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Non è certo musica rilassante, ma dura e attuale, questa canzone sul cancro, con un video stupendo dove la malattia prende le forme sinistre di un enorme ragno. Ecco la traduzione della prima strofa:
Ma certo ci conosciamo bene, ti sei preso mia madre Hai iniziato dai suoi seni Poi ti sei preso i polmoni di mio padre Te lo ricordi? Cancro, cancro dimmi quando sarà? Cancro, cancro, chi è il prossimo?
Come un bimbo talvolta ancora mi ostino rischiosamente a scrostare le ferite del passato, sui bordi ... e lentamente e per piccole parti, pur giá avvertendo l'assenza ( o fantasma ) della "cicatrice".
Quasi a voler ripetere, per un leggero lesionismo dell'animo, i miei pensieri piú dolorosi, quelli che, ingenuamente, temo mi stiano abbandonando.
La vita è una perenne ed aperta ferita sul mondo ... un continuo ritorno al dolore, segreto dolore dell' Intimo esposto alle intemperie.
Siamo gettati nel mondo per la sola imminenza di tal dolore, e la chiamiamo nostalgia.
"Quel che resta" non è una cicatrice.
Diffido in genere di coloro che dicono di "soffrire la noia".
quella noia che non fa né progetta, e si distoglie così dall'imminenza della morte; e del dolore, aggiungiamo. Quella noia che non ci pensa e sta lì, fuori da tutto e, quante volte? Si spegne per finir laggiù, nel passar la vita a distrarsi dalla vita.
… E quel chiamare nostalgia anche la paura d'aver smarrito costellazioni intere della nostra identità…
Sì, di tutto questo diffidiamo. Non di quel che resta.
Ma come farà, pur volenterosa, l'incolpevole poca forza a dar progetto al proprio tramonto? In tal contingenza i dolorosi pensieri rincorsi per "l'ingenuo timore che ci abbandonino" son sì il ritorno su antiche piaghe, ma son pure il ritorno su plaghe che sento di poter ripercorrere anche con levità, ancorché sapendo d'esser fragile ed effimero; come scrisse il Poeta:
“ … c'est la flache Noire et froide où vers le crépuscule embaumé Un enfant accroupi plein de tristesse, lâche Un bateau frêle comme un papillon de mai. … “
Come pure del Mondo posso sentir soave bellezza, in una malinconia serena e creativa, quasi zen:
“ Ecco i prati che attraversai quando erano in fiore “
LA GIOIA DI SCRIVERE Tutte le poesie (1945-2009) A CURA DI PIETRO MARCHESANI ADELPHI EDIZIONI
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Morton Feldman: Piano and String Quartet (1985)
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Guardate com'è sempre efficiente, come si mantiene in forma nel nostro secolo l'odio. Con quanta facilità supera gli ostacoli. Come gli è facile avventarsi, agguantare. Non è come gli altri sentimenti. Insieme più vecchio e più giovane di loro. Da solo genera le cause che lo fanno nascere. Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno. L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza. Religione o non religione – purché ci si inginocchi per il via. Patria o no – purché si scatti alla partenza. Anche la giustizia va bene all'inizio. Poi corre tutto solo. L'odio. L'odio. Una smorfia di estasi amorosa gli deforma il viso. Oh, quegli altri sentimenti – malaticci e fiacchi. Da quando la fratellanza può contare sulle folle? La compassione è mai giunta prima al traguardo? Il dubbio quanti volenterosi trascina? Lui solo trascina, che sa il fatto suo. Capace, sveglio, molto laborioso. Occorre dire quante canzoni ha composto? Quante pagine ha scritto nei libri di storia? Quanti tappeti umani ha disteso su quante piazze, stadi? Diciamoci la verità: sa creare bellezza. Splendidi i suoi bagliori nella notte nera. Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata. Innegabile è il pathos delle rovine e l'umorismo grasso della colonna che vigorosa le sovrasta. È un maestro del contrasto tra fracasso e silenzio, tra sangue rosso e neve bianca. E soprattutto non lo annoia mai il motivo del lindo carnefice sopra la vittima insozzata. In ogni istante è pronto a nuovi compiti. Se deve aspettare, aspetterà. Lo dicono cieco. Cieco? Ha la vista acuta del cecchino e guarda risoluto al futuro – lui solo.
...Primordiale come l'odio che Verdi e Boito limitano al solo Jago, che nell'Otello così canta, terribilmente:
Vanne; la tua meta già vedo. Ti spinge il tuo dimone, e il tuo dimon son io. E me trascina il mio, nel qual io credo, inesorato Iddio.
Credo in un Dio crudel che m'ha creato simile a sè e che nell'ira io nomo. Dalla viltà d'un germe o d'un atòmo vile son nato. Son scellerato perchè son uomo; e sento il fango originario in me. Sì! questa è la mia fe'!
Credo con fermo cuor, siccome crede la vedovella al tempio, che il mal ch'io penso e che da me procede, per mio destino adempio. Credo che il giusto è un istrion beffardo, e nel viso e nel cuor, che tutto è in lui bugiardo: lagrima, bacio, sguardo, sacrificio ed onor.
E credo l'uom gioco d'iniqua sorte dal germe della culla al verme dell'avel. Vien dopo tanta irrision la Morte. E poi? E poi? La Morte è il Nulla. è vecchia fola il Ciel.
C'è musica oltre Sanremo. Un caro saluto anche da parte mia.
Brunori Sas - Al di là dell'amore
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