| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:08
Il compianto Michael Reichmann (Lu-La) scriveva negli ultimi tempi che la pellicola fosse veramente digitale, perché un alogenuro d'argento può essere colpito da un fotone (stato 1) o no (stato 0) e questo è tipico del digitale @Fico temo che nessuno ti possa fare il parallelo Canon-una-pellicola, Sony-un'altra-pellicola. Una cosa è sicura, gli X-Trans Fuji hanno una % più alta di siti G rispetto ad un Bayer classico, ulteriore complicazione. Ogni casa verosimilmente si sceglie i filtri colore CFA ad hoc (in termini di banda passante e spessore, ossia assorbimento, sempre una perdita). Raamiel sia benedetto per il suo apprezzato lavoro e la pazienza sfoggiata. Augh! |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:10
Mitico !! in effetti da chimico devo ammettere che la chimica è solo una approssimazione della fisica |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:11
Se nessuno lo può fare è perché non si può fare... Sui diversi sensori e sulla loro resa possiamo parlare per ore in altre discussioni... Questa è molto più banale.. |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:12
Anch'io apprezzo molto il lavoro di raamiel nonostante non ne abbia mai fatto uso... Apprezzo sempre un lavoro gratuito e ben riuscito anche quando non lo uso (uso C1) |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:13
“ Mi sembra di ricordare anche che il file di una camera poteva diventare come quello nativo di un'altra camera.. Sbaglio raamiel? „ Più semplicemente: puoi ottenere la stessa caratterizzazione su più macchine. Sia essa colorimetrica o di color correction artistica. I miei profili Cobalt Standard e Repro sono finalizzati a una resa colorimetrica. E' una scelta logica di ridurre il tutto a un qualcosa di misurabile e standard; imitare il comportamento di un certo modello di fotocamera con un certo profilo avrebbe dato vita a infinite permutazioni; per cui ho preferito l'unificazione verso il modello colorimetrico. Anche quando si parla di emulazione di una certa pellicola bisogna stare attenti a non intendere "Velvia 50" (tanto per fare un esempio) come una pellicola precisa. Una Fuji Velvia 50 ha infinite combinazioni di colori e contrasti, dipendenti dal come la si espone e dal come la si sviluppa e poi da come la si stampa. Quando costruisci una LookTable per emulare una pellicola devi scegliere, in modo arbitrario, un look che può ricordare quella pellicola con certi parametri di esposizione e sviluppo; ma si tratta comunque di una cosa generica. |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:19
“ Ma qui non si parla di risultato voluto, ma di risultato di partenza, mi sembrava chiaro Zen dice ma con qualunque soft demosaicizzi un raw sony, ti esce sempre digital look, demosaicizzi un canon ti esce film look. nel video questa cosa (compresso o raw) è ancora piu pronunciata !!" Cosa ne pensi? Sono giorni che discutiamo di questo „ E' una affermazione tecnica vaga basata su una esperienza non definita. Non ha validità; non puoi né confutarla né validarla. Posso solo ricavare una osservazione logica; se Zen arriva a due risultati palesemente diversi, allora significa che non possedeva gli strumenti adeguati ad ottenere il medesimo risultato con i due strumenti confrontati. |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:21
Oh beh, ci si dimentica sempre del metamerismo e della sensibilità dell'occhio umano che sono diversi Raamiel ha appena detto una cosa sacrosanta: i raw sono demosaicizzati in diverso modo dai diversi software, e ogni raw è caratterizzato in maniera diversa, in questo modo a partire da ogni raw si avranno diverse demosaicizzazioni, che moltiplicate per ogni caratterizzazione dei raw daranno una molteplicità di risultati diversi. Alla fine: partendo da qualsiasi raw, seguendo strade diverse, si può arrivare allo stesso risultato finale. Un po' come dire JPEG Sony olympus e fuji e resto del mondo che sono preconfezionati dagli ingegneri. Il software demosaicizza i raw secondo algoritmi preconfezionati da ingegneri. Se l'algoritmo è fatto "su misura" i risultati sono tutti uguali. Giusto raamiel? Zen dice e zen fa.. Zen dice la sua giustamente. Nel suo è bravo e non ci sono santi |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:24
In realtà questo lo dico io da tre discussioni La pasta digitale innata in un raw sony non esiste, esiste solo il software che sviluppando il raw ti fa partire da un risultato... |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:26
Sto cominciando a capire almeno la definizione di "punti di vista"... |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:26
Il metamerismo, contro il quale ho combattuto tutti i giorni della mia vita lavorativa, non dovrebbe interessare l'aspetto che stiamo discutendo perchè è il modo in cui variano i colori al variare dell'illuminante. Penso che il diverso modo che abbiamo di VEDERE i colori sia più che sufficiente per incasinare tutta la discussione a livello soggettivo. Di oggettivo ci sono solo gli strumenti |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:41
Ogni sensore può essere caratterizzato per cercare di avere una resa colorimetrica, quindi restituire in modo fedele alla realtà i colori presenti in scena. Ci sono sensori migliori di altri e a seconda dell'illuminante può risultare migliore un certo sensore piuttosto che un altro. Ma praticamente tutte le reflex, mirrorless, cineprese hanno oggi dei filtri CFA più che sufficienti ad avere prestazioni più che degne. Ovvio che non sono strumenti di misura; ma uno spettroradiometro fa un lavoro diverso e costa una cifra oscena. Cercando di rendere piuttosto intuitiva la faccenda, facciamo un esempio: Immaginiamo di fotografare un target composto da un solo colore ben definito, cioè di cui conosciamo con esattezza il valore in Lab D50. Lo illuminiamo con un D50 e lo fotografiamo con due fotocamere, stessa esposizione. Il sensore A ci darà una certa terna RGB device dipendent e il sensore B ci darà una terna RGB diversa, sono le terne RGB dopo la demosaicizzazione. Ora queste terne device dipendent vanno convertite in un PCS per dargli un significato e se il nostro intento è colorimetrico, cioè ci interessa ricavare il colore reale, la terna nel PCS dovrà essere uguale tra la macchina A e B e dovrà anche essere identica alla terna Lab che avevamo all'inizio. La cosa più elementare è passare le terne RGB device dipendent da delle matrici 3x3 per arrivare a XYZ. così :
 Sono quindi 9 numeri che devono essere diversi tra la macchina A e B per portare alla stessa terna XYZ (non considero la CAT perché stiamo già operando in D50). Lo scopo del gioco è trovare quei nove numeri in modo che il risultato sia sempre quello giusto, o perlomeno soddisfacente. Adesso moltiplicate il tutto tenendo conto di ogni colore, di ogni illuminante, di ogni sensore, di ogni stimolo che va a finire sul sensore e produce una terna RGB device dipendent. Tuto questo è alla portata dell'utente finale? No... e questa che ho detto è la parte facile. |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:56
“ Il metamerismo, contro il quale ho combattuto tutti i giorni della mia vita lavorativa, non dovrebbe interessare l'aspetto che stiamo discutendo perchè è il modo in cui variano i colori al variare dell'illuminante. „ No... questo è errato. Il fenomeno a cui ti riferisci è l'incostanza del colore. Il metamerismo riguarda il confronto tra due campioni, al variare dell'illuminante o dell'osservatore. |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:56
Matrici, vettori, righe per colonne... Che godimento... ma qui vogliamo fare ste due fotine |
user15476 | inviato il 03 Novembre 2017 ore 18:58
Ma non può essere che una certa lente che risolve la densità di quel sensore che ha davanti un tipo di filtro anti aliasing e che produce di fondo una quantità di rumore cromatico, conferisca al file quella "patina" che ha un suo look, tutto questo prima del rendering del file? |
| inviato il 03 Novembre 2017 ore 19:02
Qui si divaga |
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