come linguaggio comunicativo. Per questo, pur riconoscendo, nella tua ottica, aspetti interessanti, ritengo qui più opportuno tentare di valutare - di quella che hai definito “rivoluzione” - le eventuali ricadute di qualità e valore nella fotografia in generale, anzichè soffermarsi all'analisi del “moto dell'anima” che porta la gente a condividere tutto, pregi e difetti.

Viceversa di chi si propone con canoni espressivi più definiti e riconoscibili spesso si conosce poco il percorso.....sembrerebbero nati così.
Chi sta comunicando di più di se stesso?


Non saprei proprio! Mi terrei comunque lontano dal dare una risposta retorica come mi sembra stai proponendo tu. Comunicare di più di se stessi, anche ammettendo, ma non concedendo, che fosse il fine ultimo di qualsiasi opera espressiva, richiede, al minimo, la conoscenza e la capacità di utilizzare un alfabeto condiviso (scritti, fotografia etc,). E se io usassi le parole estrapolate a caso dal vocabolario (vale anche per la fotografia, la musica etc.) comunicherei, al massimo, la mia pochezza ed inadeguatezza espressiva.
Se, come scrivi, esprimere se stessi è “l'unico messaggio possibile” (non sono del tutto d'accordo ma ora non è il caso di parlarne) ci troveremmo al cospetto di qualcosa di illegibile e perciò inutile. A meno che non lo interpretassimo come una drammatica richiesta di aiutoMrGreen!
In conclusione inviterei a volare più bassi. Mi terrei lontano da affermazioni di principio concentrandomi piuttosto (come molti hanno fatto) su una riflessione sulla nostra fotografia e sugli stimoli che questa modesta discussione può suscitare in noi.

Un saluto.
Franco


avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 11:54

@Memy
Mi ha fatto molto piacere il tuo intervento!
Concordo con tutto.
Come scrivo spesso le uniche regole a cui cerco di attenermi sono la sincerità, l'autenticità e la consapevolezza rispetto ciò che vado a fare e a mostrare.

@Giorgiomilone
Grazie per i complimenti e per la partecipazione!
Considerando la tua ottica professionale, non posso che prendere atto e concordare con quanto hai scritto.

@Peppe550
Grazie anche a te! Alle tue parole (e a quelle di Francesco;-)) è inutile aggiungere altro.

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 11:58

@Gerr.nat
Grazie per il passaggio!
Scusa, ma la tua visione la vedo "un pelino" nera. Un po' come quelli che vorrebbero cambiare tutto ma finiscono per crogiolarsi nel loro pessimismo e non fare nulla.


avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:00

@Francesco O
" Ma capita un giorno in cui si è costretti a prendere atto che Bach e Pupo non sono la stessa cosa."

Su questo credo non ci siano dubbi ... però è un paragone sbagliato ... casomai paragoniamo Bach a Dylan (o De André per italianizzare il confronto).

No perché sicuramente De André è migliore di Pupo come Bach lo è di Salieri ... così come Ansel Adams molto probabilmente è migliore dello pseudo concettualista che ci racconta mediocremente la sua vita interiore con una Lomo e Flickr.

Per me non si possono paragonare due cose diverse (e pure sovrapponibili). La penso un po' come All.


Sinceramente, scusami, il tuo discorso non l'ho capito proprio.

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:03

Mi siedo e continuo ad ascoltarvi.

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:04

@Stespock

Tra i milioni di giovani che corrono in kart sulle piste di tutto il mondo solo 1 diventerà Senna.
Tra i milioni di bambini che calciano un pallone nei cortili di tutto il mondo solo 1 diventerà Pelè.
Tra i milioni di persone che premono il tasto di una macchina fotografica in tutto il mondo solo 1 diventerà Salgado.


Sì vero, però tutti faranno di tutto per diventare Senna o Pelè e qualcuno, me lo auguro, ambirà a diventare Salgado.

Nessuno ci riuscirà? Pazienza, dobbiamo accettare i nostri limiti ma, contemporaneamente, cercare di evitare i rimpianti.

forse ti riferisci al mio intervento quindo dici " con una sorta di snobismo al contrario, pretendono di fare l'apologia del popolare e dell'omologazione " , o forse no

No, non mi riferivo a te;-).

Penso sia normalissimo, dopo avere visto una mostra di Salgado o le gallerie di Francesco.merenda e Jeronim, provare un certo senso di frustrazione e meditare se vendere tutta l'attrezzatura, ma poi bisogna scacciare la tentazione e continuare a divertirsi e a cercare di ottenere i risultati che abbiamo in mente.


Ma certo che devi continuare a divertirti! Ci mancherebbe!
E non farti frustrare da nessuno, soprattutto da quel tipaccio di Jeronim;-)!



avatarjunior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:12

Sinceramente, scusami, il tuo discorso non l'ho capito proprio.


Intendevo che nel tuo paragone mi confronti iu top di un genere (Bach della classica) e una mezza cartuccia dell'altro genere (Pupo della "leggera").

Premesso che secondo me non ha senso paragonare due generi diversi (musica classica e musica leggera) come non ha molto senso paragonare due generi fotografici diversi.

Se proprio si vuole fare un paragone forzato tra i due generi paragoniamo un top (Bach) con un altro top (Dylan, De André o chi vuoi tu).

Spero di essere stato più chiaro. ;-)

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:13

Ho letto Eru perche' ho letto Jeronim che si proclamava d'accordo al 99%,;-)... e devo dire che concordo con Eru,


Rivendico assolutamente il piacere di fare una fotografia che immortala momenti che vivo intensamente , una fotografia il cui fine non è quello di comunicare alcun chè ma solo di portarmi a casa un bel ricordo di un "avventura".
Eru

Fermo restando che il ricordo di un'avventura comunica, altroche' se comunica, penso comunque che l'osservazione, l'autocritica, il confronto, e anche un po' di informazione, se chiamarlo studio puo' essere pesante, siano il sale che ci fa appassionare ogni giorno, contenti di cio' che si e' fatto, nell'ambito di qualsiasi genere fotografico, ma con la voglia la spinta di migliorarci per divertirci e viceversa.

Se invece avete qualche dubbio e cominciate a pensare che quella fotografia finirà per starvi stretta, non vi diverte, non vi stupisce più e tutti i preziosismi tecnici vi hanno stancato, allora siete ad un passo dalla svolta.
Svolta che vi riporta agli inizi. Scattavate per voi stessi, postavate su Facebook, senza grosse preoccupazioni estetiche, ed utilizzavate la fotografia alla stregua di un vero e proprio linguaggio. Le vostre immagini non erano raffinate ma volevano dire qualcosa, comunicavano. Fosse anche solo che quella sera stavate bene e vi divertivate in compagnia dei vostri amici.
Si tratta di ripartire da lì, cercando di comunicare, ad un livello naturalmente più alto e riconoscibile, in una condivisione che ha scopi diversi dalle mere dinamiche social.
Jeronim

Appunto ! Essere contenti ma non appagati e' forse il sale di un percorso che ci gratifica, ci stimola e ci diverte, e cio' vale per tutto! Rubare alla realta' tramite la fotocamera le immagini che ci colpiscono "oggi" e' propedeutico, tramite la critica e l'analisi del solo rivedere le nostre foto, per una crescita della nostra capacita' di vedere.

L'uscita fotografica piu' mirata che magari si sentira' la necessita' di fare col tempo, portera' di sicuro a un'ulteriore evoluzione del nostro stile, e di sicuro ci fara' crescere, magari architettando un tema, una foto, prima di vederla con gli occhi.

E tutto cio' senza fare distinzioni che non siano quelle che attengono ai nostri gusti, alle nostre passioni e a cio' che ci appaga, se ci appaga veramente.


Mi sia consentita una provocazione forse un po' fuori tema:
Sbaglio se dico che sto' assistendo, ultimamente e parallelamente a foto di paesaggio tirate in post per sopperire, spesso in maniera pacchiana e di dubbio gusto a deficit di scatto, al tentativo di sdoganare come foto colta e ricercata scatti fatti "per la strada" ammantandoli di significati e contenuti che non hanno, tramite contrasti esasperati fra ombre nere e luci bruciate, tagli drastici, grana e quant'altro?

avatarjunior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:29

Jeronim dice :
mi interessano molto di più le ripercussioni che tale fenomeno sta avendo nell'utilizzo dell'immagine come linguaggio comunicativo.

Bè è evidente che ora assistiamo a un affiancamento dell'immagine alla parola scritta e a volte anche parlata! L'uso dell'immagine a pannaggio di ogni possessore di fotocamera ha dato potenza all'immagine. Non che prima non l'avesse ma veniva usata da una cerchia più ristretta.
Ritengo che questo potenzi la fotografia come elemento espressivo, al contrario molti ritengono il contrario, e cioè che la fotografia ne sia impoverita. La stessa fotografia è diventata un mezzo espressivo di massa, il che negli anni avrà degli effetti.. quali staremo a vedere.

In fondo la fotografia ha una propria vita, inizi novecento si parlava di pittorialismo poi Stieglitz..ora chissa come in futura descriveranno questo momento.

Per ora tengo lontano i miei figli dai cellulari e dalle loro fotocamere ma sono sicuro che più avanti questo mezzo in mano ora a ognuno modificherà profondamente il modo che abbiamo di comunicare e già ora lo ha fatto.

Immagini per descrivere momenti, emozioni ambizioni etc.. vengono postate sui social di continuo, è un evoluzione inutile negarlo. Ma ora, proprio ora è in divenire.

user39791
avatar
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:33

Propongo queste considerazioni di Umberto Eco.

Umberto Eco

Intervento alla Tavola Rotonda: “Fotografia, Memoria, Informazione” (Ara Pacis, 10 ottobre 2010), con la partecipazione di Giovanni Fiorentino, Gianfranco Marrone, Mario Morcellini, Paolo Morello.

Ero troppo occupato a fotografare e non ho guardato.

Sino a due minuti fa io mi chiedevo che “ci sto a fare qui”, perché l'anno scorso ho votato contro il tema fotografia per questo convegno e avevo, invece, proposto il tema “silenzio”. Per cui, se fossi minimamente coerente, verrei qui per stare zitto o per occuparmi di quelle fotografie eccessivamente esposte alla luce solare che diventano o tutte nere o tutte bianche, che possono costituire addirittura una forma d'arte che una galleria potrebbe esporre con qualche profitto.

Ma due minuti fa, su un intervento di Morello, ho trovato che forse un aggancio c'è perché, essendo nella bizzarra e imbarazzante situazione di non aver seguito quanto è avvenuto nei due giorni precedenti e stamattina, e quindi col rischio che quello che dico sia stato già detto, e molto meglio, da qualcun altro, ero arrivato qui riflettendo su quali erano i problemi che si erano posti sin dall'inizio nel quadro del discorso semiotico circa la fotografia.

Pensavo che, se questo convegno avesse dovuto svolgersi trent'anni fa in presenza di soli semiotici, senza invitare i benedetti sociologi e tutti quelli che si occupano di cose totalmente inutili, ci saremmo tutti puntati in termini peirciani sul fatto che di tutte le categorie di segni la fotografia era quello che più tipicamente esemplificava l'indicalità o l'indessicalità perché la lastra veniva impressionata da qualcosa che era lì, quindi la fotografia era anzitutto un'orma e come l'orma presuppone colui che l'ha impressa e non potrebbe esistere senza, altrimenti non sarebbe un'orma, ma l'icona, l'immagine e la rappresentazione figurativa di un'orma. Era però un periodo in cui si pensava ancora di fare una tipologia di segni.

Stavo pensando che oggi invece dovremmo riproporci la questione nel senso che la fotografia non è una forma di segno. La fotografia non è altro che una materia dell'espressione, così come lo è la voce e con la voce si possono poi costruire poi degli oggetti semiotici che sono la parola parlata, il canto, il linguaggio tambureggiato e fischiato. Si fa un sacco di semiosi con la voce, ma la voce non è una categoria di segni, è una materia che poi produce sostanze e forme diverse e così è la fotografia, è una materia che può essere poi, mi scuso per la brutta parola che viene adesso può talora essere ancora presente, e ci ritornerò, ma ci troviamo di fronte a una graduatoria che va da un'indessicalità minima a un'indessicalità massima. Pensate alla differenza, appunto, che corre tra una fototessera, una foto d'arte che implica una complessa preparazione, una foto alla Man Ray, un fotomontaggio e così via.

Ma prendiamo il caso più elementare di indessicalità: la fototessera. Voi sapete che non c'è niente che ci assomigli di meno della nostra fototessera. La fototessera è un artificio che si usa per ingannare le polizie di tutto il mondo che sulla base della nostra fototessera non potranno mai identificarci; non solo perché noi maliziosamente cerchiamo di alterare i nostri lineamenti quando ci facciamo una fototessera, ma il fatto stesso di trovarci nella condizione di essere fotografati frontalmente nel modo più neutro possibile ci deforma i lineamenti, ci viene lo sguardo fisso, la pelle di un colorito dissimile al nostro, insomma non siamo noi, tanto è vero, ma su questo bisognerà tornare, che per catturare un criminale serve più l'identikit, che non è così indessicale come la fotografia. Alla base della fototessera esiste quello che Bettetini chiama la messa in scena profilmica. Oltre a una messa in scena profilmica esiste una messa in scena profotografica.

Questo accade per le foto d'arte e per le foto pubblicitarie, in cui ovviamente una messa in scena di carattere teatrale precede l'atto della fotografia, tanto che accade che la fotografia, in disprezzo di ogni presunta sua indessicalità, possa anche fotografare unicorni.

Ma quello che volevo dire è che non solo nel caso di complesse messe in scena, ma anche nel caso che ci pare più elementare di indessicalità pura che è la fototessera, abbiamo messa in scena. E arriviamo a pensare adesso, con Morello, al fotogiornalismo che certamente viene preso come il caso tipico di fotografia, perché sembra il caso più indessicale possibile: tu sei lì e fotografi chi? Il miliziano morente.

E ormai sappiamo tutti che il miliziano morente era un signore che Capa aveva messo in scena perché facesse finta di morire ? o almeno così dice la vulgata più attendibile (e se anche non fosse vero, in un'infinità di altri casi si sono inventati i miliziani morenti).

Ecco che quindi ci troviamo di fronte a una specie di scala che va, ripeto, da un'indessicalità massima, alla finzione di indessicalità come nel caso della foto di unicorni. Certamente c'è indessicalità massima nelle foto scattate con il telefonino nel momento in cui qualcuno va sotto a un'automobile, o nelle immagini del televisore all'ingresso dei supermercati e dei garage.

Ma si va da questa allo stato brado a un'indessicalità estremamente fluida e per cui si arriva, appunto, al fotomontaggio in cui si possono fotografare unicorni. Quindi, credo che dobbiamo rimetterci a rifare, se non è già stato fatto mentre io ero voltato dall'altra parte, una più complessa semiotica della fotografia che tenga conto di tutte queste tipologie.

Qualcuno potrebbe obiettare richiamandosi a Peirce. Ma Peirce diceva queste cose quando c'era il dagherrotipo e ci si accontentava, e ormai la cosa è diventata più complessa. Questo per quanto riguarda, se avessi ancora cinquant'anni di vita, il modo con cui cercherei di scrivere il mio libro sulla semiotica della fotografia. Però aggiungerei un capitolo sull'identikit. Perché un identikit è di solito più somigliante di una fototessera? Ci troviamo di fronte, quindi, a un caso di iconismo soddisfacente laddove un artista produce un'immagine di un oggetto individuo presunto reale interpretando l'interpretazione verbale che un individuo dà di una sua presunta esperienza percettiva. Pensate che meraviglioso dispositivo semiotico a molti piani è un identikit la cui indessicalità è nulla eppure ci permette di catturare il criminale laddove la fototessera non riusciva. Non so che significato abbia questa mia riflessione, ma ritengo che sia molto profonda e quindi l'affido ai posteri perché venga ulteriormente sviluppata.

Adesso invece volevo accennare nel quadro di una tavola rotonda basata sulla fotografia e la memoria, sul rapporto della fotografia con la memoria (al di là del fatto che, come ci direbbe Maurizio Ferraris, è un potente mezzo di registrazione). Anzitutto la foto ha rapporto con due tipi di memoria: una è la memoria sociale, che è quella dei documenti e una è la memoria personale.

Sulla memoria sociale stavo pensando che oggi qualsiasi individuo quello che gli accade intorno ? e sul piano giornalistico o inquisitorio abbiamo avuto casi interessantissimi in cui il documento probante era stato proprio quello del signore che passava di lì per caso e ha scattato la fotografia. Aumenta enormemente le possibilità di costruzione di una memoria sociale come registrazione visiva di eventi, ma siccome ci avviciniamo alla possibilità che sei miliardi di abitanti di questo pianeta, ciascuno con un telefonino, a fotografare gli altri che telefonano. Avremo allora una quantità tale di registrazioni degli eventi che avremo perso ogni possibilità di filtraggio. Cioè l'ammasso delle fotografie esistenti sarà come Internet che è “Funès el memorioso”, che ricorda tutto e pertanto non sa che cosa è importante ricordare. Certo rimane il vantaggio della smagnetizzazione, per cui molto andrà perduto, ma non è abbastanza. Questo per la memoria sociale che pone, ce lo ha accennato anche Fiorentino, dei problemi non da poco.

Ma passiamo, invece, alla memoria personale. Il dramma dei rapporti tra mezzi di registrazione e memoria personale comincia voi lo sapete tutti con Platone quando il Dio Theuth porta al faraone Thamus l'invenzione della scrittura, che gli dice: “Cosa mi hai combinato! La gente prima si affidava alla memoria e fortificava, e adesso potendo mettere tutto giù perderà totalmente la propria memoria”. Abbiamo sempre tutti detto che il faraone aveva torto perché solo con l'invenzione della scrittura è stata possibile À la recherche du temps perdu di Proust. Quindi, la scrittura non ha fatto perdere la memoria, ma anzi ha aumentato il gusto per la memoria.

Però non era del tutto falsa l'obiezione del faraone, perché sul poco che noi conosciamo (attraverso la storia delle mnemotecniche) i nostri antenati di un periodo pre-scrittura avevano probabilmente una memoria molto più sviluppata della nostra. Simonide poteva ricordarsi tutte le persone che c'erano intorno alla tavola prima del crollo del palazzo. Certamente la scrittura ci ha dato un sacco di vantaggi, ma ha diminuito in parte le possibilità della nostra memoria individuale. Adesso cosa succede con la fotografia? La fotografia è fondamentale anche per la nostra memoria individuale. Per esempio vedo i miei nipotini una volta ogni tanto, ma mi arrivano ogni settimana cinque, sei, dieci fotografie della loro vita, e io le registro sul computer, e questo permetterà anche a loro di rivivere le varie età della loro vita. Cosa ho io della mia vita? Qualche decina di fotografie di quando ero piccolo, in braccio alla mamma, in braccio alla nonna, poi vestito da figlio della lupa, poi vestito da balilla, ma verso il '42 e sino al '46-47 io non ho più fotografie. C'era la guerra, quando andava bene c'era una macchina fotografica in casa, non so se a un certo punto c'è stata una crisi delle pellicole, comunque siamo sfollati, forse la macchina fotografica è restata in città con mio padre, in campagna non veniva idea di prendere fotografie, io non ho nessun documento sui miei undici, dodici, tredici anni. C'è ne uno solo, mentre suonavo nella banda dell'oratorio dei salesiani, ma per individuarmi devo usare la lente. Penso di solito che è un peccato che non mi sia rimasto altro….

Però io ho smesso di fotografare quando ormai da almeno dieci anni avevo una macchina fotografica, nel 1961. Perché, avendo già dato la tesi di laurea sull'estetica medioevale, ma continuando sempre a essere interessato a quei secoli, nel '61 ho fatto un viaggio, con altri tre amici, attraverso tutte le abbazie romaniche e le cattedrali gotiche francesi. Naturalmente mi ero portato dietro una macchina fotografica e ho fotografato tutto, incessantemente. Le foto sono orribili, non mi servono e non mi sono mai servite, ho piuttosto comperato dei libri dove c'erano foto migliori, e di quel viaggio non ricordo più niente. Ero troppo occupato a fotografare e non ho guardato. Da quel giorno non ho mai più fatto fotografie in vita mia, partendo dal principio che ci sarebbe sempre stato qualcuno che le faceva al posto mio, e infatti ce ne sono sempre più di quanto desideri o abbia bisogno…

Quindi l'eccesso di possibilità fotografica può ledere la nostra memoria, perché la nostra memoria sopravvive quando, in termini fotografici, è grandangolare. Se invece andiamo in giro col telefonino per fotografare tutto quello che pare interessarci, diventa puntuale. Cioè del potenziale grandangolo che potevamo ricordare abbiamo ricordato solo quello che abbiamo scelto in quel momento e ci rimane solo quel documento lì. Anche questa riflessione mi pare profondissima ma non so a che risultati possa portare. Grazie.

avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:35

Se proprio si vuole fare un paragone forzato tra i due generi paragoniamo un top (Bach) con un altro top (Dylan, De André o chi vuoi tu).

Spero di essere stato più chiaro. ;-)


Questo l'avevo capito. Superando il mio esempio, non capisco però perchè non si debba paragonare il più niubbo degli iscritti su Juza con Weston (estremizzo naturalmente). Dando per acquisiti il medesimo rispetto e dignità, sarà invece esercizio utile per costruire la nostra personale scala di valori. Un concetto, che giudico importante per acquisire una conoscenza critica. Concetto di cui scrissi tempo addietro suscitando, in molti, reazioni al limite del violento....
Sinceramente non ho nessuna voglia di riprendere quel tema ma, se ti interessa, puoi trovare quella discussione nel mio profilo.


avatarsenior
inviato il 22 Giugno 2016 ore 12:55

condivido la sottolineatura sulla questione "sincerità" ma al contempo affermo che è una questione o un problema, solo per chi se lo pone.
Non mi è mai venuto in mente, "sarò sincero?" "voglio essere sincero?".
Lo sai tu, dentro di te, non solo con la fotografia ma nella vita in toto se vuoi porti di fronte al tuo vivere con un atteggiamento o un altro.
Per me porsi con un atteggiamento artificioso, costruito, è una fatica inutile e che non paga. ti fa vivere male, non in pace con te stesso.
non me ne frega nulla quindi se il mio atteggiamento (fotografico e non) ha ripercussioni buone o cattive. raccolgo quello che sono dalla vita e non voglio altro, perchè metto avanti quello che sono appunto.
e sono anche consapevole che l'io in sè non esiste.
io non sono io. io sono la commistione del vivere con gli altri e di miliardi di anni d'evoluzione, come tutti gli altri.
Quindi se da una parte c'è un modo strettamente intimistico (in certi casi la fotografia potrebbe essere una richiesta di aiuto MrGreen), dall'altra c'è sempre un esplcito e comune, poichè sempre intersecato non tanto in un io ferreo e unico (cosa impossibile), ma in un "io" collettivo, di cui ciascuno di noi è solo voce di un coro (anche fosse autistico).
Così, questa consapevolezza dà una grande serenità, so che ci sono io nelle mie foto proprio perchè sono consapevole che l'io non esiste e contemporaneamente quello che fotografo sono io.

il mio non vuole essere un arzigogolare filosofeggiante. parlo della consapevolezza che contemporaneamente c'è l'impossibilità della completa comunicazione con l'altro (monadi) e al contempo che non è possibile distinguersi completamente dall'altro poichè dell'altro sono parte anche io.
Siamo in occidente, e l'aspetto soggettivo ha sempre più rilievo rispetto a quello corale.
Le fasi 1.0 o 2.0, tendono ad essere viste maggiormente come percorsi personali.
Probabilmente sono invece percorsi collettivi e corali da una parte, e di maturazione dall'altra (anche questa non come soggetto, ma come natura stessa, comunitaria del soggetto: le albicocche sono state tutte fiori e poi sono maturate in albicocche per loro stessa natura non individuale ma corale, di gruppo).

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