user39791 | inviato il 09 Giugno 2016 ore 20:37
La parola arte secondo me è deleteria, cambiamola con "approccio concettuale". Così evitiamo la rottura di palle degli pseudo intellettuali del sito. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 20:43
Sono d'accordissimo con Filiberto sui suoi due ultimi commenti un saluto gunther. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 21:46
“ Daniele , Duchamp non ha mai esposto l'orinatoio capovolto. „ Correggo; si tratta effettivamente di un caso ancor più clamoroso di impossibilità di definire compiutamente cosa sia al giorno d'oggi il concetto di arte. Riassumendo: Duchamp vede un orinatoio posato capovolto a terra prima di essere installato, gli viene l'idea di chiamarlo "fontana"; in seguito l'originale va addirittura perduto senza che Duchamp lo abbia mai effettivamente esposto; qualcuno ne ha predisposto la copia, l'ha fotografata in tutte le salse (così non si potrà dire che nessuno l'ha mai vista), ecc. ecc. Ma il succo del discorso rimane lo stesso: come mai viene tutt'ora inserita nei testi di Storia dell'Arte alla stregua, per l'appunto, di un'opera d'arte? Cos'è che permette di considerarla tale se: 1 - Duchamp non è l'autore; si tratta di un oggetto industriale e per giunta nemmeno modificato da Duchamp stesso (almeno Picasso fece lo sforzo di unire il manubrio al sellino per costruire la sua testa di toro) 2 - si tratta evidentemente di un caso simile a quello esposto da Ooo del pezzo di legno in cui ha visto la testa di cavallo: una visione semplicemente suggerita dall'oggetto stesso; non c'è una ricerca, una consapevolezza che porta all'Opera come momento conclusivo di un percorso di ideazione. Duchamp ha solo interpretato ciò che ha visto già realizzato da altri 3 - l'oggetto non è mai stato esposto da Duchamp 4 - l'opera è addirittura andata perduta prima che critici e pubblico potessero ammirarla in "originale" (ma bastava andare nel magazzino della ditta produttrice per vedere una sflza di "falsi", ovvero: non può fregiarsi nemmeno dello status di "unicità" dell'opera) In definitiva: quali sono i parametri per cui ancora si parla della "fontana" di Duchamp come di un'opera d'arte? Che Duchamp, con i suoi ready-made lanciasse più che altro delle provocazioni è fuori questione, ma proprio questo genere di opere ha fatto saltare definitivamente anche gli ultimi residui "canoni" dell'arte, compresa, appunto, l'unicità dell'opera. Ma allora come facciamo a definire a priori cosa sia arte? L'unica discussione che abbia senso instaurare è quella di fronte alle singole opere, cioè a posteriori, avendole viste, toccate, soppesate. Non ha senso chedersi in anticipo "quando la fotografia sia arte" o quando lo sia la pittura, o un'installazione, se non esistono più parametri oggettivi per definire il concetto stesso di arte. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 22:08
“ Facendo riferimento come esempio concreto alla recente celeberrima Vivian Mayer, se gli scatoloni della sua opera fossero finiti in una discarica, e non al pubblico plauso e riconoscimento di artista, anche nel più completo anonimato e nella sua sola autorefenzialità, il valore sarebbe stato esattamente lo stesso, della sua opera, per se stessa. „ Personalmente credo che questo sia un fraintendimento tipico del nostro tempo, ovvero che l'opera d'arte sia tale per sé stessa. Di per sé l'opera d'arte è un semplice oggetto. Un oggetto non ha autocoscienza, non gli importa nulla di essere dignitoso, o kitsch, o artistico; Solo il giudizio dell'uomo lo rende tale; ma non il giudizio dell'autore, sarebbe troppo comodo; sarebbe come la solita tiritera × del "non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace". Vorrebbe dire che ciascuno di noi può considerarsi un artista e che il suo giudizio ha valore assoluto. Ma in questo modo non avrebbe più senso discutere di cosa sia arte perché è evidente che, con queste premesse, ogni foto postata qui su juza lo sarebbe! Potrà sembrare un paradosso, ma le opere di Vivian Mayer sono arte fondamentalmente perché sono conosciute. Al centro del concetto di arte credo che rimanga, al di là di tutte le possibili storture dei nostri giorni, il rapporto tra l'uomo e l'uomo, tra l'autore e lo spettatore; senza questo rapporto l'arte non esiste, esiste l'autocompiacimento, che è un'altra cosa. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 22:24
“ La parola arte secondo me è deleteria, cambiamola con "approccio concettuale". Così evitiamo la rottura di palle degli pseudo intellettuali del sito. „ Eh eh eh... comunque apportando sostituzioni staremmo parlando di un altro topic...anche se alll'autore del 3D divenuto da tempo uccel di bosco... Comunque nella concretezza di un nome fatto, cioè del teutonico recordman delle quotazioni, in aggiunta a quanto ho scritto in precedenza, preciso che l'opera è sì secondaria rispetto alla firma e all'autore...dopo che questi ha raggiunto la notorietà e quotazioni. Dopo essersi fatto il nome, Gursky si può permettere di realizzare una serie sulle foreste tropicali, con gigantografie assolutamente banali (mia opinione) ma che trovano spazi espositivi e acquirenti in linea ormai alle sue quotazioni Ma se quella foto del fiume vale oltre il milione di euro, sorvolando che sia realizzata in banco ottico e stampata in metri, ma allora le foto di Fontana quanto dovrebbero costare (sorvolando che siano 30x40 da 35mm)? Ecco un aspetto di cosa significhi "perversione" del mercato. . |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 22:32
“ Personalmente credo che questo sia un fraintendimento tipico del nostro tempo, ovvero che l'opera d'arte sia tale per sé stessa. Di per sé l'opera d'arte è un semplice oggetto. Un oggetto non ha autocoscienza, „ Ti rispondo subito, arrivato qui, poi continuerò a leggere il resto del tuo post. Hai frainteso, se rileggi la mia frase il se stessa è riferita alla Meyer, non all'opera. Il "se stessa" era sinonimo di "per lei stessa". Ora che ti ho letto tutto aggiungo: L'autoreferenzialità è ovviamente quella dell'autore, non attribuibile a soggetto inanimato. |
user46920 | inviato il 09 Giugno 2016 ore 22:43
Rappresentare : 1. riprodurre , raffigurare , figurare , disegnare , ritrarre 2. (estens.) descrivere, raccontare, narrare, delineare, illustrare 3. simboleggiare, esprimere, significare 4. (con valore copulativo) essere, costituire, equivalere 5. inscenare, mettere in scena 6. recitare, interpretare, impersonare 7. far le veci, sostituire, fungere, supplire, difendere. se venisse utilizzato o idealizzato, chessò, il termine sostituire al posto di raffigurare in questi casi succede sicuramente un equivoco .. ed è proprio quello che molto probabilmente è successo. Riguardo al "bravo" Labirint, non era mia intenzione sbeffeggiare nessuno, né tantomeno screditarlo dicendo che le sue sono boiate, ma leggendo la sua frase: “ Partendo dal fatto che foto non rappresenta la realtà in nessun caso „ è come se avessi letto 2+2= 5 vai a capire o a sapere cosa significa per lui il termine rappresentare ... per me significa ovviamente figurare .. ovvero la fotografia è semplicemente l'immagine della realtà, come nessun altro tipo di rappresentazione può fare! Anzi, la fotografia è praticamente verosimile alle stesse modalità del nostro occhio, ovvero si figura nello stesso identico modo. Più reale dell'immagine stessa della realtà, che può fare così solo la fotografia, non c'è altra arte o altro metodo/sistema che sia in grado di eguagliare questo fonomeno. Per cui, il continuare ad insistere su questo equivoco, invece di spiegarsi e di chiarire i termini, è proprio qui che la cosa diventa .. assurda. Guarda Franco (@Jeronim), la tua frase rivela più di altre parole: “ Ricordo di averne discusso con te per almeno un mese la scorsa estate: possibile che (unico al mondo  ) sei ancora qui a sostenere che la fotografia può rappresentare la realtà? „ qui dici che sono io l'unico al mondo! ... ma se è solo un equivoco sui termini (come infatti hai poi convenuto con Ooo), perché allora continui a non capire quello che intendo dall'estate scorsa? ... o non l'hai mai capito? Mi confondi, perché in questi casi mi chiedo: ma che cosa c'é di difficile nel prendere atto che la fotografia è semplicemente l'immagine della luce, così come passa attraverso l'obiettivo? ed è quindi semplicemente l'immagine della realtà , che c'è dall'altra parte della lente e della sua camera obscura! è così difficile accettare questa banalità che sta alla base della fotografia? Bisogna per forza attaccarsi alle pseudo-teorie sulla realtà, per non volerla vedere !!! o darmi ragione come fa Labirint (...), ma non sono io che mi invento le cose, è sufficiente vedere la realtà ... semplicemente aprire gli occhi e vedere come stanno le cose! Vuoi chiamare fotografia qualsiasi cosa esca dal tuo computer? bene, però poi non ti lamentare se qualcuno giustamente ti chiede: "ma l'hai fatta con fotosciop?" Perché poi c'è poco da fare, e diventa "meglio" autorefenziarsi come artisti, così almeno ci si toglie dalle palle qualsiasi paletto ... però quei paletti mica li ho messi io, li ha messi la realtà! Si, proprio ... quella che ti dice anche: questa è una fotografia e questa no. Poi se mi sto sbagliando avremo modo anche di chiarirci meglio, però vedo sempre una sorta di non volerle vedere così come sono, le cose (o almeno certe cose) ... una specie di "fuga dalla realtà" (e seriamente parlando, non è una cosa molto positiva). |
user39791 | inviato il 09 Giugno 2016 ore 23:07
“ Ma se quella foto del fiume vale oltre il milione di euro „ Quanto vale non lo so, ma l'hanno venduta nel 2011 a 4,3 milioni di dollari. Il "N.5, 1948" di Pollock per 140 milioni di dollari. Tutto è relativo. Direi che siamo più sul lato speculativo che su quello artistico. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 23:12
D.Ferrari, discordo con le tue conclusioni del tuo ultimo post Il principio che riassume la tua visione, è quella per cui è fondamento tanto in voga in questi tempi, è che una cosa (o una persona) per esistere deve apparire, deve essere ripresa, se ne deve parlare, altrimenti non esiste. In cuor loro anche la metà di quanti scattano foto, con ambizione, possono sentirsi Fotografi o addirittura artisti, ma ovviamente questa loro autorefenza non è altro che illusione, nella maggioranza dei casi. Quella dell' auto.. è una componente che va supportata: Conoscenza, studio, senso critico e Autocritico, obiettività, sincerità verso se stessi, talento, capacità tecniche, consapevolezza, esperienza, ecco qualche ingrediente che rende autorevole quella autocertificazione, a differenza di quella illusoria. |
| inviato il 09 Giugno 2016 ore 23:20
Passi per il Pollock (che apprezzo) in quella serie da record, che mi dici del Rothko )) |
user39791 | inviato il 09 Giugno 2016 ore 23:29
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| inviato il 10 Giugno 2016 ore 0:04
Duchamp ha portato il concetto del riuso, un concetto che ha invaso arte dove sono riusati oggetti ma anche vere e proprie opere di altri come 24 hour psyco di douglas gordon. Tale concetto arriva anche in fotografia e lo fa suo Richard Prince famosissimo il suo Untitled (Cowboy), ma altrettanto famosa la causa con Cariou. Si perde il concetto di "creare" un'opera dal nulla e arriva il concetto di riusare le miriade di cose che già ci sono per reinventare qualcosa di nuovo, dargli un nuovo senso A me lavoro di prince non piace molto, il ifotografare un'altra foto o sfruttare lavoro di altro autore non lo trovo esattamente etico e lavoro con foto di instagram... Non mi sembra un colpo di genio se non che ci fa un sacco di soldi |
user35763 | inviato il 10 Giugno 2016 ore 11:03
“ Daniele Ferrari@ Il problema però è analogo per qualunque mezzo e forma espressiva: siamo in grado di definire "quando la pittura sia arte"? Intendo dire: siamo in grado di farlo "a priori", basandoci su criteri oggettivi, e non di fronte a singole opere o autori? Il problema non riguarda la fotografia, ma il concetto stesso di arte; è per questo che sono convinto che sia inutile domandarsi quando la fotografia sia arte, perché prima dovremmo chiarirci su quali siano i valori, canoni, motivazioni e quant'altro, che spingono un'opera dell'intelletto e dell'abilità dell'uomo oltre il confine della normalità quotidiana; e questo ha poco a che vedere con lo strumento con cui quell'opera è stata portata a termine. Bada, non sto portando acqua al solito mulino del "ognuno deve poter manipolare la fotografia come gli pare"; sono convinto che la fotografia possa assurgere al rango di arte sia in "purezza", sia a seguito di manipolazione; solo che, in entrambi i casi, credo che mai come oggi sia difficile definire a priori quando ciò possa avvenire. La cosiddetta ricerca di libertà da parte dell'artista, quella stessa che di fatto lo ha reso schiavo del marketing e delle logiche da "gallerista", impedisce di fatto l'instaurarsi di un "linguaggio" comune che permetta a lui, al pubblico, ai critici ... di comprendersi vicendevolmente; in questa situazione, su quali basi possiamo definire a priori cosa sia l'arte? Aspettiamo che a dircelo sia il critico più quotato del momento, salvo cambiare parere quando perderà audience perché "troppo visto" (secondo le imperanti logiche televisive) e dovrà lasciare il posto a qualcun'altro che, ovviamente, dirà il contrario solo per giustificare di aver sottratto la poltrona al collega? Ci facciamo un nostro metro di giudizio personale e chissenefrega degli altri (a costo di ricadere regolarmente nel kitsch)? Se osserviamo bene la situazione attuale (basta navigare un po' in rete) non possiamo non accorgerci che le cose stanno proprio in questo modo. „ Analisi che generalmente ha molti punti di condivisione tanto tra un pubblico "agnostico" ormai escluso e disinteressato quanto dai piu' seri studiosi del campo. L'arbitrarieta' di valutazione tra critica e mercato senza punti comuni oggettivi e condivisi è una caratteristica dell'arte contemporanea che perplime tanto l'agnostico fruitore quanto il profondo conoscitore (che ogni tanto sbotta e sfancula il re cosi' palesemente nudo) Bisogna considerare che l'arte moderna e contemporanea ha avuto l'intento di voler parlare a se stessa e con se stessa ,ai critici e agli altri artisti;non piu' ad un pubblico neutro e universale o anche popolare. Facendo del suo linguaggio un continuo,parossistico metalinguaggio. Confinandosi e marginalizzandosi in tal modo in una fruibilita' di supposta "elite",dovendo ricorrere a manifesti d'intento,interpretazione e appoggio,sorta d'alibi e di excusatio non petita, accusatio manifesta; di cio' che ha tutta l'aria di parere solo un loro soggettivo vaniloquio . Se Mozart,Michelangelo,Omero,Cervantes,Dante,Renoir,Delacroix,shakespeare,Balzac,Dickens e via dicendo creavano per un pubblico universale,e popolare(Dickens,Dostoevskij erano "le soap opera " del loro tempo),un arte che non è in grado di parlare a tutti nei diversi livelli di fruizione non è mai tale,sa di fede e d'imbroglio. un arte che pur non scevra di abissi e profondita' nascoste e incosce era comprensibile-anzi godibile- a tutti ed a un livello popolare in una prima ma non meno importante lettura di superficie. l'arte contemporanea vuole troppo ammiccare -pateticamente a volte- solo a una ristretta fruizione che ha il potere e spesso l'arbitrio di convalidarla,in fondo inventarla come tale. Il critico A.Bonito Oliva a proposito della Transavanguardia(una delle tante meteore)giustamente diceva "la transavanguardia sono io" avendola leggittimata come arte; l'artisticita' della transavanguardia era un suo personalissimo capriccio che imponeva con il potere della sua affabbulazione. In mancanza di valori formali o ideali condivisi,di alcuna possibile valutazione oggettiva,lapalissiana(le differenze tra Raffaello e un pittore secondario erano palesi a chiunque non vi era alcun bisogno di una critica valutativa,nessuno poteva improvvisarsi) la funzione critica acquista una preponderanza assoluta,facendosi essa stessa scopo primario dell'arte. Critica convalidante e mercato! Arte e artista sono in fondo in subordine,pretestuali,intercambiabili. Irrilevanti. L'arte contemporanea sembra spesso parlare una babele di lingue al momento arbitrariamente inventate,soggettive e non condivisibili,spesso insensate,insignificanti, ma che ugualmente possono trovare una legittimazione critica e di mercato. La fruizione del pubblico(quando c'è) diventa una questione irrazionale di fede e paura;paura di palesare l'incomprensione e l'ignoranza,la noia e il disinteresse per cio' che si guarda,non piace e non si capisce, Silenzio e paura per non palesarsi come privi d' "iniziazione". D'essere tacciati e marchiati d'ignoranza,COME SE ESISTESSE UN OBBLIGO DI DOVER CONOSCERE I MEANDRI D'OGNI SOGGETTIVO VANILOQUIO ALTRUI. Resta l'impressione che tanta arte dei nostri giorni,tanti nomi momentaneamente celebrati dalla critica-mercato per una breve stagione dei warlhoriani 5 minuti di fama altro non siano che "teste di legno",prestanome per un giro di valuta finanziaria,una sorta di moneta alternativa da loro efficacemente gestita. dove l'artista e l'opera siano solo pretesto di comodo. Sembra che abbia allontanato e disinteressato non solo una generale possibile fruizione di pubblico ma anche studiosi piu' seri e riconosciuti che non riescono a raccapezzarsi con soggettivita' prive di un linguaggio e legami storicamente condivisi,privi d'alcun riconoscibile percorso. lasciando campo libero a una cerchia di quasi come "Andrea Diprè" del caso,prezzolati,mercenari di una critica in funzione di mercato e in rigoroso e volutamente esoterico (onde nascondere l'insignificanza e il vuoto) critichese "con scappelamento a destra come fosse antani". Ovvio che si tratta di generalizzazioni e semplificazioni,l'arte contemporanea non è certo solo quella finanziata da un mercato che pare avere piu' a che fare con giochi borsistici che culturali e estetici. V.Sgarbi nel suo "La stanza dipinta,saggi sull'arte contemporanea" 1989, offriva una panoramica su come un arte "nascosta",fuori dalle dinamiche contemporanee di una in fondo limitata e circoscritta critica-mercato,continuasse come sempre il suo dialogo con il passato,presente e futuro. Quindi alla domanda di Filiberto su cosa oggi convalida qualcosa come arte è impossibile rispondere,in fondo sono domande oziose; se in un giro che conta si decide(magari con un investimento a tavolino tra critica e mercato,poi si trovera' l'irrilevante prodotto dell'autore come utile × a termine) che lo è tu ,se vuoi,puoi credici per fede e "futtitinni". E' come il mistero della fede,va creduto e accettato e basta. Una certa arte di critica-mercato non ha bisogno di alcun pubblico e di una fruizione universale a cui rivolgersi,nemmeno d'essere studiata e compresa, ma solo di pochi tra furbi sacerdoti,adepti e fedeli d'anticamera che non capiscono ma credono, credono di credere. E cosi giocano a credersi iniziati di non sanno cosa. Ripeto semplificazioni,poichè i giri critici,congreghe,fazioni(ditte)e mercati sono tanti,con finalita' ed idee diverse o in assoluto contrasto,o che semplicemente si ignorano tra loro. |
user12181 | inviato il 10 Giugno 2016 ore 11:30
“ Già, ma come la mettiamo quando quel qualcuno è un ci@ltrone, un inaffidabile, un tuffatore, un illuso (etc.) e nessuno la vuole, destinata all'oblio se non al macero. „ Quando la vende, non quando la mette in vendita, quando c'è un mercato (mostre, mercanti, pubblico pagante, chiacchiere, critici ecc.) per l'immagine in quanto "artistica". Mi pare ci sia molto in questa definizione, è una concezione radicalmente sociale e storicistica (c'è anche il ready made, mi pare). |
user39791 | inviato il 10 Giugno 2016 ore 13:48
“ Il critico A.Bonito Oliva a proposito della Transavanguardia(una delle tante meteore)giustamente diceva "la transavanguardia sono io" avendola legittimata come arte; „ Detto così possiamo anche considerare che la fotografia è arte quando "qualcuno che conta" decide che è arte. 6,5 milioni di euro per questa foto mi fanno pensare male....
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