| inviato il 27 Gennaio 2015 ore 19:26
Shambola, l'aspetto più interessante dell'articolo di Smargiassi che hai appena citato è racchiuso in queste parole: “ Nei fotoracconti di Smith per Life, la proposta del fotografo è chiara, per chi sappa un minimo leggere le immagini: tutto, in quelle fotografie, rivela la collaborazione narrativa fra il fotografo e il suo soggetto, ben consapevole di essere in scena, anche se c'è per intepretare se stesso: e lo spettatore lo sa benissimo, non si illude affatto che Smith abbia sorpreso la vita del medico o della levatrice a loro insaputa, o come un disincarnato occhio divino. E allora lo spettatore, se ha un minimo di senso critico, si gode il racconto come se fosse seduto un una platea, trapassando con lo sguardo la celebre, impalpabile "quarta parete" della scena teatrale. Questo rende false le fotostorie di Smith? Non credo. C'è immissione di una notevole dose di finzione, ma il finto non è sempre falso (il falso è il finto che si spaccia per vero), può essere il recitato, una recita che si propne di ricalcare la realtà. Nel patto narrativo che Smith stipula con i suoi lettori c'è la comune consapevolezza del linguaggio con cui il fotografo parla, della latitudine della sua "autenticità" e dei suoi limiti. Non c'è affatto l'anarchia etica di un fotografo che pensa di rispondere solo a se stesso. Ma questo significa che le fotografie, qualsiasi genere di fotografie, richiedono lettori non pigri. Il fotografo è eticamente responsabile di ciò che mostra. Il lettore lo è di ciò che guarda. Ecco come si scrivono le regole. „ La fotografia, per essere onesta, deve partire da un rapporto chiaro tra fotografo e osservatore; a quel punto non ha più molta importanza in che modo sia stata prodotta e con quali accorgimenti, purché conceda all'osservatore le chiavi per interpretare tutto questo. |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 14:16
Ma questo significa che le fotografie, qualsiasi genere di fotografie, richiedono lettori non pigri. Il fotografo è eticamente responsabile di ciò che mostra. Il lettore lo è di ciò che guarda. Ecco come si scrivono le regole. verissimo. |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 14:24
E finalmente..con questi interventi si potrebbe validamente chiudere l'annosa disputa..ovviamente non sarà così |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 15:01
Finalmente un intervento bello, chiaro, conclusivo su questo argomento; per noi, ma molti altri restano in attesa della prossima puntata. |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 15:17
post commovente..... |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 15:31
Grazie per aver condiviso. Lunga vita alla postproduzione. |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 15:36
Volendo fare l'avvocato del diavolo, il flusso di lavoro di Smith, è, appunto un flusso di lavoro, e non IL flusso di lavoro. Quindi i puristi, che per inciso non tollero, direbbero ad ogni modo che comunque la manipolazione del file (inteso il negativo in questo caso) non determina la giusta vera o unica via. Molti fotografi invece per contro potrebbero aver usato molta meno post-produzione e ottenere comunque risultati ad altisimi livelli. Quindi? Il purista rimarrà nella sua ottusità e per contro lo smanettone senza arte nè parte si sentrà leggittimato a far passare ogni sua incontinenza post produttiva per necessaria. La differenza che a molti non è ancora chiara, non agli intervenuti, è che il risultato deve essere VOLUTO, come detto qui e in diversi altri post, quindi io posso pure scattare in jpg e non passare neanche da PS, e stamapre solo se quello che ho prodotto è quello voluto. Ciao LC |
| inviato il 28 Gennaio 2015 ore 17:23
“ ovviamente non sarà così „ nooooo figurati. |
| inviato il 29 Gennaio 2015 ore 1:21
con buona pace di Gardin.... |
| inviato il 29 Gennaio 2015 ore 8:40
Sintetizzando l'intervento di Lordcasco con il link fornito da Marameo: il risultato deve essere voluto, ma anche riconosciuto come tale; cioè si torna a quel concetto di patto narrativo tra autore e osservatore che presuppone lo scambio delle chiavi di lettura, ma anche un minimo di cultura per saperle utilizzare. In questo direi che la principale posizione di "filtro" tra i due soggetti, autore e fruitore, è il medium (rivista che pubblica l'articolo, ente che organizza la mostra, editore del fotolibro ecc.), come si legge tra le righe anche nell'articolo di Renata Ferri. Come è sempre stato dalla Rivoluzione Francese in poi, è il medium che indirizza e costruisce quella che definiamo "opinione pubblica", perciò è solo attraverso l'insieme dei media e la loro direzione metodologica che si può ripristinare un livello accettabile di acculturazione mutualistica tra il fotografo e il suo pubblico; a quel punto non si porrà più il problema se sto osservando un reportage (autentico) o un'invenzione (scenica o postprodotta poco importa) perché mi verrà concesso di capirlo in anticipo. PS. purché i media non si riducano a fare unicamente gossip! |
| inviato il 29 Gennaio 2015 ore 16:01
@Callisto Romani. No... GBG storicamente "impara" a fare foto grazie ad una serie di libri (allora introvabili in Italia) che uno Zio gli manda dagli USA, consigliati da Cornell Capa in persona. “ Alla Gondola, circolo fotografico blasonato e ancora vivente, Toni Del Tin esaminò a lungo le stampe del giovane aspirante socio, e alla fine, solennemente, gliele stracciò in faccia: «puoi fare di meglio». Berengo gli è ancora grato. Perché in effetti sapeva fare di meglio. Cosa? Uno zio d'America, Fritz Reder, chiese all'amico Cornell Capa, fratello del mito Bob e fondatore del tempio della fotografia impegnata, l'Icp di New York, una bibliografia da consigliare al nipotino, fece il pacco e glielo spedì. E in un'Italia fotografica ancora alle prese con nonnette in nero e pecorelle al pascolo, il giovane Gianni fu tra i primi a scoprire Dorothea Lange, Eugene Smith, i fotografi rooseveltiani della Fsa, balzando sulla sedia: «Quelle fotografie io le avevo già 'viste' nei romanzi di Steinbeck, Faulkner, Dos Passos...». „ (CIT: smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2013/02/22/gbg-ce-balzac-d ) E infatti tutt'ora: “ «Ho un grande debito di riconoscenza con la fotografia americana: verso gli autori della Farm Security Administration e i fotografi di Life. Ma soprattutto devo molto a Eugene Smith» „ (CIT: archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/21/Berengo_Gardin_premio_racc ) |
| inviato il 29 Gennaio 2015 ore 17:01
intendevo con buona pace di gardin che mette nelle sue immagini l'etichetta reale. Per me vale , benché io sia piuttosto talebano in questo senso...il senso che ognuno fa quel × che vuole. vale sempre il tipo di immagine. (come hanno già detto in 40.999.000 qui) (e in altri 450 miliardi di forum...ma è giusto ascoltare sempre) |
| inviato il 29 Gennaio 2015 ore 17:23
Update al mio post iniziale. Sul librone citato in precedenza è poi anche riportata la foto "incriminata". Rispetto a quella che ho linkato, credo sia stata ulteriormente aggiustata a scopo stampa ed ora è decisamente verosimile. Insomma, una PP digitale alla PP analogica originale.... |
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