| inviato il 22 Settembre 2022 ore 16:40
Beh, però per quelli come me che si fanno arrivare i numeri direttamente in edicola , già fissati, non mi sembra molto corretto. Dovrei almeno vedere cosa acquisto e decidere se prenderlo o meno. Spero che di qui alla fine del mese dicano qualcosa. |
| inviato il 27 Settembre 2022 ore 9:34
anche se ho la trilogia di Adams lo prendo.... |
| inviato il 27 Settembre 2022 ore 10:09
A guardare il sito è l'ultimo.. Quindi niente Leiter |
| inviato il 27 Settembre 2022 ore 16:03
Grazie dell'informazione.In effetti sembra si fermi al 25, a questo punto aspetto Adams e poi vedo. |
| inviato il 04 Ottobre 2022 ore 9:46
Su FB Smargiassi dice che sia l'ultimo |
| inviato il 04 Ottobre 2022 ore 11:49
Chiude in bellezza! 4/10/2022 La sinfonia delle montagne di Michele Smargiassi Va in edicola Ansel Adams, venticinquesimo e ultimo volume della serie di Repubblica - National Geographic. I commenti d'autore alle fotografie questa volta sono di Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia. Pubblico come sempre un breve estratto dal mio testo introduttivo. [...] Meno eterna delle montagne, la fama di Adams subirà colpi. Una giovane generazione di fotografi paesaggisti, sotto l'etichetta di New Topographics, già negli anni Settanta insorge contro l'egemonia della visione “adamitica”. La critica sofisticata, il mondo accademico, non hanno mai trattato troppo bene l'opera di Adams. La popolarità viene raramente perdonata dai critici austeri. O più semplicemente, il suo lavoro è difficile da collocare in una storia un po' troppo positivista e progressiva della fotografia, dove contraddice costantemente le tendenze della sua epoca: il formalismo quasi astratto di Edward Weston, la poetica dell'attimo di Henri Cartier-Bresson, l'epica vernacolare di Walker Evans, quella populista di Paul Strand, il fotogiornalismo sofisticato di W. Eugene Smith, quello impegnato di Robert Capa, quello aggressivo di Margaret Bourke-White. È il problema dei creatori unici nel loro genere. Benché sapesse perfettamente di tuffarsi nella grande corrente del paesaggismo americano dei Carleton Watkins, dei Timothy O' Sullivan (la sua veduta della White House, villaggio indiano abbandonato nel Canyon De Chelly, è una rivisitazione, quasi un omaggio a quella presa settant'anni prima dal secondo dei due), Adams è stato il solo fotografo capace di sposare l'amore per le geometrie rigorose dell'ideologia modernista con il paesaggio naturale che “non conosce linee rette”. E questo, senza disperdere, nell'operazione, i valori ideali, quasi soprannaturali, che il paesaggio riveste nella storia americana. Dove i suoi predecessori mostravano una porzione di mondo affascinante ma ostile, misteriosa e selvaggia, Adams controfirma un patto di pacificazione ormai avvenuta tra l'uomo e quei monoliti, quei canyon, quei deserti, non più paurosi come apparvero ai pionieri, ma ora appartenenti alla civiltà, disponibili alla vista di tutti come belve domate, eppure ancora ed eternamente maestosi come una sinfonia ben scritta e ben eseguita. Quello di Adams è un sublime acquietato, differito, ricondotto alla portata dell'uomo, non inquietante, ma evocatore. Le sue fotografie “ossessivamente descrittive” esprimono un “desiderio di riconsegnarci un mondo liberato dalle apparenze per contemplarne la profondità”: e questo è il generoso giudizio di un grande esploratore dello spazio, Luigi Ghirri. Dal canto suo, Adams non ha mai amato le auto-definizioni. “Ci sono troppi cieli azzurri e rocce levigate nella mia memoria per cadere nell'autocompiacimento”. In una sua celebre conferenza del 1959 alla George Eastman House, dal titolo promettente, I Am a Photographer, rifiuta tutte le etichette: “Mi presento a voi questa sera non come uno scienziato, un esteta, un critico, un uomo d'affari. Io sono un fotografo”. E anche qui, non “un fotografo professionale, amatore, hobbista, fotogiornalista, creativo (pessima definizione perché molti pensano che significhi solo artistico), espressivo, interpretativo, estetico, perfino trascendentale”. No. Semplicemente un fotografo. Ma se proprio non basta, allora propone sommessamente una definizione per i fotografi che, come lui, “esplorano, distillano, interpretano l'intangibile essenza del mondo”. Una parola nuova: fotopoeta. smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2022/10/04/ansel-adams-vis |
| inviato il 04 Ottobre 2022 ore 16:54
questa mattina in edicola non era ancora uscito |
| inviato il 04 Ottobre 2022 ore 16:59
Come è giusto che sia visto che è previsto essere in edicola dal 05/10/2022 !!! |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 9:50
Appena preso il n. 25 P.S. Non si può ricevere la newsletter del blog di Smargiassi? |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 9:53
No, e' su faccia libro |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 9:57
Cosa intendi? |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 10:17
Smargiassi ha anche un blog su Repubblica che si chiama Fotocrazia , se non erro. Comunque è stata una bella collana, anche se avrei voluto un albo anche su Fan Ho, Werner Bishof, Avedon, Ghirri e Stephen Shore. In ogni caso la maggior parte degli autori scelti mi sono piaciuti molto, soprattutto per il fatto che alcuni li conoscevo poco o nulla, come Pellegrin, che mi colpito moltissimo. |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 10:49
Fessbuk |
| inviato il 05 Ottobre 2022 ore 11:21
Ah |
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