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risoluzione e la distanza di giusta-visione


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avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 8:00

“ Cioè le ali della mosca nella grande natura morta sono parte della composizione, ma il tuo occhio non può vederle dentro la composizione perché sono indistinguibili e diventano altro, una macchia.”
Se fosse vero che esiste solo una giusta distanza di visione, perché dipingerle quelle ali se alla DGV sono solo una macchia?

user225138
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inviato il 06 Gennaio 2022 ore 11:07

Faccio fatica a replicare sulla questione delle ali della mosca senza fare riferimento alla specifica opera.

State facendo confusione, comunque, tra dettaglio e particolare . Se un fotografo, come un artista, vuole attirare la mia attenzione su uno o più elementi dell'immagine, può renderli percettivamente più nitidi, e invitare in questo modo l'osservatore a focalizzare lo sguardo su di esso, anche avvicinandosi quando la sua vista non sia (soggettivamente) sufficiente dalla distanza ottimale di visione.

Ma qui parlate di dettaglio, ovvero di una nitidezza uniforme che consenta di osservare tutti gli elementi come se fossero essenziali in funzione dell'intento dell'autore. La metafora della sinfonia ascoltata "strumento per strumento" rimane decisamente calzante.

Ovviamente, c'è un contesto nel quale la fruizione del dettaglio ha senso, ed è quello dell'analisi critica professionale dell'opera. Un esperto di musica potrebbe trovare utile ascoltare il singolo strumento per comprenderne meglio l'utilizzo, così come l'esperto di pittura potrebbe osservare da vicinissimo la pennellata dell'artista per uno scopo analogo.


avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 11:26

Se fosse vero che esiste solo una giusta distanza di visione, perché dipingerle quelle ali se alla DGV sono solo una macchia?


Ricapitoliamo un attimo.
L'esempio della mosca è stato fatto da Luciano:
Avete presente i quadri di natura morta od i vasi di fiori del '700? Li guardi alla GDV, li apprezzi, poi vai a vedere le ali della mosca posata sul vaso alla distanza di visione che l'accomodazione dell'occhio consente (ipermetropia o presbiopia permettendo). Nelle foto, in genere si fa la stessa cosa, e li viene il bello!


In realtà la mosca simbolo del memento mori era dipinta da Crivelli o Guercino eccetera in modo da essere visibile osservando il quadro dalla giusta distanza di visione, a volte quelle mosche sono visibilmente fuori scala. Insomma erano concepite per essere percepite all'interno della composizione e non c'è davvero necessità di avvicinarsi. Questo significa che nella pittura del tempo non si usavano immagini ipervisive, come invece si usano largamente oggi in fotografia perché rese possibili dai sensori con più di venti milioni di pixel e dalla visione su schermo.

Detto questo, se qualcuno vuole produrre immagini ipervisive è liberissimo, ci mancherebbe. Il mio intervento qui era solo per dire che le considerazioni di Sardosono sono corrette - ovviamente sono corrette se si sceglie di produrre immagini visive invece che ipervisive.



avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 12:02

Ci sono dipinti enormi come le ninfee dipinte da Monet a Giverny che per essere apprezzate devono essere viste da notevole distanza altrimenti si perde la capacità di 'ricostruire' l'immagine, in sostanza non si capisce cosa si stia guardando. Ci sono dipinti come quelli di Baschenis che visti alla giusta distanza hanno quasi un aspetto iperrealistico e se invece si avvicina lo sguardo perdono questa caratteristica e sembrano quasi grossolani.
Nondimeno è sempre un'esperienza per me edificante avvicinarsi per scoprire la maestria del pittore nel costruire l'illusione del dettaglio delle forme delle luci e dei colori usando forme colori pennellate che da lontano non ci aspetteremmo.
Questo vale per la pittura.

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 12:18

La fotografia di Andreas Gursky Rhein II è stampata in dimensione di 1,9x3,6 metri, se non erro era stata scattata in pellicola a grande formato poi scansionata ad alta risoluzione e fotoritoccata, e mi risulta che consenta sia una visione ad opportuna distanza per apprezzare l'insieme sia una visione immersiva in cui ci si avvicina e non si ha la sensazione di perdita di definizione. Lo stesso vale per altre fotografie di Gursky e di molti degli esponenti della cosiddetta scuola di Duesseldorf.

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 12:53

Si può fare una foto di una folla che per composizione e disposizione ricorda un serpente se guardata nella sua interezza, ma poi avvicinandosi si può notare il tizio che fuma, la signora che scambia parole con la vicina, due ragazzi in basso che giocano... Sono moltissimi gli autori che sfruttano questa "doppia dimensione" nelle loro opere, e personalmente lo considero un "plus" del mezzo fotografico che lo distingue dal resto e che ne fa un'arte a se stante. Ora se si vuole limitare la visione delle proprie immagini nella loro interezza si può sempre mettere una transenna ad opportuna distanza dalle proprie foto, ci mancherebbe, ma secondo me significa voler rinunciare ad una parte importante del mezzo espressivo fotografico.

C'è sempre un Bob Dylan che crea un capolavoro con chitarra ed armonica ma non vuol dire che la musica con più di due strumenti sia sbagliata, anzi!

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 13:28

Una foto "ipervisiva" (termine comunque che ha un significato diverso) può al massimo non essere sfruttata nelle sue potenzialità di informazioni disponibili (se non ci si vuole avvicinare), ma non vedo cosa possa togliere rispetto ad una foto "normovisiva".
Quindi non capisco di cosa si stia parlando, oltre al fatto, noto e discusso un'infinità di volte, che per gustare una foto di qualsiasi dimensione ad una distanza circa pari alla sua diagonale non servono una valanga di MP.


avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 14:52

Una foto "ipervisiva" (termine comunque che ha un significato diverso) può al massimo non essere sfruttata nelle sue potenzialità di informazioni disponibili (se non ci si vuole avvicinare), ma non vedo cosa possa togliere rispetto ad una foto "normovisiva".


Il prefisso 'iper' significa oltre, quindi 'ipervisivo' significa che si oltrepassa la possibilità visiva. E' la parola migliore per nominare immagini che eccedono la possibilità di risoluzione dell'occhio umano.
Il contrario di 'ipervisivo' è semplicemente 'visivo', non c'è bisogno di usare il suffisso 'normo'.

Un'immagine ipervisiva è invisibile nella normale fruizione. Allora si possono usare due prassi: vederla per frammenti o ridurla. Ovviamente nel frammento perdiamo l'immagine perché un'immagine vive nella relazione tra le parti: in fotografia si chiama composizione. Per quanto riguarda la riduzione l'idea comune è che l'immagine ridotta sia addirittua 'migliore'. In realtà poiché la riduzione cancella i particolari, snatura l'immagine che diventa un artefatto, anche così allora perdiamo l'immagine. L'unica riduzione sensata è far lavorare quattro pixel come uno solo.
Quindi la 'doppia dimensione dell'immagine' è un'idea molto più problematica di quel che sembra.

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 15:56

Quando mi sono permesso di mettere in dubbio la preparazione scientifica della S. e di S. (non sono la stessa persona) mi ha dato del "vecchio codardo vigliacco" uno che sul Forum è noto per capire molto, molto lentamente (quando capisce...).
Ora S. maschio ha convinzioni granitiche e peregrine. Spettacolare è quando afferma che la pellicola è un sensore lineare e il silicio no. Non si è accorto che il grafico in cui la densità del negativo pellicola è lineare (in una zona) è un grafico semilogaritmico. Sulla distanza di visione parte dal lato lungo invece che dalla diagonale come fa il resto del mondo fotografico. E giù sciocchezze a valanga.
Canti conosce bene S. e ancora non si è riavuto. Mi vengono in mente Negri e Curcio, ossia un cattivo maestro e la tragedia del suo allievo.
Buon anno nuovo!

user225138
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inviato il 06 Gennaio 2022 ore 16:20

In realtà, l'opinione più diffusa è che una stampa fotografica debba essere osservata ad una distanza compresa tra 1,5 e 2 volte la diagonale. Frequentando mostre fotografiche ho notato che la stragrande maggioranza dei visitatori si avvicina di più, mentre nei musei che espongono dipinti la distanza viene maggiormente rispettata, forse anche per non frapporsi tra l'opera e gli altri visitatori.

Esiste evidentemente un bias nei fruitori di opere fotografiche.

Ribadisco un punto: quello che conta è l'intento dell'autore/autrice. Anche nel caso, citato sopra, dei fotomosaici , dubito fortemente che l'autore voglia che ci focalizziamo sulla singola "tessera", ma che ne percepiamo il contenuto, che molto spesso è in relazione con l'immagine complessiva.

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 18:03

Il prefisso 'iper' significa oltre, quindi 'ipervisivo' significa che si oltrepassa la possibilità visiva.


Grazie per la spiegazione, il prefisso iper ed il suo significato non mi erano noti......ma veramente pensi che ci sia qualcuno che non lo sapeva?

Peccato che il termine ipervisivo venga usato per indicare qualcosa che si basa soprattutto, se non esclusivamente ed al limite in modo eccessivo, sulle immagini per comunicare; quindi ci può essere una pubblicità ipervisiva od un film ipervisivo per esempio.

Quindi usare questo termine per indicare un'immagine con un grado di dettaglio ridondante (sempre fissando la modalità di visione e non in assoluto) è una tua libera interpretazione.

Lasciando perdere la terminologia, un'immagine ridotta nel numero di pixel e poi stampata, oppure stampata usando tutte le informazioni (quindi lasciando fare al processo di stampa il lavoro di interpolazione), non sarà molto differente da una stampata con un numero di informazioni "giuste" in partenza per la "distanza di giusta visione".

user14408
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inviato il 06 Gennaio 2022 ore 19:01

artsandculture.google.com/project/gigapixels



decidete voi

user225138
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inviato il 06 Gennaio 2022 ore 19:53

decidete voi

Poter osservare da vicino un'opera pittorica consente di valutare elementi tecnici (la pennellata, la tecnica di stesura del colore, la sovrapposizione di più strati di colori diversi, etc.) che serve ad un esperto per valutare più compiutamente l'opera stessa, le capacità dell'autore e - attraverso la comparazione di più opere di epoca diversa - la sua evoluzione.

Tra l'altro, in questo caso una riproduzione fotografica, per quanto ben realizzata e cromaticamente aderente all'originale, è del tutto insufficiente.

In fotografia, l'osservazione da così vicino è del tutto inutile.

user225138
avatar
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 20:30

Ecco, è di questo che mi lamentavo, del parlare in modo assoluto.


Io però argomento, non mi limito ad esprimere il concetto.

Quello che posso (forse) valutare meglio osservando una fotografia da vicino è la tecnica di stampa, esattamente come in un quadro posso valutare la tecnica pittorica.

Però, se mi indicate il caso di un fotografo (non amatoriale) che invita esplicitamente i fruitori ad osservare l'immagine da distanze differenti rinunciando in alcuni casi alla visione di insieme per concentrarsi su un dettaglio , sarò ben lieto di valutare l'eccezione al principio che ho enunciato.

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2022 ore 20:43

Salgado "Genesi" foto di pagina 428-429. La descrizione delle tepuis a pag 419 invita a notare l'apparizione di figure e strutture tra l'erosione delle montagne. Il primo che mi é venuto in mente perché non é tanto che sfogliavo il libro. Tra l'altro il libro l'ho preso alla mostra e c'erano gigantografie da 3-4 metri in spazi più stretti dei qui diacussi 6-8 metri necessari per la normovisione...

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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