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Cosa sappiamo di quella madre Andrea? Che è disperata, che ha gli occhi fissi nel vuoto alla ricerca di un aiuto che sa bene che non arriverà, che ha due bimbi, che forse non sono neppure tutti quelli che ha avuto, che dipendono da lei e che lei non sa se potrà aiutarli, crescerli, o anche solo dargli di che sfamarsi; nei suoi occhi, che sono quelli di una povera donna giovane ma già precocemente sfiorita, si LEGGE la muta disperazione di chi vorrebbe arrendersi alla vita ma non può farlo, e non può farlo per il motivo più crudele, ossia solo perché sa fin troppo bene che se lo facesse, cioè se decidesse di farla finita con la vita, quasi certamente condannerebbe anche altri a seguire il suo destino... e quegli altri sono i suoi figli. Queste sono, credimi, le sensazioni che ho provato la prima volta che ho visto quella fotografia, credo avessi, all'epoca, una quindicina d'anni, e la fotografia era su una rivista insieme con altre, che non credo fossero tutte di Dorothea Lange. Solo qualche anno dopo ho conosciuto la storia di quella donna, Florence, e ti assicuro che l'arrivare a conoscere il suo vissuto NULLA ha aggiunto a ciò che mi ha detto, fin da subito, il solo guardare quella immagine, sapere quel vissuto insomma non fece altro che confermare quelle che erano state le mie prime tristi, anzi dire spaventose, sensazioni.
“ ma onestamente non capisco il senso della domanda „
La domanda sorge spontanea da questa frase
“ Diffido sempre dei fotografi ritrattisti che sostengono di andare alla ricerca dell'essenza. Cercatela in profumeria l'essenza, non in una foto. „
L' "essenza" in questione è da ricerca se si vogliono fare ritratti più "intimi" che raccontino qualcosa della persona
(Differentemente da quei ritratti commerciali, di moda, ecc dove si predilige solo una certa tecnica senza il minimo approfondimento della persona che in quel caso fa la parte di un semplice "manichino" per i vestiti o gli oggetti).
“ Ti rispondo con una richiesta: mostra una foto ritratto da cui si evinca l'essenza della persona ritratta (dalla foto ovviamente, non dai dati biografici o altro) e spiega con qualche frase quale sia quell'essenza. „
Ce ne sono troppi, vado per macro-stili diversi
Di James Nachtwey, l'essenza che traspare da questa foto è quello degli orrori vissuti ma anche la resilienza dei sopravvissuti alla guerra e/o ai campi di sterminio (come il soggetto di questo ritratto)
Antoine d'Agata, il quale cerca di raccontare i suoi demoni interni, della società e degli abusi in toto
Erwin Olaf che racconta il distacco con contrapposizioni visive (beauty e distacco insieme) per fare critica sociale su minoranze emarginate
Irving Penn, arcinoto come passasse molto tempo a conoscere i soggetti ritratti perché aveva notato che il loro "vero io" (non chiamiamolo 'essenza') uscisse solo quando il fotografo crea un legame con il soggetto e ad un certo punto riusciva a risaltare delle caratteristiche intime dei soggetti fotografati anche molto velocemente con set improvvisati e pochissimo tempo a disposizione
Diane Harbus, che ha dedicato praticamente la vita al racconto di quelli che dai molti venivano considerati "Mostri"
Susan Burnistine in molti suoi autoritratti fa uscire fuori l'essenza stessa dei sogni che fa
infatti per far comprendere il senso di questi estratti di lavori li state descrivendo, attribuendo ai relativi autori, a riprova che di loro non portano alcun messaggio intrinseco se non contesualizzati
su Diane Harbus e Lisette model è anche interessante l'opinione di Eva Rubinstein che è stata come Diane allieva di Lisette :
“ L'idea di prendere mi mette a disagio, per me le persone non sono fatte per essere prese. In questo non sono d'accordo con Diane Arbus, né con Lisette Model, che pure è stata la maestra di Diane e la mia. Loro si arrogavano il diritto di fare qualsiasi cosa, con chiunque, in nome della loro “arte”. Io rifiuto quest'idea, forse per contrasto a certe persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia vita, e che ponevano le loro esigenze “d'artista” al di sopra di tutto. Per me, gli esseri umani sono più importanti dell'arte. Mi sembra che quando Diane fotografava quei nani, quei nudisti o quei freaks, lei prendeva sempre un po' più di quanto queste persone offrivano di loro spontanea volontà – a little pound of flesh more, una libbra di carne in più – forse perché questo le dava un senso di potere. „
quanto raccontano davvero di quei "mostri" e quanto invece sono presi perchè erano perfetti nel lavoro complessivo delle autrici?
“ infatti per far comprendere il senso di questi estratti di lavori li state descrivendo, attribuendo ai relativi autori, a riprova che di loro non portano alcun messaggio intrinseco se non contesualizzati „
Alt, perché mi è stato richiesto di descrivere l'essenza dei ritratti in questione. Anche senza la mia didascalia non conoscendone la storia non si può cogliere qualcosa di profondamente lontano. Non è che se prendo per esempio la foto di d'Agata colgo l'essenza di un party dell'alta borghesia benestante. Poi non è che guardi una foto di un totale sconosciuto e sai vita morte e miracoli, quella si chiama veggenza ma penso sia una cosa da (non) discutere in altra sede
“ quanto raccontano davvero di quei "mostri" e quanto invece sono presi perchè erano perfetti nel lavoro complessivo delle autrici? „
Si certo, io voglio fare un progetto sui "mostri emarginati" non vado, quindi, a ricercare i soggetti in questione per raccontarli, prendo gente a caso che non c'entra nulla col progetto fotografico. La risposta è tutti, tutti raccontano e tutti i soggetti sono presi perché erano perfetti per quel lavoro, com'è normale che sia...... mi sembra veramente assurdo dover specificare un concetto così basilare...
Per quanto dichiarato da Rubinstein, è appunto un'opinione, come viveva lei la cosa, ma proprio mi pare strano che due donne in quell'epoca "costringevano" qualcuno a fare qualcosa di prepotenza, mi pare logico che si fermassero a socializzare (...) coi soggetti in questione e quelli che si offrivano, venivano ritratti.
Mica stiamo parlando di foto Voyeur stile Miroslav Tichy
Ma la foto che hai messo fuori contesto cosa racconta di quelle due persone? Fuori contesto ben poco. Kepler te lo dico una volta con calma, abbassa i toni perchè se leggessi con calma vedresti che la questione non è così ovvia come la poni e quello che scrive Ugo è effettivamente il nocciolo della questione La foto mostra 2 persone, vivono sole? sono in una comunità? che problemi hanno davvero? sono disagiati per l'aspetto o ci sono problemi psicologici? Dove viviono? in america? in messico in qualche sobborgo? sono tutte questioni che dalla foto non si evincono e il contesto cambia pesantemente il significato
Dove avrei alzato i toni? Poi cos'è questo "te lo dico una volta con calma", una sorta di minaccia? Cosa dovrebbe succedere, sentiamo.
Dai smettila, fai più figura.
“ se leggessi con calma vedresti che la questione non è così ovvia come la poni e quello che scrive Ugo è effettivamente il nocciolo della questione „
Se quello che leggesse con calma fossi tu vedresti che ho già risposto a questa tua affermazione e ad ugo sopra:
“ Anche senza la mia didascalia non conoscendone la storia non si può cogliere qualcosa di profondamente lontano. Non è che se prendo per esempio la foto di d'Agata colgo l'essenza di un party dell'alta borghesia benestante. Poi non è che guardi una foto di un totale sconosciuto e sai vita morte e miracoli, quella si chiama veggenza ma penso sia una cosa da (non) discutere in altra sede „
Poi, ripeto, non so dove hai visto toni alzati, sto solo rispondendo senza insulti o altro in una discussione normalissima, anzi non penso di poter essere più pacato di così.
Sinceramente, non so che problemi hai con me, ma non ti ho assolutamente attaccato o usato toni sopra le righe.
Se poi ti sto sul membro per altri motivi (non lo so, la non accettazione delle risposte in un dibattito, comportamento molto da "intellettuali" direi)e ti scocci pure a leggere un mio intervento, amen, fai pure, ma seriamente non ho mai alzato i toni, non è mai stata mia intenzione e non capisco dove hai visto qualcosa del genere. Si stava discutendo normalmente e te ne esci con minacce velate e con accuse inventate, io di contro non ho fatto niente del genere: quindi blocca pure, il contributo aggiunto sul forum, per me, non cambia, anzi.
Nel video postato sopra, l'autore parla delle circostanze in cui fu scattata la foto in questione.
@Andrea Leggendo il tuo post ho pensato a Nadar e poi immediatamente dopo a questa foto di Arnold Newman, nella quale l'autore grazie all'uso sapiente della pratica fotografica ci restituisce "a very nice, handsome man" come l'incarnazione del male.
Personalmente penso sia possibile ritrarre una persona e mostrare una sua caratteristica particolare, caratteristica non fisica ma, attitudinale o caratteriale. Ritrarre l'anima o l'essenza è ben diverso e sinceramente non riconoscendo pienamente la mia di essenza come posso pretendere di conoscere quella di un'altra persona? Soprattutto mi chiedo dove inizia e dove finisce l'essenza, l'anima di qualcuno? Come la misuro, quantifico, riconosco?
La foto postata è un'eccezione che mi fa sorgere un dubbio.
“ Diane Harbus, che ha dedicato praticamente la vita al racconto di quelli che dai molti venivano considerati "Mostri" „
@Kepler, non ho letto le 11 pagine (avevo iniziato nelle settimane scorse ma sono fermo alle prime) spero di trovare il tempo per proseguire....... comunque mi permetto di far notare che la foto dei gemelli Dresie e Casie è di Roger Ballen, anche se probabilmente l 'esempio potrebbe calzare ugualmente.
Ora mi taccio perchè ignoro il filo conduttore degli ultimi ragionamenti.
@Obi Vedendo questo ritratto ambientato mi è venuto in mente qualcuno dal colletto bianco che non è di sicuro un angioletto, quello che ho visto poi è che si parla di un imprenditore tedesco che ha messo a disposizione la sua industria per costruire armi per i nazisti. A riprova che se viene effettuato in un certo modo un ritratto ha assolutamente "un'essenza" Comunque gran bel ritratto, mi hai appena fatto conoscere un autore che non conoscevo, ti ringrazio
@novebis giusto, sono andato a memoria mentre lavoravo ma concedetemi che la mia testa non è esattamente un archivio computerizzato e un buon numero di autori li ho studiati anni fa (e da allora ho sempre seguito la fotografia e gli autori ma senza mai effettivamente studiarli a livello accademico), come stile mi ricordava Arbus ed effettivamente è simile, comunque l'esempio rimane invariato, esatto. Comunque hai fatto bene a farlo notare
Diane Arbus e i suoi Freak non c'entr si tratta di Roger Ballen - Gemelli Dresie Casie, 1993, Sud Africa e non USA.
La realtà è che senza contestualizzazione non sapremmo proprio nulla, potremmo alla meglio cercare di specchiarci nell'espressione del viso e fare delle ipotesi cercando di leggerla ed immaginare cosa stesse provando tramite il nostro empatico immedesimarci, con la possibilità di prendere cmq delle grandissime cantonate. Già solo leggere l'espressione del viso è difficile figuriamoci l'essenza. L'essenza di una persona, che incredibile presunzione affermare di poterla cogliere con una foto scattata in dieci minuti, io dubito di saper dire qualcosa dell'essenza di persone con cui parlo tutti i giorni da 5 anni. La realtà è come dice Ugo B, senza contestualizzazione nulla potremmo dire in merito. State descrivendo o ciò che si vede nell'immagine, l'apparenza appunto, il mood, o ciò che sapete perché avete letto testi accompagnatori, che è quello che per esempio fa Paolo con la madre (senza una didascalia non saremmo nemmeno certi che quelli che appaiono sono suoi figli), cosa possiamo sapere dei gemelli dalla foto di Ballen? Assolutamente nulla. Del tizio che si fa una pera sappiamo che probabilmente si sta facendo una pera, niente altro, del resiliente sappiamo che risale perché ce lo hai detto tu Keplero che lo avrai letto in qualche testo che descrive il contenuto dell'immagine, senza di esso per noi potrebbe essere sprofondato definitivamente senza possibilità di risalita ecc. ecc. La foto di Obi7 dava l'impressione del ritratto di un cattivo creato con l'intelligenza artificiale, l'impressione appunto derivante dalle apparenze: vogliamo parlare del valore scientifico della fisiognomica?
“ La realtà è che senza contestualizzazione non sapremmo proprio nulla, potremmo alla meglio cercare di specchiarci nell'espressione del viso e fare delle ipotesi cercando di leggerla ed immaginare cosa stesse provando tramite il nostro empatico immedesimarci, con la possibilità di prendere cmq delle grandissime cantonate. Già solo leggere l'espressione del viso è difficile figuriamoci l'essenza. L'essenza di una persona, che incredibile presunzione affermare di poterla cogliere con una foto scattata in dieci minuti, io dubito di saper dire qualcosa dell'essenza di persone con cui parlo tutti i giorni da 5 anni. La realtà è come dice Ugo B, senza contestualizzazione nulla potremmo dire in merito. State descrivendo o ciò che si vede nell'immagine, l'apparenza appunto, il mood, o ciò che sapete perché avete letto testi accompagnatori „
sono del parere che l' essenza di un ritratto sia strettamente soggettiva e che la raffigurazione di una persona con la fotografia o anche con un dipinto "funziona" (nel senso che è riuscito o ben eseguito) quando emerge una figura idealizzata. Nel caso di un dipinto si aggiunge la componente di somiglianza ma per chi non conosce la persona raffigurata rimane solo la rappresentazione di un ruolo, come fece August Sander con i suoi ritratti nel catalogo della società (i contadini, i commercianti, gli artisti, le professioni, etc...). Ognuno di noi osservando un ritratto ci vede il "somigliante" di una nostra conoscenza vera o idealizzata in base alla propria esperienza di vita e viene quindi simboleggiato, invece per vedere la persona reale (un individuo preciso) che abbiamo di fronte nella fotografia (o dipinto) c'è bisogno o di una didascalia oppure riconoscere la persona ritratta perchè sappiamo di chi si tratta...
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