| inviato il 21 Dicembre 2016 ore 10:23
“ fotografare dove ti porta il cuore e la voglia.Puntare dove di piace e scattare ...scattare....scattare liberi e leggeri, per il solo e semplice gusto del fotografare giocando. Ecco, appunto, le parole magiche: giocare e divertirsi. Qualcuno mi dirà: ti puoi divertire anche fotografando a "progetto". „ non c'è nulla di male nel fotografare per se stessi, senza progetto “ Personalmente ritengo che in un'epocacome questa in cui di begli scatti ce ne sono milioni l'avere un buon progetto possa fare la differenza.... „ esatto e sottoscrivo, diprende tutto da cosa si vuole ottenere e cosa fare delle proprie foto. Può anche non esserci un progetto nel senso preciso del termine, basti pensare a modo di scattare di Fontana, bellissimo (ma molto ponderato, attenzione, non è che scattasse a caso) molto diverso da un progetto più "progetto" tipo Russian Interiors del compianto Rocchelli. E c'è chi scatta per il piacere di scattare per se stesso, per avere una bella stampa da appendere in casa, per parlarne con amici, nessun onta ci mancherebbe! Anzi, per quelle persone è molto importante |
| inviato il 21 Dicembre 2016 ore 13:11
Premetto che io faccio foto perchè mi piace e non per portare a casa la pagnotta,e ricordo anche che a suo tempo alla domanda" ma perchè non fai il fotografo"la mia risposta e stata sempre"perchè a me piace la fotografia e fare foto". Nei limiti del possibile mi piace camminare portandomi dietro fotocamera magari con un paio di obiettivi,poi può capitare che le foto le faccia o meno magari perchè non c'è la luce o l'obiettivo giusto;poi succede come l'inverno scorso che sono finito ammollo in un torrente di montagna per fare una foto, vabbe venti minuti di scarpinata ed ero a casa. Ci sono foto che magari le prefiguri in un determinato modo e specie nei paesaggi ti tocca aspettare mesi per avere le condizioni giuste compatibilmente con il tempo per farle,allo stesso modo in cui vai a fare due passi e ti si presenta l'occasione di fare una buona foto. Tornando all'origine del 3D molto spesso mi pare che parlare di"progetto"sia un abusare del termine quando sarebbe più logico parlare di normalissimi percorsi di crescita che si fanno sperimentando in prima persona. |
| inviato il 21 Dicembre 2016 ore 16:27
Io sono della stessa lunghezza d'onda di Angus. Scatto per divertirmi ma cerco di inserire (molto malamente) una mia visione delle cose. Per cui mi sembra normale che alla fine, anche nella mia schizofrenia fotoamatoriale, alcune foto si possano accorpare per "tema". Inoltre in alcuni casi il senso e il "contenuto" risultano più evidenti quando le foto sono insieme. Poi quanto questo avvenga più o meno consciamente o quanta pianificazione o meglio "progettualità" ci sia lavorando così non saprei nemmeno dirlo io stesso... Poi oddio, se ti vuoi focalizzare sugli aborigeni australiani.. non è che ti siedi sulla panchina e aspetti che ne passi uno... |
| inviato il 21 Dicembre 2016 ore 23:04
quindi Opisso, mi stai dicendo che esci e scatti. Diciamo che scatti "in libertà". Poi dopo, a casa, con calma, guardando le foto, ti capita di legarle con un filo conduttore. Ecco che "il senso globale" viene fuori, più o meno volutamente. Magari inconsciamente hai fatto foto che hanno tutte un comun denominatore.... Interessante....e devo dire che capita anche a me. In ogni caso io questo non lo chiamerei "progetto fotografico". Cosa ne pensi? |
| inviato il 22 Dicembre 2016 ore 9:05
Be' forse no ma la divisione tra "a caso" e "ponderate" non è detto che sia a compartimenti stagni anche facendo così. E poi non è che il lavoro è finito una volta che ti sei accorto del possibile accorpamento. Può essere anzi un punto di inizio perché gli scatti successivi siano più consapevoli a prescindere dal grado di pianificazione. Comunque non è che sia il "metodo migliore" era solo uno spunto. Alec Soth ad esempio si studia il progetto nei minimi dettagli e per lui la fase di scatto gli occupa solo una minima parte della "fatica". Robert Frank per Americans aveva fatto 24000 scatti "d'istinto" ma si era preparato prima una lista di soggetti. Mentre Lee Friedlander lavora più o meno come ti ho suggerito io: Maria: “Do you work on a series of pictures about a particular subject until you exhaust it, or do you simply photograph and allow each body of work to emerge?” Friedlander: “I just work and I throw the pictures in a box that says “X” or whatever, and eventually if the box gets full it merits looking at. I often work on two or three or four of those things at once. People tell me that they all look like they've been well thought out, and that's because I've worked on them for so long. Da: erickimphotography.com/blog/2013/03/29/10-lessons-lee-friedlander-has- |
| inviato il 22 Dicembre 2016 ore 9:31
Ci tengo a dire la mia in merito... Progetto si forse: divertirmi ad ogni uscita e catturare qualcosa che abbia un suo racconto alle spalle. Per questo esco sempre leggero: macchina al collo e inquadro ciò che mi capita, ciò che mi ispira e che a mio avviso ha una storia da raccontare... Dalla mia esperienza ho imparato che occorre solo un po' di occhio: ed ogni volta si trova qualcosa. Scatto dopo scatto si migliora e si cresce, migliorando l occhio e quindi se stessi. |
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