| inviato il 11 Maggio 2021 ore 13:09
E come non ricordare i peperoni di Edward Weston. |
| inviato il 11 Maggio 2021 ore 14:01
Ecco, autore che non conoscevo. Interessante, darò un'occhiata alle sue opere. |
| inviato il 11 Maggio 2021 ore 22:08
Che bella piega ha preso la discussione !!! Grazie !!! Date risposte alle mie domande e mi fate riflettere. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 2:13
Bisogna differenziare "curare" e "guarire" che separano lo stato transitorio da quello finale. Nella gran parte dei casi è un palcebo: non fa danni, ma non cura. Al peggio ci si buttano dei soldi per praticarla. In altri casi, è un palliativo: cura solo i sintomi, ma uno non guarisce mai. Però si sente meglio quando fotografa, sebbene sia consapevole di essere in una situazione stazionaria. In alcuni casi, invece, cura efficacemente. Uno si accorge dell'efficacia perché evolve, nel senso che cambia se stesso (non l'attrezzatura o la tecnica). Questo cambiamento può essere lento o abbastanza veloce da portare alla guarigione prima di essere costretti a smettere per ragioni varie (età, fine dei soldi, altri impegni o responsabilità). Invece di essere costretti a smettere, si può decidere di farlo volontariamente. Ad esempio, quando ci si rende conto che è solo un placebo (" mah, ora che ho la fotocamera anche io, tutto questo entusiasmo per le fotografia non lo capisco. Quasi quasi smetto "). Oppure quando ci si rende conto che è un palliativo e servirebbe una cura diversa (" sto buttando troppi soldi e tempo, devo smettere di fotografare e limitarmi a fare commenti sui forum di fotografia, ma senza pubblicare foto "). Infine, ci sono i rari casi che hanno bisogno disperato di essere curati, ma all'improvviso si rendono conto che la fotografia non li curerà mai e restano senza speranze . In questi casi, le conseguenze possono essere anche tragiche (vedi F. Woodman) o comiche (quelli che parlano di tutto meno che di fotografia, ma in forum di fotografia). Quando finalmente uno guarisce, smette di fotografare. Infatti, io sto smettendo...ogni giorno, da più di 20 anni. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 6:42
 Francesca Woodman, Angels series , 1977 Perdonami, ma parlare di Francesca Woodman in questo modo mi sembra francamente una semplificazione intollerabile: non è che avevamo una "malata" che la fotografia non è stata in grado di curare, ma una giovane donna, intelligente e coltissima, che ha radicalmente innovato l'ambito del fotografico incrociandolo con la narrative art e con la performance e che ha avuto enormi difficoltà a farsi conoscere e riconoscere. Il tempo le ha reso giustizia. Quanto ai perché della sua tragica scelta io mi fermerei nell'area dei quesiti che non avranno mai risposta. Non mi sembra affatto il caso di affiancarla agli annoiati hobbysti senza arte né parte che affollano questo forum e che pubblicano cose ignobili per il semplice motivo che c'è una radicale differenza tra la tragedia e la farsa. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 8:02
La fotografia, per me, è passione e necessità. Necessità nel senso che, in alcuni momenti, sento la necessità di espellere scorie di brutti pensieri o, più semplicemente, di mettere a fuoco situazioni e stati d'animo incompresi. Faccio la stessa cosa con la scrittura. Ogni tanto scrivo storie che nessuno leggerà mai, salvo quella santa donna di mia moglie, che conoscendomi, ritiene che io sia pazzo o ubriaco Conosco diversi artisti, musicisti, scrittori, scultori, conosciuti spesso, grazie alla macchina fotografica, che sostengono che fanno quello che fanno, prima di tutto, per necessità personale, per il bisogno di " buttare fuori". In questo senso è posta la mia domanda iniziale. Purtroppo e ne abbiamo fin troppi esempi, molte anime in pena del mondo dell'arte, non hanno retto all'impatto delle risposte che hanno trovato o, forse, non hanno trovato quelle che cercavano e hanno messo fine a questa ricerca infinita. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 10:31
@Degas Se la parola depressione, termine che sintetizza ancora di più la frase che ho scritto, ti sembra una semplificazione, allora sì, ho semplificato, ma non troppo da alterare la realtà delle cose. Ritengo che semplificare sia un obbligo in un forum generalista. Può essere intollerabile per alcuni, così come possono esserlo alcune immagini, ma questo è un forum libero e ognuno scrive e pubblica con ampi spazi di libertà imparando a curare la propria intolleranza. Purtroppo la depressione, è una malattia. Si cura anche praticando forme di espressione artistica. Pertanto il termine "malato", calza a pennello sulla Woodman. E' tra le mie fotografe preferite e l'ho menzionata perché non è necessario fare esami profondi della sua biografia, delle foto o vedersi qualche intervista alla famosa coppia di genitori per farsi una idea di come sono andate le cose. Non è necessario, perché è lei stessa che, con l'ingenuità e la determinazione di una ventenne, a lasciato testimonianza delle ragioni. I dubbi li ha solo chi non concepisce la legittimità della sua giustificazione. Piuttosto è una semplificazione, tollerabile ma questa volta effettivamente eccessiva, dire che ha avuto enormi difficoltà a farsi conoscere e riconoscere. Se a ventidue anni uno dovesse suicidarsi perché non sente i riconoscimenti ricevuti come sufficienti, ci sarebbe una decimazione della popolazione. Forse è più realistico dire che non ha voluto scendere a compromessi per sopravvivere, con la tipica integrità dei giovani artisti. Infine, perché non affiancarla ai dilettanti? La gran parte degli autori poi divenuti famosi hanno cominciato per curiosità e diletto, magari da giovanissimi. Indubbiamente si sono evoluti, ma nessuno li ha costretti con la frusta ad iniziare: se non l'avessero trovato piacevole non avrebbero continuato. Fare il fotografo non è come fare il minatore. Qualificare anche solo una parte dei membri del forum come "annoiati hobbysti senza arte né parte", non è una semplificazione, ma un errore marchiano. Gli hobbysti sono liberi di fare tutte le banalità che vogliono per definizione. Non hanno nessun obbligo ad avere arte o parte. Questo è il terreno di gioco nel forum, che uno si diverta a sognare di essere autore o critico d'arte. Sempre un dilettante resta, altrimenti sarebbe altrove con le foto e con i commenti colti. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 12:15
"Questo è il terreno di gioco nel forum, che uno si diverta a sognare di essere autore o critico d'arte. Sempre un dilettante resta, altrimenti sarebbe altrove con le foto e con i commenti colti."...condivido in pieno questo tuo intervento. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 12:29
“ è tutto un altro discorso. „ appunto...tutt'altra motivazione e consapevolezza di dove si è e cosa si sta facendo. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 14:44
 Francesca Woodman, Untitled , 1977 @ Motofoto 1) Come al solito ci risiamo, si parla in libertà -che è cosa diversa dalla libertà di esprimersi (Umberto Eco docet)- asserendo che "il termine malato calza a pennello alla Woodman" si prosegue poi dichiarando che "non è necessario fare esami profondi della sua biografia o delle foto"; perfetto, siamo a posto! L'hai detto tu, le decine di testi critici sulla Woodman che sono usciti per analizzarne l'opera sono ovviamente superflui: roba da intellettuali perditempo, critici d'arte veri o presunti, storici di complemento e via dicendo. Sembra di essere al Bar Sport tra un vinsanto e un'ombreta de vin. Il bello è che questa sicumera e queste diagnosi -era depressa- non sono fatte da chi ha avuto modo di conoscerla bene. Ad esempio Sabina Mirri la racconta così: " Aveva una grande luminosità e forse, proprio per questo, siamo rimasti tutti abbagliati dal suo modo di essere." Giuseppe Gallo: "Francesca non era distruttiva, lavorava quasi senza tirare il fiato. Era molto attiva e, come si vede dal suo lavoro, voleva esprimersi. E in questo la vedo solare, non negativa.". Giuseppe Casetti che le organizzò la mostra alla Libreria Maldoror ricorda:: "Scattava foto,disegnava e scriveva molto, con uno stile personale pieno di paradossi e di ironia. Dietro quel suo aspetto di giovinetta si celava una donna di una seduzione e di un'energia tanto forte. E' stata una meraviglia e una gioia". 2) Purtroppo per te Francesca Woodman non ha affatto avuto i riconoscimenti di cui parli: due sole personali in vita, una alla Addison Gallery di Andover, nel 1976, e una alla Libreria Maldoror di Roma nel 1977. Stop. 3) Per concludere, secondo te questo è un luogo dove "Gli hobbysti sono liberi di fare tutte le banalità che vogliono per definizione. Non hanno nessun obbligo ad avere arte o parte. Questo è il terreno di gioco nel forum, che uno si diverta a sognare di essere autore o critico d'arte. Sempre un dilettante resta, altrimenti sarebbe altrove con le foto e con i commenti colti." Perfetto, l'hai detto tu. Purtroppo questi hobbysti senza obblighi che frequentano questo luogo per la nobile arte del cazzeggio si atteggiano ad autori e critici con gran sussiego e con contorno di sentenze e affermazioni senza costrutto...ed appaiono pure permalosi se glielo si fa presente. Buon pomeriggio |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 15:46
Sì ho notato che sei permaloso oltre che intollerante, ma non è un problema per me. Figurati, c'è spazio per tutti! 1) tu hai letto solo parti di quello che ho scritto e sei partito per la tangente. Fai confusione tra analizzare l'opera e la sua vita e tra la sua vita prima della depressione e quella durante. Di questa ultima fase ci restano le sue dirette parole: " Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate ". Stop. 2) se "solo" due personali a 22 anni sono sufficienti per suicidarsi, mi sa che siamo messi male sul forum, visto che l'età media è piuttosto elevata. 3) questo è il bar Sport. La gente conversa, scambia opinioni, mostra le proprie foto, pacificamente il più delle volte e animatamente altre, tranne quando arriva qualcuno che, con grande sussiego, tenta di spostare la comunicazione da un piano simmetrico ad uno complementare, posizionando se stesso in alto e tutti gli altri in basso. Non voglio entrare in una discussione muscolare sulla pragmatica e quindi suggerisco di finirla qui. Buon pomeriggio anche a te. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 15:56
Non entro nella discussione precedente che credo sia frutto di incomprensioni. Però sono molti i fotografi che sono ricorsi all'autoritratto a volte in momenti di crisi o per bisogno comunicativo Questa foto di elina brotherus fa parte di un gruppo scattate a londra quando aveva grossi problemi con la lingua e era sola
 catherine opie ha sempre usato le sue foto per battaglie politiche, ma alcune come questa le trovo molto personali e derivate proprio da un bisogno di affrontare un momento difficile
 ci sono altri esempi dove credo che la foto nasca proprio da un bisogno di dire qualcosa al mondo, di esporre un malessere o uno stato d'animo. Questo cura? forse no o forse aiuta a guardare il proprio disagio con un occhio più distaccato |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 16:13
Fotografare, come scrivere, può essere terapeatico, perché spingendo la persona ad esternare i propri pensieri, dubbi, paure, gioie... fino ad i propri vissuti, implica che la persona ci debba ragionare su anche esplicitando e decodificando qualcosa di istintivo o di apparentemente irrazionale cercando di capire le motivazioni lla base. Tuttavia, per tornare al discorso iniziale, fotografare ha una funzionalità diversa rispetto a quello di uno psicologo o di uno psichiatra: ti può aiutare a chiarirti le idee su alcuni punti, ma non è detto che ti curi. |
| inviato il 12 Maggio 2021 ore 16:24
“ aiuta a guardare il proprio disagio con un occhio più distaccato „ Concordo. Probabilmente l'autoritratto è proprio la forma più diretta per cercare una cura ai propri problemi. Come dicevi, non è difficile trovare fotografi che l'hanno utilizzato. Aleksandra Stone (problemi d'ansia prima e depressione dopo), dichiara esplicitamente di usare la fotografia per documentare " come il mio corpo affronta, guarisce e porta i pesi e le gioie della mia storia personale ".
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