| inviato il 05 Settembre 2020 ore 11:01
Non esistono stampe grandi o piccole: dipende dalla distanza di visione. Distanza di visione che deve sempre essere possibilmente intorno a 1-1,2 volte la diagonale della foto. E guarda caso quella distanza fa si che sia l'angolo di un'ottica di circa 38-40mm in FF, pari all'ottica “normale” che è di 43mm sempre in FF. |
user86925 | inviato il 05 Settembre 2020 ore 11:03
“ Rileggevo il capitolo sul formato 1:1 in un libro sulla composizione. Uno dei suggerimenti è un particolare "principio dei terzi": se si suddivide la foto in nove quadrati uguali, il soggetto o il punto focale della foto, se sufficientemente piccolo, andrebbe messo al centro in uno degli otto quadrati periferici, evitando quello centrale. „ interessante, ci farò caso nelle prossime immagini che andrò a studiarmi... “ Il formato classico segue vettori e linee che spingono verso i lati e quindi fanno "uscire" dall'inquadratura. Il formato quadrato tende ad essere circolare nella sua visione tornando quando su sé stesso e "chiudendosi" per modo di dire. „ “ Nel quadrato si iscrive un cerchio. Questo porta a considerare "naturale" una composizione centrale. „ “ Il formato quadrato può essere utile nei casi in cui si vogliano distribuire in maniera omogenea o centrare le cose, in presenza di una compo uniforme o di un soggetto simmetrico e quando si vuole inscrivere un'altra forma. Inoltre, dato che è un formato che non ha direzione, tende ad attirare lo sguardo verso l'interno. Personalmente lo trovo “formale”, duro... mi comunica un senso di costrizione perché non mi offre la possibilità di “vagare” con lo sguardo. „ condivido abbastanza queste sensazioni, ma c'è dell' altro... riporto un passaggio tratto dal libro “Di lemmi fotografici” di Carlo Riggi che potete trovare a pag 4 del seguente PDF, testo che trovo molto interessante: "Leggere una fotografia" sempre di Carlo Riggi. www.nadir.it/pandora/RIGGI_LEGGERE-UNA-FOTOGRAFIA/Leggere-una-fotograf "Il formato è il presupposto sul quale va a svilupparsi il gesto visivo. Va scelto prima dello scatto, non dopo. Gli aggiustamenti sono sempre ammissibili, ma non devono essere dati a vedere. Ecco perché amo i formati tradizionali (va da sé che aborro la commistione di formati diversi all'interno di una stessa serie). Il formato è la cornice, il limite, il perimetro entro cui gestire la libertà espressiva, ma è anche un modo di concepire lo spazio, di riempirlo e di abitarlo. Il rettangolo è dinamismo, linearità, progressione temporale; la percezione al suo interno segue precisi, predefiniti moti vettoriali, con una forza, una direzione e un verso, a partire da un punto di applicazione. Il quadrato è più complesso, direi più aristocratico. Al suo interno trovano posto anche le leggi del moto circolare, tempo e movimento possono fermarsi, se lo vogliono, e la disposizione degli elementi nello spazio tracima le imposizioni della gravità, creando geometrie più ampie, imprevedibili e meno codificate, dove, come nel sogno freudiano, le adiacenze spaziali creano originali nessi causali. Il rettangolo è una vasca di pesci rossi, dove vedi il tempo scorrere avanti e indietro, segui le storie con un verso narrativo dato, senza mai sovvertire le regole della fisica classica. Il formato quadrato segue una logica quantistica, un sistema a “n” gradi di libertà (quanti il fotografo è in grado di concepirne). In una foto rettangolare c'è un mondo, dentro una foto quadrata c'è l'universo. Ci vuole una grazia particolare per utilizzare come si deve il formato quadrato, oppure una generosa follia: quando fai una bella foto rettangolare ti senti un artista; quando fai una bella foto quadrata, puoi sentirti Dio." |
user86925 | inviato il 05 Settembre 2020 ore 11:25
trovo che certi autori abbiano nelle loro foto la stessa forza dominatrice che contraddistingue il formato quadrato pur non utilizzando tale formato, ad esempio Edward Weston era capace di trasformare i soggetti fotografati in pure metafore visive degli elementi della natura imprimendo nelle sue foto quella "sintesi" che tale formato con la sua caratteristica di rigore ed essenzialità riesce a restituire... saramunari.blog/edward-weston/ ma anche senza scomodare i mostri sacri della fotografia, nel lavoro di JUNGJIN LEE www.jungjinlee.com/everglades/ ritrovo nei sui formati rettangolari le stesse forze che dominano lo sguardo dentro il formato quadrato, quindi per chi ama tale formato e vuole studiarlo e/o applicarlo suggerisco di cercare in tutti i formati compositivi quella leva che guida armoniosamente lo sguardo attraverso lo spazio etereo incorniciato... |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 11:48
Da circa 6 mesi scatto in formato 1:1. L'uso della ML mi aiuta in quanto anche in fase di composizione "vedo" quadrato. Questo per tutte le foto, dal paesaggio urbano ai ritratti, alle foto per famiglia. Trovo la composizione più semplice da ideare e più efficace da guardare. Magari poi mi passa ma per ora 1:1. Mi riservo il formato 3:2 solo per il paesaggio bucolico, dove tra l'altro uso esclusivamente la 6D |
user177356 | inviato il 05 Settembre 2020 ore 12:27
Ecco, io quest'idea che le foto di una serie debbano necessariamente avere lo stesso formato non la condivido. Dipende da quello che l'autore vuole raccontare. |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 12:35
Nemmeno io, troppo talebana per i miei gusti come limitazione... Una situazione che si inserisce nel racconto di una storia o di un progetto può stare bene in un verticale, come in un quadrato, come in un panoramico... Non si deve escludere a prescindere. Sennò che facciamo, quel bel 16:9 lo spezziamo in due quadrati, secondo quella spartana visione? Non lo escludo eh per carità, ma ci saranno casi in cui si può fare perché ci sta bene e altri in cui proprio spezzare la continuità della panoramica non ha senso (mi viene in mente proprio il Koudelka da te citato, con le pano delle rovine). La preponderanza di un formato dà continuità, e va bene mettere una maggioranza di foto in un certo formato, fare tutto uguale invece può anche "stuccare" l'occhio dell'osservatore annoiandolo.... |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 12:42
@Tonyrigo. AH, forse ecco perche' la Nikon scelse di partire dalla bizzarra lunghezza di 43 mm sul 43-86 ..... mi ero sempre chiesto come mai quel numero strano. |
user86925 | inviato il 05 Settembre 2020 ore 12:45
“ Ecco, io quest'idea che le foto di una serie debbano necessariamente avere lo stesso formato non la condivido. Dipende da quello che l'autore vuole raccontare. „ per me invece una serie, una sequenza o una storia è importante che abbia una coerenza stlistica elevata, quindi non riesco a presciandere dal formato diverso o da cromie differenti nel caso si scelga di raccontare a colori o da contrasti e/o toni diversi nel caso si scelga il BN, sono puntiglioso anche sulla resa degli obiettivi, sulla focale scelta e gli iso in maniera da poter rendere il più possibile uniforme il lavoro finale... apprezzo molto gli autori che non lasciano nulla al caso, poi ovviamente ho potuto apprezzare ottimi lavori in cui si sono amalgamati bene diversi formati di presentazione (senza però tralasciare altre componenti stilistiche) o lavori in cui foto in BN e foto a colori stavano benissimo accostate... |
user86925 | inviato il 05 Settembre 2020 ore 12:56
“ La preponderanza di un formato dà continuità, e va bene mettere una maggioranza di foto in un certo formato, fare tutto uguale invece può anche "stuccare" l'occhio dell'osservatore annoiandolo.... „ però un conto è la retrospettiva di un autore e posso capire, altra cosa è un progetto, un reportage, un racconto, una sequenza.....penso sia più difficile interiorizzare un lavoro con troppi elementi disgiunti per il fruitore. così come la vedo io, ma capisco che ci siano livelli di assorbimento diversi... |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 14:17
“ Sasal, complimenti. Ti ho chiesto l'amicizia su fb. „ Grazie! |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 14:30
Si Jacopo, molti non lo sanno, ma l'ottica "normale" è il 43mm. Per tutti il normale è il 50mm. Questo perchè LEICA negli anni 30' fece il normale come 50mm, con il suo Elmar 50/3,5 retrattile. All'epoca avevano problemi ad andare anche poco sul grandangolare: il 35 era raro, mentre (sempre negli anni 30) il 28mm era rarissimo e sotto era quasi fantascienza (anche se fino a 20mm esistevano ma venivano usati soprattutto a scopi militari sugli aerei)! Da li partì la saga dei 50mm. Ma anche in seguito ci furono ottiche stupende in 40mm o giù di li: il VOIGTLAENDER 40/1,4 per tutti. Di recente ZEISS ha immesso sul mercato un bellissimo BATIS 40/2, che però non ho ancora acquistato. Dei BATIS mi mancano quello ed il 135. Ad esempio le LEICA CL e la sua versione migliorata e targata MINOLTA, la CLE, avevano uno stupendo SUMMICRON 40/2. Targato ROKKOR in MINOLTA, questa volta, ma era il SUMMICRON. Peraltro in quegli anni LEICA si faceva fare le lenti da MINOLTA ... |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 14:41
Interessante. Grazie ! |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 17:04
“ per me invece una serie, una sequenza o una storia è importante che abbia una coerenza stlistica elevata, quindi non riesco a presciandere dal formato diverso o da cromie differenti nel caso si scelga di raccontare a colori o da contrasti e/o toni diversi nel caso si scelga il BN, sono puntiglioso anche sulla resa degli obiettivi, sulla focale scelta e gli iso in maniera da poter rendere il più possibile uniforme il lavoro finale... „ OK, ma questo presume che un lavoro debba avere un solo tono per tutto il suo svolgimento e che questo sia per forza uniforme. Se volessi fare un lavoro che contrappone due opposti e qui di mi servisse di b&n e colore come di due estremi? O un lavoro che segue una progressione e quel percorso il cambio di formato sia fine al messaggio che voglio dare? Mi pare sia limitante asserire che un lavoro debba per forza avere una coerenza interna monolitica espressa da una singola linea espressiva. Che sia spesso la scelta usata non lo metto in dubbio, ma che sia ovvia non credo. |
| inviato il 05 Settembre 2020 ore 18:59
@TheRealB La storia mi pare un mare di sciocchezze prive di qualsivoglia fondamento scientifico. Il normale è la focale corrispondente alla lunghezza della diagonale della pellicola o del sensore. Punto. 43mm nel caso del formato 135 o FF. E lo stesso criterio vale per l'osservazione: immagine, foto o dipinto che esso sia, va osservato da una distanza pari alla sua diagonale, mai meno, ma al massimo poco più. Chi ha scritto quell'articolo era completamente a digiuno delle più elementari conoscenze di tecnica fotografica e pittorica, soprattutto. Perché dovete sapere che le due cose sono praticamente uguali. |
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