| inviato il 21 Giugno 2016 ore 16:24
Sono iscritto ad un paio di associazioni che organizzano visite guidate nel centro antico di Napoli e dintorni. Un giorno mi fu chiesto di scattare delle foto che dovevano illustrare il nuovo sito on-line, accettai di buon grado, le fotografie piacquero, ottenni consensi e complimenti sperticati. L'incauta guida però aveva chiesto delle foto anche ad un amico che faceva capo ad un circolo fotografico. In breve questo tizio aveva organizzato un concorso per scegliere le foto migliori da inserire nel sito. La povera amica mi invitò ad iscrivermi al circolo e partecipare al concorso, al mio diniego fu costretta ad utlizzare le foto selezionate dal circolo, e non le mie, ma confessò che le mie erano più belle, artistiche disse perfino. Inutile dire che da allora non invio più le foto, continuano a chiedermele senza pudore, meravigliandosi anzi che invece di scattare ascolto la guida. Io mi giustifico dicendo che se scatto mi estranio e non sento, non vedo e non ricordo ciò che è stato detto. In genere riscuoto un bel sorriso malizioso e finisce lì. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 16:44
Discussione davvero interessante, con molta cautela provo ad esprimere pure io la mia opinione in quanto penso di aver vissuto e di vivere tutt'ora il percorso che Jeronim ha così puntualmente spiegato (si smette mai di attraversare il percorso sopra citato da Jeronim? Non credo!). Concordo praticamente in tutto ciò che ha scritto; l'unica cosa che non riesce proprio ad andarmi giù è l'assunto che la fotografia "del bello", estetica per così dire o percettiva per usare il termine usato da Jeronim sia considerata a priori inferiore rispetto alla fotografia interpretativa, ovvero quella in cui viene passato un messaggio o viene utilizzata come forma di linguaggio. (Concetto già espresso sopra da Francesco.merenda e Nicolas Falmel, se non ho frainteso) Mi chiedo, perché il bello non può rappresentare il messaggio stesso della foto? Perché la "missione" che si pongono alcuni fotografi o fotoamatori di portare la bellezza del mondo, la bellezza della Donna, la bellezza di una piatto di pasta o chissà cosa dovrebbe venire considerata inferiore, rispetto a chi fa della propria "missione" trasmettere sentimenti come la felicità, la tristezza, la disperazione, la paura ecc? Perché il bello rappresenta la fase precedente alla "svolta" e non può esser la svolta stessa, fin tanto che il fotografo in questione ritiene di aver inserito qualcosa di suo e trova soddisfazione nell'esser riuscito a scattare una BELLA foto? E badate bene che non parlo di soddisfazione in base ai likes presi chissà dove, ai complimenti ricevuti ad una mostra o da amici, ma parlo di soddisfazione di vedere quello scatto nello schermo della reflex prima, nel rivederlo a schermo di pc successivamente ed infine se possibile di vederlo su una bella stampa. Ci tengo a precisare che queste domande per così dire provocatorie non sono affatto un modo per insultare, criticare senza ragione Jeronim o chiunque altro, bensì sono domande a cui veramente cerco risposta da tempo ed alle quali non sono riuscito a trovarla purtroppo; io stesso tra i miei scatti ne noto veramente troppi privi di senso, vuoti, fatti giusto per fare, ma tutt'ora ritengo che il motivo per cui non mi piacciono non sia a causa della cieca ricerca del bello in questi, bensì da ricercarsi in altre ragioni (ricordi, condizioni fisiche del momento, ideali del momento ecc ecc). Un saluto, Leonardo |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 17:08
“ e, in minor misura, ciò che la percezione visiva classifica come “bello” „ “ Molti, come dicevo, fanno, a mio giudizio, un inconsapevole passo indietro e partono alla ricerca del bello „ “ L'approccio è sempre quello di “prelevare” dalla realtà gli aspetti più belli fotograficamente. L'interpretazione personale si ridurrà ad un ulteriore ricerca di abbellimento da perseguire con le tecniche di PP. È fotografia "percettiva". „ Forse ho capito male io, ma sembrava che Jeronim mettesse nella sua analisi il "bello" al centro di un bivio che secondo lui, rifiutandolo, porti ad una diversa (e migliore) consapevolezza fotografica. “ Potete benissimo seguire questa strada, abbandonare la lettura e vivere felici. Non do giudizi e a me non cambia nulla. Se invece avete qualche dubbio e cominciate a pensare che quella fotografia finirà per starvi stretta, non vi diverte, non vi stupisce più e tutti i preziosismi tecnici vi hanno stancato, allora siete ad un passo dalla svolta. Svolta che vi riporta agli inizi. Scattavate per voi stessi, postavate su Facebook, senza grosse preoccupazioni estetiche, „ Queste affermazioni mi hanno quindi spinto a chiedere a Jeronim cosa intendesse per bello, bellezza ed estetica perché, a mio parere, non possiamo riporre tutto in un cassetto e via, partire per una nuova avventura dimenticandosi della tecnica e dell'estetica in fotografia. Certo, se per bello intendiamo quello che ci propone come "oggettivamente bello" la società con i suoi stereotipi, il consumismo con la sua manipolazione e gli ideologismi storici dei sacerdoti del sapere allora concordo con Jeronim perché l'occhio di chi osserva (ma anche di chi produce) è inquinato, corrotto, impuro. Se invece intendiamo per bellezza ciò che va oltre gli stilemi della società e della massa e ci riferiamo a quella che è la definizione di estetica (il sentimento della percezione) allora la bellezza è quella percezione inconscia che crea in noi un interesse positivo verso un qualche cosa. E si tratta di un sentimento individuale, una capacità di sentire che va oltre le costruzioni culturali e ideologiche instillate dalla società. Una fotografia che intercetti questa bellezza è secondo me quella da inseguire perché, per citare Calvino "dalla muta distesa delle cose deve partire un segno, un richiamo, un ammicco". E questo è stato anche provato scientificamente con la scoperta dei neuroni specchio e le teorie di Freedberg legate alla lettura delle immagini. In fondo un po' tutti i grandi fotografi si servono dell'estetica per catturare l'attenzione dell'osservatore e poi legarci il concetto. Un concetto senza la scintilla che lo illumina per me ha lo stesso scarso valore del bello storicamente accettato. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 17:28
Caro Francesco, formulato nei termini che hai scelto, non posso che condividere il tuo pensiero. Credo infatti che, nella discussione, si siano inseriti due diversi concetti di bello. Uno, come tu dici, quello imposto dai vari conformismi correnti, l'altro, quello assoluto, quello dei filosofi greci insomma... Se non comprendo male, e da qui i pensieri che ho formulato, il bello osservato qui come "pericoloso" è il primo, mentre il secondo, direttamente connesso a quella che giustissimamente definisci estetica, era e resta l'obiettivo principe di ogni forma d'arte e, perchè no, di un ammirevole percorso di crescita personale... |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 19:14
Io penso che il termine "estetica" ingeneri una confusione di cui non si sente proprio il bisogno. Mi limiterei al "bello culturale" che è già tanta roba ma senza per favore tirare in ballo il reale o il vero sennò succede un casino a confondere il bello con il vero, e non sarebbe nemmeno politicamente corretto . Il termine estetica lo lascerei alla filosofia, che se ne è occupata da 3000 anni finché ha deciso che anche lì forse sarebbe il caso di parlarne il meno possibile, in quanto non si può definire l'estetica come fenomeno generale o generalizzante. Al limite sarebbe accettabile il termine anti-estetico che nel'accezione corrente è già più chiaro e condiviso. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 19:40
Come credi Garr.nat. Il rischio è però che alla fine la fotografia si riduca a geometria e narrazione, quando proprio nella dimensione estetica, a mio parere, si può cogliere quel qualcosa che fa la differenza, nel lavoro di un fotografante Ma sono d'accordo. Genera confusione. Restiamo sul chiaro e condiviso. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 19:45
E' proprio ciò che voglio dire, l'estetica prevede delle regole che limiterebbero la libertà e l'autonomia dell'artista; non dico che debba piacere qualunque opera o prodotto artistico, ma almeno abbiamo il dovere di comprenderlo prima di esprime un giudizio. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 20:10
Indubbiamente la produzione del giudizio dovrebbe essere qualcosa di più delicato di quanto non avvenga d'abitudine. Detto però questo, credo che i fotografanti capaci riescano a introdurre nelle proprie immagini non solo racconto e bontà formali, ma anche un punto d'osservazione specifico, una sorta di visione del mondo che permea ogni immagine, per diverse che possano essere quelle da loro prodotte. Che diventano quindi, in fondo, giudizio morale. E in qualche modo esprimono quella che, impropriamente ammetto, ho definito dimensione estetica. Comunque, su questa definizione.... accetto suggerimenti per modificarla |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 20:27
Franco, mi barcameno frequentemente tra gli scenari da te sapientemente descritti. Ho provato spesso a rimboccarmi le maniche dopo aver immortalato l'ennesimo, inutile, tramonto. Vero è, però, che molto spesso, anzi sempre, la spasmodica ricerca dell'autentico e del personale produce inevitabilmente frustrazione se non si hanno i mezzi necessari in dotazione. D'altronde, è sufficiente una banale arma per sentirsi "cacciatori"; ben altro occorre per ambire a diventare "costruttori"! E se la frustrazione riesce ad avere il sopravvento sulla ragione, allora non resta che appendere la reflex al chiodo. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 22:30
L'aspetto comunicativo e documentativo della fotografia non va in alcun modo sottovalutato, in qualsiasi modo venga fatto. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 23:09
mi ritrovo principalmente in una consapevolezza, sempre più maturata dalla pellicola ad oggi, descritta da All. ovvero, nella mia fotografia (o in quella di chiunque altro) prima ancora del soggetto fotografato, c'è la "fotografia" di noi stessi. credo che non si possa generalizzare i percorsi, e credo anche che non si possano tagliare con il bisturi concetti come il bello, e criticarlo, poichè ciascuno atribuisce un certo significato a questo termine come altri hanno fatto notare. Personalmente, posso dire che tutto quello che mi ha accompagnato nella volontà di fotografare per me stesso, e non per commessa (mi trovo costretto a fare il distinguo), è stato dall'inizio accompagnato da un qualche cosa che non saprei esattamente descrivere. Ma se proprio dovessi usare un aggettivo direi che io ho sempre fotografato ciò che ho reputato interessante. Concetto banale direte voi, ma mi riuscirebbe difficile parlare del bello in questo contesto, o del mi piace. Io non pubblico sui social, non ho un telefono che fa fotografie e non ho neanche un telefono portatile. Lo avevo tanti anni fa, quelli con l'antennino, poi ho deciso che il telefonino (scusate se lo chiamo ancora così) a me non interessava. le fotografie le ho fatte solo con fotocamere prima a pellicola, ora digitali. Scatto ciò che trovo di mio interesse. non creo scene ma intervengo nella composizione con l'inquadratura. Ovvio che con il tempo ho cambiato differenti cose, ho sperimentato, ma il punto fermo è sempre stato quello di fotografare qualcosa che mi interessa. Non vuole essere un post autoreferenziale, voglio portare la mia esperienza per dire che il percorso visti in apertura non è necessariamente IL percorso. Ogni persona fotografante può avere un suo percorso. p.s. se non trovo nulla che mi interessa posso anche non fotografare. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 23:20
Ok Ooo. Però, per quanto sia importante il documentare, per quanto anch'io adoro vivermi un poetico tramonto, sono due generi di fotografia diversi. Un conto è documentare un momento di luce naturale, un paesaggio, un monumento,non dico che siano tutti bravi a farlo; un altro conto è pensare una fotografia, crearla, magari anche in una visione momentanea. È una fotografia che racconta, lascia libero arbitrio di interpretazione. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 23:32
Innanzi tutto faccio i complimenti a tutti per gli ottimi spunti e le interessanti riflessioni. Mi auguro si riesca a restare su questi livelli. Mi scuserete se, per questioni di tempo, sono costretto a tentare di dare una risposta cumulativa ma cercherò di rispondere al meglio e chiarire alcuni punti che hanno suscitato perplessità. Lo spartiacque delle nostre scelte non è affatto costituito dal "bello". La bellezza non la considero un valore negativo quando presente nelle immagini ma semmai, spesso un elemento da cercare. Lo spartiacque è viceversa costituito dal nostro atteggiamento nei confronti dei valori estetici. Ho definito "percettiva" quella fotografia che scaturisce dal solo stimolo di registrare qualcosa, una scena omologata, che, nel comune sentire, viene catalogata come bella. Se, ad esempio, fotografassimo, con perizia tecnica, una bellissima ragazza faremo delle foto quasi certamente "belle" ma, se il nostro intento sarà solo quello di registrare al meglio quella bellezza, le nostre foto avranno il fiato corto somigliando ad altre mille che vediamo tutti i giorni sulle riviste e sulla pubblicità. Per stare all'esempio, se viceversa andassimo a studiare le immagini dei grandi ritrattisti ci renderemmo conto che, in quelle immagini, oltre alla forma c'è anche molto di più. E quel di più è il frutto di una ricerca interpretativa che sarà la summa di un coacervo di elementi tra i quali non sarà esclusa una coerente costruzione formale. Lo stesso discorso vale per i tramonti, i paesaggi etc. Andate a studiare i paesaggi di Giacomelli e confrontateli con le immagini stucchevoli, spaccapixel, dagli "splendidi colori" che vediamo tutti i giorni. La differenza è evidente. Ed i paesaggi di Giacomelli sono ANCHE bellissimi. Giacomelli "interpretava" il paesaggio a differenza di coloro che si limitano a "registrarlo" preoccupandosi, spesso con risultati nefasti, di delegare la ricerca interpretativa a soluzioni meramente estetiche. Come è stato scritto si può anche intraprendere un percorso espressivo finalizzato alla ricerca della bellezza assoluta. Ma non è affatto una ricerca più facile perché sarà necessario, anche qui, proporre una propria idea di bellezza che vada oltre i canoni di omologazione ed il manierismo comunemente metabolizzato dal gusto comune. Spero che il ricorso a questi esempi banali possa aver chiarito meglio il mio pensiero ma vi invito anche a rileggere con attenzione gli interventi del mio amico (ed esegeta ) Francesco Merenda che, nella sostanza, esprimono gli stessi concetti. Come ho già scritto, quella che ho definito "la svolta" non è certo un obbligo per nessuno e non voglio affatto invitarvi a gettare alle ortiche la fotocamera per la frustrazione di non sentirvi (per ora!) in grado di percorrerla! Il divertimento, la leggerezza, l'acquisizione di una tecnica raffinata, perfino le dinamiche social del forum, possono dare grandi soddisfazioni. Lo scopo di questo e di molti altri miei scritti è semplicemente quello di aprire qualche spiraglio che consenta di far intravedere, a chi vi trovasse interesse, una fotografia più meditata e profonda. E non si tratta neppure di stabilire classifiche tra foto di serie A e serie B anche se è incontestabile che la storia della fotografia è stata scritta per intero da personalità che hanno lasciato il segno proprio per il loro valore interpretativo. |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 23:55
Se permetti, potremmo aggiungere che una non esclude l'altra! Per scherzare: non è detto che se uno arriva a quella svolta non si permetterà mai di immortalare un monumento in un viaggio o una bella modella.... |
| inviato il 21 Giugno 2016 ore 23:55
Se me lo permetti Franco, vorrei uscire per un attimo dal merito (del resto credo che ci si rientrerà presto...), per esprimere apprezzamento verso questo tuo uso del mezzo. Certamente è difficilissimo dialogare su questi temi in forma scritta, attraverso un dialogo "multiplo" tra sensibilità e culture anche molto differenti, cercando di trovare un compromesso adeguato tra l'espressione di idee e quella estrema sintesi che la rete rende necessaria. Certamente non si potranno per questa via modificare abitudini che, verosimilmente, tenderanno anzi a consolidarsi sempre di più. Ma tuttavia credo che ciò non sia inutile. Che, per quanto possa concretamente trattarsi di una goccia nell'oceano, il fatto stesso di suggerire in un luogo come questo un attimo che sia anche minimamente di riflessione, che tenga al centro le idee e non i mille "come" fare fotografie, non possa non essere per qualcuno un modo per avviarsi a cercare consapevolezze diverse e ripensare al proprio approccio (quale che esso sia, metterlo ogni tanto in discussione non fa mai male). In un certo tipo di contenitore, è comunque una differenza. Besos e perdono per l'ot caro! F |
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