| inviato il 22 Maggio 2018 ore 16:26
@Pierandrea “ Se puoi mi spiegheresti meglio questo: " l'ottica geometrica ti garantisce questo: dettagli > 1.75 mm a f=11 mm e 2.54 mm a f=16 tutti ragionevomente a fuoco;" „ Tutta l'ottica geometrica classica si basa sull'idea di raggi di luce parassiali, cioè ad angoli piccoli rispetto all'asse di una lente. Funziona, tanto è vero che sono 150 anni che si costruiscono obiettivi più o meno risolventi. Non è da molto che i progettisti di obiettivi cercano di ottimizzare tutte le distanze. Una volta il progetto ottico iniziale era basato sull'infinito, se le distanze intermedie venivano bene era perché il progettista ci era arrivato per intuizione, non per calcoli iterativi impossibili in tempi accettabili su calcolatori analogici. I calcolatori digitali hanno cambiato tutto questo. Pensa al salto qualitativo di Sigma quando ha rinnovato i server e i SW di sviluppo. Partendo da Cenerentola della qualità viene meglio apprezzata oggi, la linea Art, per esempio. Il concetto è: raggi provenienti da infinito sono paralleli all'asse ottico, perlomeno più paralleli di quelli a distanze minori. Ecco che se il tuo obiettivo ha apertura fisica di 3 mm, tutti i dettagli oltre 3 mm sono distinti, cioè a fuoco. Con lunghezze focali come il tuo 11-16 mm, non puoi sbagliare. Fissi un f/ poi dividi la focale per il f/, ottieni il diametro di apertura del tuo obiettivo (pupilla). Metti che il Tokina dia il meglio di sé a f/5.6. A 11 mm hai a fuoco tutto ciò che è > 11/5.6 cioè ~2 mm. 2 mm non ti bastano? Chiudi il diaframma a 8, 11, anche 16 con un grandangolo meno spinto. Funziona se hai messo a fuoco a infinito. Sugli obiettivi moderni il problema potrebbe essere trovare l'infinito ottico. Se non lo trovi, AF sul punto più lontano. Per quanto riguarda la diffrazione a f/16, stai tranquillo che ti danneggia meno dell'iperfocale su soggetti a infinito. Dimenticavo: funziona molto bene |
| inviato il 22 Maggio 2018 ore 16:55
E' un tema ricorrente, come la foto sub, le foto ai matrimoni ecc. A nulla valgono le risposte date: ogni volta si ricomincia. Se non fosse così i forum si sarebbero estinti da tempo. Il piano di messa a fuoco è uno e non potrebbe essere altrimenti. Questo vale per le vecchie brownie e per le grosse macchine da studio o da paesaggio a corpi mobili. Possono inclinare il piano di messa a fuoco, ma non lo possono estendere. Da questa premessa risulta impossibile estendere la messa a fuoco: fotografando un volto se mettiamo a fuoco un occhio il naso e le orecchie saranno sfocati, indipendentemente dalla distanza di ripresa, dal diaframma ecc. Però ci viene in soccorso il nostro sistema visivo, con tutti i suoi limiti, motivo per cui accettiamo come nitido quello che, scientificamente, non lo è. Ai tempi della pellicola, ma il discorso resta valido anche con i pixel, avanti e dietro il piano di messa a fuoco l'immagine, che sul piano di messa a fuoco è formata da punti, è formata da circoli (detti "di confusione" tanto per restare in argomento) che diventano man mano più grandi quanto più ci si allontana dal piano di messa a fuoco. La grandezza di questi circoli è influenzata dal diaframma, che però non può certo far diventare nitido quello che non lo è. Le famose "scale della profondità", una volta incise poi, per economia, serigrafate sul barilotto dell'obbiettivo, erano previste per ingrandimenti, stampe su carta, di 18x24 cm. osservati alla distanza standard, quella che consente di vedere tutta l'immagine. Il famoso pulsante di controllo della profondità di campo, tanto caro ad alcuni redattori di riviste del settore, non serviva certo allo scopo: l'immagine si oscurava nel mirino ed inoltre restava sempre l'incognita dell'ingrandimento finale. In realtà serviva nella macro da campagna, dove qualche filo d'erba, non visibile a tutta apertura, poteva impallare l'immagine. Il controllo poteva essere veritiero solo con grandi formati di pellicola, stampati a contatto. In questo caso quel che si vedeva nel vetro smerigliato era quello che poi si sarebbe visto sull'immagine. In pratica, occorre mettere a fuoco il soggetto che ci interessa e poi chiudere il diaframma se vogliamo estendere la sensazione di nitidezza oppure aprirlo per ottenere l'effetto contrario, sempre ricordando che saranno determinanti la stampa finale e la distanza di osservazione, per cui si possono stampare fogli di 500x1000 metri anche con un sensore da pochi megapixel, basta che poi si osservi la stampa restando a più di un chilometro di distanza. Per fotografare bene occorre sgombrare la mente da queste pippe, che una volta acquisite dovranno essere messe in opera senza pensare. Se ognuno di noi dovesse camminare pensando "ora metto avanti il piede destro, poi il sinistro, poi il destro...ecc.." per fare cento metri ci vorrebbe una mezza giornata.. |
| inviato il 22 Maggio 2018 ore 17:42
Grazie mille! Molto chiari |
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