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Autenticità versus singolarità


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user250123
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inviato il 09 Dicembre 2023 ore 17:17

[appunti sparsi]

L'autenticità, quantomeno nelle moderne società occidentali, pare essere diventata una specie di réclame motivazionale, o di slogan, che viene presentata al grande pubblico sotto la confortante veste dell'emancipazione personale.

La cosa non manca di coinvolgere - a diverso titolo - anche la fotografia ed i fotografi di qualsiasi livello.
Qui vorrei discorrere di questo, opponendo l'autenticità [per come modernamente intesa] al concetto di "singolarità", per come invece viene trattata nelle scienze sociali ed in filosofia da piú di duemila anni.

Ma, per iniziare, cosa significa "essere autentici" ?
Rispondiamo, ad esempio: essere autentici significa essere liberi da modelli di espressione e di comportamento precostituiti (spesso stabiliti dall'esterno, ma non solo).

Da questa definizione, a rigor di logica, scaturisce un obbligo: bisogna somigliare solo a se stessi, definirsi solo attraverso se stessi, essere cioè autori ed artefici di se stessi. La cosa ha il sapore dell'imperativo categorico: consultare di continuo se stessi, auscultarsi, scrutarsi, financo... assediare se stessi e solo dopo.... procedere al fatidico click!

Fin qui, nulla di nuovo: qualsiasi canale YouTube "motivazionista" dedicato alla fotografia più o meno sostiene tesi similari, solo che in genere il brodo è molto più lungo, dilazionato a favor dell'algoritmo social-internettiano, e non mancano a corredo le "dotte citazioni" facenti riferimento ai fotografi del passato che dovrebbero conferire [supposta] autorità a chi le propone a favor di pubblico.

E non dimenticate di spuntare la campanellina!

Ora però, qui, propongo il preludio ad una possibile antitesi strutturata dichiarando che, tutto quanto sopra, altro non fa che intensificare l'egocentrismo narcisistico e NULLA ha da spartire con l'autentica ricerca della "singolarità" insita in ciascun individuo, fotografo o meno che sia.

Torniamo un attimo all'approccio "classico-moderno", da youtubers o forumers convinti: l'obbligo all'autenticità [che fa figo] costringe l'io a produrre se stesso. L'io, in quanto "imprenditore" di se stesso, produce se stesso ed è quindi [in termini economici] la PERFORMANCE di se stesso.
L'io, trasfigurato in questo modo, diventa MERCE che si "offre" all'osservatore.
La conclusione può essere una ed una soltanto: l'autenticità così perseguita è un fattore di incremento delle "vendite" (può essere denaro per il professionista, possono essere molti like per l'amatore, può essere notorietà e successo in senso lato e via discorrendo).

Però, seguendo questo approccio che odora molto di neo-liberismo all'americana, non possiamo esimerci dal constatare che "lo sforzo per essere autentici" [aka: di somigliare solo a se stessi] provoca un continuo PARAGONE con gli altri e la logica del paragonarsi- ahinoi - porta a trasformare l'Essere-diverso [singolarità] nell'Essere-uguale [epperò autentico] .

È un cane che si morde la coda: chi cerca l'autenticità con gli "strumenti" economici delle performance e attraverso lo sfruttamento di se stesso come merce [cit. popolare: "conta solo il risultato"] altro non fa che consolidare la conformità sociale, ovvero il CONFORMISMO in senso lato poiché - alla fine dei giochi - finisce per considerare come "ammissibili" soltanto le differenze conformi al sistema, per quanto esteso esso sia.

Si badi bene alla sottile, pragmatica, furbizia: la "diversità" [conforme al sistema] è vero che viene promossa, quindi accettata e valorizzata [il tutto all'interno degli slogan sull'autenticità] ma... sempre in termini economici.. e cioè come RISORSA che genera un PROFITTO.

[segue...]

user250123
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inviato il 09 Dicembre 2023 ore 19:19

[appunti sparsi, 2]

La diversità, dicevo, è la principale risorsa che generalmente viene promossa al fine di trovare la strada per un'autenticitá spendibile, profittevole, in fotografia come in tante altre cose.

Il problema della diversità, però, è che essa [come concetto] non può fare a meno del paragone infatti, banalmente, concludere che "questo è diverso da quello" oppure che "questo è migliore di quell'altro" sottointende l'aver prima processato le due cose in termini di somiglianze e differenze.

Viceversa, almeno in filosofia, il concetto di alterità [vedi Socrate] , si sottrae a questo giogo costrittivo del paragone costante nonchè a quello della "valorizzazione" derivante. L'alterità è sempre OUT, per principio, è un "fuori dal campo" permanente mentre la diversità è IN, visto che "viene spesa" ancora nel campo dell'inclusività.

Ciascuno, ipotizzo, vuole/vorrebbe essere percepito come un fotografo "autentico" ma se questo significa solamente essere "diverso dagli altri" [come imperativo] questo voler-essere-diverso non fa altro che prolungare i confronti/paragoni all'infinito all'interno di un sistema socialmente-dato ed in larga misura auto-referenziale e quindi non è altro che conformità all'ennesima potenza. Paradossalmente: l'Essere-diverso si afferma attraverso l'Essere-Uguale, e viceversa. Altroché autenticità!

Sulla strada della "diversità" non se ne esce, con buona pace dei promotori di corsistica ad hoc, e non è neppure tutto qui il problema perchè la ricerca dell'autenticità attraverso l'Essere-diverso impone il conformismo in maniera persino PIÙ EFFICACE della vecchia e superata "normalizzazione" repressiva [vedi fotografia & regimi totalitari] . Come a dire: non c'è datore di lavoro più spietato di te stesso, perché se l'ordine proviene dall'alto, dall'altro, puoi anche decidere di ribellarti, ma se viene da dentro di te non hai scampo.

[segue...]

user250123
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inviato il 09 Dicembre 2023 ore 21:02

[appunti sparsi, 3]

Detto come la ricerca dell'autenticità, per mezzo della diversità, sia un vicolo cieco che non porta da nessuna parte se non a continui paragoni all'interno di un sistema dato, rimane comunque un fatto: chi è autentico è - in qualche misura - diverso dagli altri. Diciamo che "si differenzia", quantomeno, e se questo "status" è sufficiente per essere soddisfatti della propria fotografia, o di qualche altro aspetto della propria vita, non c'è molto altro da aggiungere.

Prima, però, parlando dell'alterità [OUT] in opposizione alla diversità [IN] , ho nominato Socrate ed ora ci devo ritornare sopra perché a lui è intimamente legato il termine greco "atopos" che significa senza-luogo, illocalizzabile. Non è Milano, o Venezia, non puoi scegliere o preferire perchè non esiste un punto sulla mappa che sia, o che corrisponda ad "atopos". Questo è un concetto chiave, portante, quando dell'autenticità si passa a trattare la "singolarità".

L'autenticità [modernamente intesa] presuppone la COMPARABILITÀ [via diversità] .
Socrate, con "atopos", presuppone "altro" ovvero l'IMPARAGONABILITÀ [via alterità] .

Chi è autentico, dicevamo, è diverso dagli altri, si distingue, e presupponiamo che da questo emerga un vantaggio, una "spendibilità" dovuta a questo stato di cose all'interno di un sistema conforme.

Socrate però è "atopos" e quindi è imparagonabile: egli non è soltanto diverso dagli altri ma è diverso da tutto ciò che è diverso dagli altri. Da non confondere con "è più diverso" degli altri, altrimenti si ricade nelle menate sull'autenticità.

Ricapitolando: ripescando dal passato il concetto socratico di "atopos" tagliamo fuori ogni possibile "conformismo" e quindi qualsiasi possibile paragone tra le diversità. Di fatto ciò che facciamo è traslare l'analisi [speculativa] dall'indagine sull'autenticità a quella sulla singolarità che, almeno per chi può coglierne l'intrinseco peso specifico, dovrebbe essere molto più interessante e ricca di spunti, anche in fotografia.

[segue...]

user250123
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inviato il 09 Dicembre 2023 ore 22:38

[appunti sparsi, 4]

La cultura del continuo paragone, tanto cara a chi cerca prove di autenticità per mezzo dei confronti, ha trovato un formidabile alleato, in tempi recenti, nella cosiddetta rivoluzione digitale. La s-materializzazione del mondo dovuta alla forsennata "numerizzazione" [numérique, n'est-ce pas ?] ha reso infatti possibile comparare quasi ogni cosa annientando tutto ciò che - socraticamente - vorrebbe essere e rimanere "atopos" e quindi Altro dal sistema, e quindi non-conforme per principio.

Non basta: la stessa società dei consumi mira, presto o tardi, ad eliminare ogni non-conformità a favore delle sole "differenze consumabili" o, se preferite, eterotopiche: la differenza è una positività che il sistema dei consumi può tollerare perche la può sfruttare a proprio vantaggio, mentre all'atopico di Socrate si brucia, via via, la terra intorno. Il Totalmente Altro [la singolarità socratica] a mano a mano deve cedere il posto ai replicanti Diversi-Uguali, al diverso conforme [= autentico] ed integrato.

Dunque, a questo punto, viene da chiedersi: ma, se l'auteticità, già per sua intrinseca natura non è quella cosa così originale ed unica che immaginavamo [se confrontata con la singolarità socratica, almeno] , una volta che viene pure etichettata dalla società dei consumi e cifrata dalla "numerizzazione", che cosa rimane di lei? Rimane questo: una co-azione narcisistica singolo-gruppo-società in cui vengono incessantemente generate "differenze" commutabili. L'imperativo dell'autenticità, quindi, almeno in questo sistema di cose, non porta alla formazione-crescita di individui sovrani (atopici) piuttosto ad individui totalmente sequestrati dal "profitto" all'interno del sistema che li accoglie [naturalmente in senso lato, per quanto il concetto sia e rimanga di natura economica] .

Il narcisismo co-attivo [singolo-gruppo-società] non è, e non andrebbe confuso, con il sano amor proprio, come questo tipo di autenticità ingabbiata [a condizione di..] , promossa per mezzo di réclame e corsi scaricabili on line non ha nulla da spartire con la singolarità socratica e, se vi fa piacere, la ricerca di un proprio Sé fotografico, o di qualsiasi altra natura vogliate.

[segue...]

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 10:43

[psicologia, cenni]

Urge, a favor di lettore non specializzato, una brevissima divagazione.

L'amor proprio, anche qualora risulti molto pronunciato in un individuo, non ha nulla di insano o patologico visto che: 1) non esclude mai l'Altro; 2) non interpreta mai l'Altro come sola estensione del proprio ego. Il narcisismo, viceversa, è cieco di fronte all'Altro ed il soggetto narcisistico percepisce il mondo soltanto nelle sfumature di se stesso. È questa la ragione per la quale, superati certi limiti, il narcisismo può essere considerato una patologia, mentre l'amor proprio no.

La conseguenza fatale del narcisimo è che l'Altro scompare, il confine fra il Sé e l'Altro svanisce e quindi il Sé fonde e diventa "diffuso" al punto da annegare lo stesso IO. Badiamo bene, infatti, che "IO" e "SÉ" non sono la stessa cosa, tranne che per il soggetto patologocamente narciso. L'eccessiva diffusione del Sé, la sua fusione con l'Io, infine, è la principale causa generatrice di quel sgradevole "sentimento di vuoto" di cui molti soggetti narcisisti lamentano l'esistenza.

Per rendere il tutto più facilmente comprensibile usiamo termini fisiologoci, anziché psicologici, e quindi passiamo a definire il narcisismo come una sorta di "congestione" che, anzichè generare una sensazione di pesantezza nello stomaco ed un malstare appunto fisico, genera una sensazione permanente d'angoscia, inadeguatezza e, per l'appunto, un senso di vuoto financo di colpa. Si capirà facilmente, in questo stato di cose, come la ricerca [disperata] di autenticità pungoli costantemente il soggetto narciso.

[segue...]

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 11:44

[psicologia, cenni 2]

A suo tempo, S. Freund identificò due tipologie fondamentali di libido [vedi, energia psichica] : la libido egoica (rivolta verso se stessi) e la libido oggettuale (rivolta verso l'esterno). Senza approfondire ulteriormente questa distinzione ci è utile per intuire come operi il soggetto narciso: egli accumula libido esclusivamente egoica [cioè rivolta verso se stesso] mentre perde progressivamente ogni "contatto" con l'oggetto esteriore. Questa sorta d'indifferenza verso la libido oggettuale a sua volta genera una mancanza che possiamo definire come "assenza di vincolo" con il mondo esteriore e l'IO viene costretto, data l'impossibilità di ancorarsi ad alcunchè di esteriore, a rigettarsi su se stesso.

Nello stesso identico modo - fuor di psicologia freudiana - opera la moderna ricerca di autenticità per mezzo degli strumenti ecomonici [performance, reddittività] con l'aggravante che, nel nostro caso, non solo ci troviamo in presenza di UN SOGGETTO ma di UN SISTEMA: non solo c'è l'azione di un singolo più o meno narciso, ma una CO-AZIONE sistematica che sostiene e provoca questa deriva autolesionista. Perché, cari miei, se l'autenticità è MERCE allora più ne abbiamo meglio è! La merce è merce, dice l'uomo-algoritmo, non si vada troppo per il sottile, non ci preoccupi più di distinguere ciò che è "atopos" da ciò che non lo è. È tutto molto più semplice: se non si può "vendere" [in senso figurato, naturalmente] allora NON ESISTE!

[segue...]

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 12:54

[psicologia, cenni 3]

Alla base di ogni autolesionismo vi è il medesimo problema, ovvero la mancanza di autostima ed alla base della mancanza di autostima vi è sempre una crisi di gratificazione. Il problema è che il sentimento di autostima non possiamo produrcelo da soli. Se questo fosse possibile i soggetti patologicamente narcisi sarebbero le persone più "dotate" e quindi più realizzate del mondo. Un secondo aspetto della faccenda è come l'autostima debba essere perennemente nutrita dall'esterno per mantenersi, quantomeno, stabile. Ergo: in psicologia, l'Altro è fondamentale per definirci e per stabilizzarci ma non in quanto "termine di paragone" bensì come alterità rispetto a noi [don't forget Socrate] .

L'attuale cultura della prestazione e la ricerca dell'autenticità per mezzo della "performace" ci suggeriscono invece che possiamo fare tutto da soli, introspettivamente. Si evita, in questo modo, ogni possibile noiosa conflittualità con l'Altro e, casomai, ci si limita a misurare le differenze con i Diversi-Uguali da noi. Siccome "il tempo è denaro" e "conta solo il risultato" esso non può essere sprecato nella gestione dei conflitti con chi è "atopos" e ci viene pertanto suggerito, in ogni dove, di concentrare i nostri sforzi nella contemplazione di DUE sole semplici "condizioni": FUNZIONARE oppure RINUNCIARE.

Ecco: non piu uomini, ma MACCHINE. Solamente le macchine non conoscono conflitti: o funzionano perfettamente o sono guaste. Ditemi: quante volte - in questo stesso forum - avete letto "Cambia hobby" ? In quanti video, su YouTube, avete sentito dire che "per funzionare meglio" dovreste seguire questo o quel corso che vi trasformerà in un PRO della fotografia? Il succo è sempre questo: funzionare o rinunciare, ad ogni modo evitando il tedio di una lunga conflittualità che vi porterebbe a sprecare tempo ed a produrre MERCE non "vendibile" [sempre in senso figurato, naturalmente] .

[segue...]

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 13:45

[conclusioni, 1]

Rispediti al mittente gli psyco-autorevoli inviti a "FUNZIONARE o RINUNCIARE", ovvero a trasformarci in degli UNO o degli ZERO, possiamo cominciare ad affermare una verità, vuoi psicologica vuoi filosofica, che risulterà MOLTO scomoda ai noti "maestri" del narcisismo fotografico: i conflitti NON sono distruttivi. Essi sono, anzi, in larga misura positivi perché solo dai conflitti nascono: 1) identità 2) e quindi relazioni. La singolarità socratica CRESCE e MATURA precisamente nella gestione del conflitto. Guai a spianargli la strada, a meno che non si voglia creare un CLONE [autentico] di se stessi o di qualcun'altro.

Chi pensa di "sprecare" il suo tempo nella gestione di un conflitto, sbaglia, perchè è precisamente in quello spazio che la singolarità matura. Con quali esisti? Non ha alcuna importanza, la singolarità non è MERCE, buona o guasta, la singolarità è "atopos" ed è impossibile da misurare. Solamente il CLONE può essere contemplato e misurato con il parametro dell'autenticità e quindi del profitto. Solamente il CLONE, messo dinnanzi al suo "vuoto interiore" cercherà [invano] di produrre SE STESSO ma, cari miei, sarà solo il vuoto a riprodursi, puro e semplice auto-riferimento narcisistico!

[segue....]

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 15:21

[conclusioni, 2]

Ho lasciato alle mie conclusioni finali l'argomento più scomodo contando sul fatto che, a questo punto, il lettore-medio si sarà talmente annoiato da aver smesso di seguire il topic.

Ma veniamo al dunque: il saggista Karl-Heinz Bohrer, dotto tedesco della fiorente Germania anni '90 e non pastore analfabeta palestinese di oggi, ha scritto che il terrorismo è "l'ultimo atto dell'autenticità" in una realtà quotidiana talmente alienante, e priva di speranza, che impedisce ogni forma di gratificazione. Non vuole essere una giustificazione dell'azione terroristica ma rimane un'affermazione forte, discutibile. Il fatto è che premere il pulsante che fa esplodere la bomba assomiglia allo scatto della macchina fotografica, almeno ove riuscissimo a considerare il terrorista ed il fotografo come abitanti dell'immaginario collettivo.

L'istanza immaginaria di gratificazione "definitiva", in questo senso, accomuna infatti per assonanza il terrorista ed il fotografo-suicida. Potrebbe [forse] essere un tentativo perverso, sicuramente estremo, di "sentire" se stessi, di recuperare dalle ceneri quel sentimento di autostima bombardando la sensazione di vuoto che ci fa interrogare su cosa sia l'autenticità. L'azione paradossale nella quale finiscono per coincidere l'aggressione verso sé e verso l'altro, la produzione del Sé e la distruzione del Sé, però, rappresenta un'aggressione alla massima potenza, violentissima.

Ed è proprio questo ad essere molto pericoloso, e che dovrebbe far riflettere, e non poco, chi batte laddove il dente già duole. Ben diverso, addirittura di segno opposto, è stato l'approccio filosofico-socratico alla singolarità. NESSUN terrorista avrebbe mai barattato la propria "singolarità" in nome di una "autenticità" del tutto illusoria e rimandata a chissà quando, chissà dove, se fosse stato formato alla scuola di Socrate, anziché a quella così tanto performante, ma fondamentalmente "macchinica" dei gloriosi giorni nostri.

[that's all folks!]

avatarsenior
inviato il 10 Dicembre 2023 ore 15:55

dotto tedesco della fiorente Germania anni '90 e non pastore analfabeta palestinese di oggi
Gradirei tu cancellassi questo paragone (l'avrei chiesto anche nel caso di "analfabeta israeliano" o "analfabeta irlandese" o, fai tu).
Se non noti i motivi, magari ad una seconda lettura, lo saranno. Anche in nome di questo:
o funzionano perfettamente o sono guaste...
...ovvero a trasformarci in degli UNO o degli ZERO

Inoltre, dissento dal paragone, a mio avviso totalmente inopportuno, dove, se da un lato, magari, si perdono dei like, dall'altro si perdono delle vite.

user250123
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 17:06

@Frengod

Ho contemplato il gentile consiglio ma non sono incline ad assencondare la tua richiesta.
A nota di margine, i riferimenti bibliografici a cui ho attinto per scrivere questa riflessione sono i seguenti:

- Jean Baudrillard, "L'altro visto da sé" (opera pubblicata)
- Byung-Chul Han, "L'espulsione dell'altro" (opera pubblicata)
- Roland Barthes, "Frammenti di un discorso amoroso" (opera pubblicata)
- Sigmund Freund, "Introduzione alla psicoanalisi" (opera pubblicata)
- Karl-Heinz Bohrer, "Autenticità e terrore" (opera pubblicata)
- Fëdor Dostoevskij, "I demoni" (opera pubblicata)

Il mio lavoro di taglia e cuci interdisciplinare, fatto in estrema sintesi per agevolare una lettura non esaustiva da forum, non credo contenga elementi di novità sovversivi oppure imputabili di mancanza di rispetto verso chicchessìa. Al contrario, mi reputo molto sensibile nonchè professionalmente coinvolto, ma non come fotoreporter. Non fosse così, probabilmente, non avrei neppure perso tempo a scrivere su questo argomento.

L''Amministratore potrà disporre come meglio crede, com'è ovvio.

avatarsenior
inviato il 10 Dicembre 2023 ore 18:38

ok

user249402
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inviato il 10 Dicembre 2023 ore 19:49

A scrivere, sei bravissimo, lo dico con un po di, sana, invidia, a fotografare, tutta la tua autentica singolarità non va più in la di una, banalissima, per me, foglia secca.
Banalissima, per me, non perché sia alla portata di tutti, ma perché cozza, violentemente e pesantemente, con ogni parola di quanto scrivi,
Ti chiedo, l'hai prodotta non preoccupandoti della "disperata ricerca di autenticità", e dunque quella, banalissima, per me, immagine in realtà ha "significati" sconosciuti a noi disperati ricercatori dell'autentico, o vi sono altre ragioni?

Grazie.

user250123
avatar
inviato il 10 Dicembre 2023 ore 20:46

@Lapo Lento

Biblicamente parlando, quella di nascondersi dietro ad una foglia [all'epoca, di fico] travisando, con malizia o meno, quello che qui è stato argomentato è l'arte umana che più di tutte viene esecitata dalla notte dei tempi. La correlazione che tu fai tra quella foto e quello di cui sarebbe interessante, almeno per me, parlare in questa sede a mio modesto avviso non ha senso di esistere, quindi trovo la tua richiesta di chiarimenti fuoriluogo.

Nel mio piccolo, mi sono speso gratuitamente ad imbastire una traccia argomentata su un tema "in perenne divenire" che vedo troppo raramente trattato come a mio avviso meriterebbe, data la sua complessità, e troppo spesso risolto con qualche decalogo di suggerimenti calati dall'alto verso in basso, tra uno slogan ed una pubblicità. Specifico, inoltre, di non intravedere alcun "cozzare" perché non sto promuovendo nulla che riguardi me stesso e non gli altri. Trasmetto pensiero, articolandolo secondo un possibile filo logico.

Pertanto: se ho suscitato un dubbio, una domanda, un'ulteriore riflessione, oppure la voglia di un'approfondimento in chi mi ha letto sarò ben lieto di proseguire e di confrontarmi anche con chi la pensa diversamente. Senza problemi. Purché non ci si nasconda, per l'appunto, dietro l'analisi d'una foglia.

user250123
avatar
inviato il 11 Dicembre 2023 ore 11:29

[tracce a latere, 1]

Due bocconi di silenzio,
in un sala d'attesa,
me [io] e tu [te] .

Albert Camus, via Meursault, ci parla dello straniero.
Straniero nel suo rapporto con il mondo.
Straniero, anche, nel suo rapporto con se stesso.
L'estraneità si manifesta nel linguaggio non solo perché incomprensibile ma anche perchè assente.

Grate di linguaggio, come celle che separano dagli altri.
Però, dall'altra parte della grata, c'è sempre un TU.
In Camus - il TU - non manca mai.
Altri tempi.

George Simenon, con la sua matita appuntita,
all'angosciante immagine dello straniero preferisce quella del turista.
Più moderno, più leggero, dal quale "non si pretende" praticamente nulla.
Giusto un poca di educazione, ecco.
[e la tassa di soggiorno]

Ora, per giocare in astratto [virtuale] ,
facendo indossare alla scialba figura del turista
l'angoscia "grigio-cuore" dello straniero
cosa ne esce?

Una matrioska di silenzi, infilati uno dentro l'altro?
Imperscrutabile mistero dal sapore sovietico-churchilliano?
Magari!
No: ipercomunicazione [digitale] . Frastuono.
Annullamento della lontananza = assenza di distanza = estinzione della vicinanza.

In una sala d'attesa,
uno smartphone.



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