| inviato il 30 Novembre 2021 ore 13:29
Manifesto slow photo di Smargiassi, Berengo et al. "Consideriamo indispensabile una progettualità del nostro intento artistico Esaltiamo un approfondimento meditativo così da consentire lo stabilirsi di un transfert emozionale tra il fotografo e ciò che viene fotografato." Poi Smargiassi ci ripensa sul la progettualità e dice: "I fotografi creativi non hanno alcun bisogno che un manifesto dica loro quale atteggiamento tenere. Ha bisogno di qualche invito alla riflessione, invece, una pratica diffusa che non si sofferma mai a ragionare su ciò che fa, neppure quando assume le vesti di pratica consapevole e neo-fotoamatoriale (penso ad esempio agli utenti Flickr)." Riflessione, vogliamo sostituire progettualità con riflessione e la facciamo finita qui? smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2010/09/09/scattare-con-le smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2010/11/04/ancora-sulla-sl |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 13:33
Bene Mtdbo. La terminologia è simile, il significato forse leggermente diverso. Grazie MatteoGroppi, concordo; per te se progetto vuol dire idea di lavoro, può rientrare anche in uno scatto singolo? |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 13:38
paradossalmente un progetto potrebbe essere la raccolta di scatti realizzati in mancanza di un progetto nell'intento di stabilire che il progetto non serve |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 13:44
Bella quella di Caterina: " Deve rubare le notti e il pensiero" ! Un progetto occupa costantemente un pezzo del tuo cervello, ti ci si insedia stabilmente e lavora sottofondo per tutta la giornata, per tutte le settimane, per tutti i mesi, per tutti gli anni: divora energie creative e rimane una potentissima spinta latente che scaturisce improvvisa ed incontenibile alla vista, spesso casuale, dell'oggetto adatto; devi solo scattare replicando quel che si e' gia' formato in ogni dettaglio nella tua immaginazione, chi cercando il momento od il luogo adatto ( Caterina ), chi ricostruendo fedelmente in studio ( io ), chi completando una ben determinata sequenza di altre precedenti immagini. La foto singola racconta parecchio, una sequenza coerente racconta di piu'. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 13:59
Ha uno stile segue un disegno ben preciso, non ha un progetto. Non è per forza un male è così e basta. In genere però la maggior parte delle volte la cosa non funziona e resta un insieme di foto esteticamente accostate. Altre volte un accostamento di scatti magari di archivio riesce a creare qualcosa di interessante |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:05
“ Una singola foto può essere ben studiata, può essere assolutamente autoconclusiva, ma un progetto fotografico implica un racconto più lungo e articolato Si può lavorare in entrambi i modi e lo stile non c'entra con questo „ Concordo, specialmente con la frase finale, in lina di massima un progetto si sviluppa su più immagini, ma credo ci possano essere eccezioni, le immagini di Jeff Wall ad esempio mi viene naturale considerarle progetto anche se si tratta di un solo lavoro, ma è un mio modo di vedere e non è certo questo l'importante quanto far passare il messaggio che lavorare con progettualità non significa per forza imbarcarsi nel progetto "Genesis" si possomo fare buoni lavori con numeri limitati d'immagini, l'importante è l'aver davvero qualcosa da dire. Concordo anche con le considerazioni Smargiassi. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:09
Oggi la parola magica è Storytelling, parola che apre tutte le porte. Se la traduciamo con "Racconto, raccontare" io credo che non sia necessario che una foto e nemmeno un portfolio "raccontino", raccontare non è sinonimo di comunicare, se a raccontare diamo il significato di narrare un racconto, una storia, allora io penso che un portfolio ed una foto possano anche comunicare senza raccontare necessariamente storie. Intendo dire che le foto sono immagini è comunicazione visuale, racconto è un termine che usiamo sinestesicamente per le foto, anche per gruppi o sequenze di foto, ma non può solo essere inteso come narrazione di una storia che si svolge in un tempo, lineare o anche circolare. Forse l'equivoco nasce dall'inizio, dal 1930 quando in America si afferma il "documentario fotografico" con la connotazione sociale che oggi è la più consueta per quel termine. Ma in realtà il documentario non ha quella connotazione che si è affermata con il secondo tempo della FSA, in cui Walker Evans è stato sbattuto fuori e sono rimasti altri come la già citata Dorothea Lange. Ed è proprio in quel momento che si afferma la scelta delle didascalie esplicative e del racconto e con esse anche il metodo di lavoro che addirittura prevedeva uno Script, una vera e propria sceneggiatura con la quale in testa ci si recava sui luoghi e si fotografava seguendo ed addirittura piegando la realtà allo script. Tutto questo metodo di procedere però è estraneo ed è stato rifiutato a Walker Evans, colui che aveva inizialmente impostato e dato forma al programma ed alla raccolta fotografica della FSA chiamato da Roy Stryker. Concordo poi con Caterina ed con il suo suggerimento di provare ad usare word, aiuta a focalizzare le idee. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:21
Purtroppo ho letto solo ora Smargiassi. Assolutamente condivisibile. PS: non parla mai di serie/filone. Ieri sera ho visto in TV un'intervista di un famosissimo fotografo italiano. Non del tutto inerente, ma volendo si può collegare, permettetemi questa piccola divagazione. "La creatività è una conseguenza. Non si è creativi a priori. La creatività scaturisce da un malessere, la si scopre dopo. Diffidate da chi si autodefinisce creativo, è un mediocre, mi fa ridere". Se vogliamo collegarlo al nostro dibattito, la creatività è un po' l'antitesi della progettualità nella sua interpretazione.... |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:25
ma nelle foto di Doisneau ci sono due cose: un sottotesto evidente che ci dice dove e in che epoca siamo; e una continuità stilistica e tematica che le rende parti di un unico progetto. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:29
Molti hanno il feticcio HCB "...la narrazione “comune” lo vuole semplicemente il precursore della fotografia di strada e il maestro dell'immagine colta al volo...Il “momento decisivo“, nel suo effettivo significato, ci dice Scianna, non riguarda il reale nel suo momento sfuggente, ma lo sguardo del fotografo ed il momento in cui decide di rappresentare il reale azionando l'otturatore. Il momento decisivo non è una dinamica subita da rincorrere, ma piuttosto una consapevole decisione riguardo alla scena ed alla sua evoluzione..." pensierifotografici.wordpress.com/2020/08/15/henri-cartier-bresson-olt Considerazioni simili le avevo già lette in molti altri saggi. Quanti tra i discepoli sono consapevoli, tra le altre cose, della sua origine e cuore surrealista? O del readymade alla Duchamp? |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:37
Qui si discute se il "progetto" (concetto che sarebbe necessario definire con esattezza in verità, perchè scorgo prospettive di partenza scarsamente coincidenti) sia o meno presupposto necessario ai fini della capacità comunicativa della fotografia come arte visiva. Chi ritiene sia così estende il giudizio a tutte le arti visive (pittura, scultura ecc...)? e perché si o perchè no. Attenzione non parliamo di esigenze di marketing... |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:47
"Ha uno stile segue un disegno ben preciso, non ha un progetto"... Il senso era quello. "Non è per forza un male è così e basta. In genere però la maggior parte delle volte la cosa non funziona e resta un insieme di foto esteticamente accostate. Altre volte un accostamento di scatti magari di archivio riesce a creare qualcosa di interessante"...spero che sia stato più comprensibile dei miei interventi. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:49
peccato che in questo topic serpeggi del flame. La discussione è interessante, poteva essere più piacevole. |
| inviato il 30 Novembre 2021 ore 14:51
Perfetto. "A volte, in genere" vuol dire contestualizzare. Non generalizzare, non sostenere assolutismi. |
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