| inviato il 04 Gennaio 2022 ore 13:59
In quest'altro topic www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=4133981 ho trovato un lungo messaggio che riporto: ----------------///---------------- "Riporto un articolo di un utente juza, Sardosono, pubblicato su un altro sito (Italian Foveon Community) in cui parla della giusta distanza di visione e tratta anche della max definizione fruibile di megapixel (con considerazione finale a sorpresa) LA DISTANZA DI GIUSTA-VISIONE Si sente spesso disquisire (ed anche discutere accanitamente) su quale sia la risoluzione necessaria per ottenere il meglio ad una certa dimensione di stampa. Leggendo queste discussioni ci si rende conto che tutti i partecipanti, quale che sia l'opinione che sostengono, danno per scontato lo stesso presupposto, ovvero che una risoluzione maggiore sia sempre meglio di una inferiore. Ebbene, non è così, e di conseguenza quelle discussioni sono sempre erronee, anche quando per vie traverse (per non dire, per caso) giungono a conclusioni corrette. Il fatto è che negli ultimi decenni si è perso completamente il concetto di "Distanza di Giusta-Visione" (che abbrevieremo in seguito con l'acronimo DGV), il quale è rimasto ormai solo un ricordo nella mente di ben pochi, di norma non più giovanissimi. L'oblio in cui è caduto è in un certo qual modo sconcertante, perché in realtà non solo la DGV è l'unico elemento che conta per stabilire l'idoneità di una data risoluzione per un certo scopo, ma è anche un concetto semplice e, come vedremo più avanti, molto preciso e di facile impiego, che non lascia spazio per le opinioni. Ritengo che ciò sia dovuto al fatto che quando tale principio era conosciuto, usato e condiviso, ossia ai tempi della pellicola, il concetto di risoluzione digitale ancora non era entrato a far parte delle preoccupazioni del fotografo, ma si parlava invece di densità di informazione (spesso erroneamente chiamata "definizione"). Quando si è passati al digitale non ci si è resi conto che "risoluzione" e "densità di informazione" sono la stessa cosa. Tutti sappiamo che se osserviamo un monitor o una TV a pochi centimetri di distanza riusciamo a distinguere i singoli pixel (i fotodiodi), fino al punto di poterli contare uno per uno, se non abbiamo niente di meglio da fare; ma sappiamo anche che a quella distanza perdiamo completamente il senso dell'immagine in quanto tale, siamo cioè troppo vicini. Anche in una stampa, se l'osserviamo con una buona lente d'ingrandimento o addirittura con un microscopio, riusciamo non solo a distinguere i singoli punti di pigmento, ma addirittura i pori della carta stessa. Ma con quell'ingrandimento non saremo in grado neanche di capire se nell'immagine ci troviamo di fronte ad un ritratto, un paesaggio o un fax di disdetta di un qualche servizio telematico (sembra che ormai i fax si usino solo per questo). Se però osserviamo quella stessa stampa o quel monitor a cento metri di distanza non riusciremo ugualmente a veder nulla, perché l'intera immagine ci apparirà come un singolo punto, forse. E' quindi ovvio (talmente ovvio che non varrebbe la pena dirlo, ma lo dico lo stesso) che "la virtù sta nel mezzo", dobbiamo cioè osservare l'immagine né da troppo lontano, né da troppo vicino. A questo punto domandiamoci: ma c'è una distanza che possa dirsi ottimale per la visione? Ebbene sì, esiste, e non è fonte di opinione ma dipende unicamente da come sono fatti e funzionano i nostri organi sensoriali, ossia la catena che dall'occhio che acquisisce l'informazione si conclude nel cervello che in qualche modo dà corpo alla nostra percezione. Tale distanza è quella minore che però consenta ancora di apprezzare l'intera immagine nel suo insieme, e prende appunto il nome di "Distanza di Giusta-Visione". Sì, va bene, ma cerchiamo di essere pratici: a quanto corrisponde? Essa corrisponde alla distanza tale che la dimensione maggiore dell'immagine ci appaia all'incirca secondo un angolo di visuale di 15 gradi, il che, con un semplice calcolo trigonometrico, corrisponde sempre all'incirca al doppio della dimensione maggiore dell'immagine da osservare. Semplice, chiaro e facile da mettere in pratica. Se scendiamo sotto questa distanza, anche di poco, allora molto rapidamente iniziamo a perdere la capacità di apprezzare l'immagine nella sua interezza ed il nostro cervello dovrà cominciare ad osservarla per parti per poi ricomporla tutta insieme. Se invece aumentiamo tale distanza, allora l'apprezzamento dell'insieme rimane invariato, ma man mano che ci allontaniamo peggiorerà molto rapidamente la nostra capacità di apprezzare i dettagli, fino a quando non riusciremo più a distinguere nulla. Tutto qui, né più né meno. Ora, una volta che si prende atto di questa peculiarità del nostro sistema sensoriale dovrebbe essere facile rendersi conto che: la risoluzione utile per qualsiasi stampa di qualsivoglia dimensione è quella giusto sufficiente affinché non si distinguano i singoli pixel alla distanza di giusta-visione, e di conseguenza impiegare una risoluzione maggiore di questa è del tutto inutile sotto ogni punto di vista. In altre parole, la struttura fisica dell'immagine deve essere sufficientemente piccola da non poter essere distinguibile alla DGV, ma renderla ancora più piccola di così non migliora la qualità della visione ed è pertanto del tutto inutile. Lo so, adesso nasce spontanea la seguente domanda: e come si calcola questa risoluzione? La risposta è semplice e ve la darò a breve (e risparmiandovi anche i pur semplici calcoli di trigonometria elementare), ma prima voglio sfatare un mito, quello dei 300 punti per pollice. Questa risoluzione si è imposta perché è talmente esuberante che l'occhio umano non riesce a distinguere i singoli pixel neppure a distanza ravvicinata, neanche con l'ausilio di una lente di ingrandimento e persino con una stampante di mediocre qualità (ossia, anche con una ciofeca di stampante vedremo chiaramente le sbavature, ma non i singoli punti). In questo modo si taglia la testa al toro per una gran parte dei problemi di qualità di stampa e per questo è stata universalmente adottata da tutti i produttori, sapendo bene che il cliente è capacissimo di osservare con la lente di ingrandimento. Ma ovviamente, se si osserva dalla DGV questa risoluzione esagerata non serve praticamente a nulla, perché il nostro sistema sensoriale non sarà mai in grado di apprezzarla. Ma c'è un'ultima considerazione fondamentale da fare: la risoluzione dipenda sempre e comunque ANCHE dalla densità di informazione. E noi sappiamo bene che la densità di informazione di un mosaico è (nella migliore delle ipotesi) un terzo di quella reale, mentre nella pellicola come nel Foveon è integrale, ossia il 100%. Di conseguenza, per ottenere alla DGV lo stesso risultato in termini di micro-dettaglio, col Foveon basterà una risoluzione minore di quella necessaria col mosaico (o viceversa). Provare per credere. Ed infine, concludiamo con dei numeretti pratici e concreti per calcolare la risoluzione necessaria per qualsiasi stampa, che si ottengono da questa semplice formuletta approssimata, che vale per una immagine ad informazione integrale: Risoluzione (espressa in punti per pollice) = K / DGV (espressa in millimetri) (Foveon o scansione di qualità da pellicola) dove K è una costante pari a 90000 (novantamila). Nota bene. Questa strana commistione tra diverse unità di misura è una semplice coincidenza, dovuta alla semplificazione per approssimazione, a seguito della quale la costante finale di conversione risulta casualmente molto vicina alla costante di conversione tra millimetri e pollici, ed il loro rapporto è di conseguenza (ripeto: casualmente) molto vicino ad uno. Se l'immagine non è ad informazione integrale, ma proviene da un mosaico, allora la risoluzione necessaria è maggiore, risultando essere circa il 70% in più nel caso più favorevole di assenza di filtro anti-aliasing, ossia: Risoluzione (espressa in punti per pollice) = 1.7 x K / DGV (espressa in millimetri) (immagine da sensore a mosaico senza AA) Se invece il sensore a mosaico è provvisto di filtro AA, allora invece di 1.7 occorre moltiplicare direttamente per 2. Ed ora preparatevi ad una sorpresa finale. Poiché le due formulette sono dei rapporti costanti, ne consegue che la risoluzione necessaria è anch'essa costante, cioè NON cambia al variare delle dimensioni di stampa!!! :wow: Potete quindi calcolare voi stessi che con una immagine Foveon 1800x1200 pixel (per un totale di 2.16 Mpx) sono già sufficienti per QUALUNQUE dimensione di stampa, mentre per una immagine da mosaico ne bastano comunque solo 3000x2000 (per un totale di 6 Mpx) senza filtro AA e 3600x2400 (per un totale di 8.64 Mpx) se il mosaico è ancora dotato di questo oggigiorno ormai inutile filtro. Non ditemi che questa conclusione non vi lasci sorpresi?!... (a meno che non lo sappiate già, non facciamo i furbi! O:-) ) Però, vi sarà molto probabilmente già capitato di leggere di chi sostiene che 8/9 Mpx sono già sufficienti per qualunque stampa di qualità, ma in genere si tratta di professionisti che non perdono tempo a spiegare il perché (ammesso che lo sappiano, dato che a loro interessa solo il lato pratico della cosa). Ebbene, adesso sappiamo anche da dove provenga questo "numero magico" e capiamo anche perché altri parlano invece di soli 6 Mpx ed infine perché col Foveon già la SD10 coi suoi neanche 4 Mpx si rivela essere già più che sovrabbondante per qualsiasi dimensione di stampa Antonello" ----------------///---------------- |
| inviato il 04 Gennaio 2022 ore 14:02
A prima lettura sembrerebbe un discorso molto corretto e condivisibile. Ma ho come l'impressione che sia un discorso scritto da qualcuno bravo con la retorica, che cerca di arrivare a delle conclusioni che paiono ovvie, ma che vogliono mostrare solo quello che fa comodo a chi ce l'ha piccolo (il sensore). Ci sono delle parole che mi hanno INFASTIDITO. “ L'oblio in cui è caduto è in un certo qual modo sconcertante, perché in realtà non solo la DGV è l'unico elemento che conta per stabilire l'idoneità di una data risoluzione per un certo scopo, ma è anche un concetto semplice e, come vedremo più avanti, molto preciso e di facile impiego, CHE NON LASCIA SPAZIO PER LE OPINIONI. „ “ È QUINDI OVVIO  (talmente ovvio che non varrebbe la pena dirlo, ma lo dico lo stesso) che "la virtù sta nel mezzo", DOBBIAMO  cioè osservare l'immagine né da troppo lontano, né da troppo vicino. „ “ la risoluzione utile per qualsiasi stampa di qualsivoglia dimensione è quella giusto sufficiente affinché non si distinguano i singoli pixel alla distanza di giusta-visione, e di conseguenza impiegare una risoluzione maggiore di questa È DEL TUTTO INUTILE SOTTO OGNI PUNTO DI VISTA. In altre parole, la struttura fisica dell'immagine deve essere sufficientemente piccola da non poter essere distinguibile alla DGV, ma renderla ancora più piccola di così non migliora la qualità della visione ed È PERTANTO DEL TUTTO INUTILE. „ “ Potete quindi calcolare voi stessi che con una immagine Foveon 1800x1200 pixel (per un totale di 2.16 Mpx) sono già sufficienti PER QUALUNQUE DIMENSIONE DI STAMPA ,  mentre per… „ Ora, io scrivo da un monitor retina 5K, molto bello, mi ci trovo molto bene. Ha 14,7 megapixel. Che secondo i calcoli sopra, sono ben oltre il necessario per la DGV. Se apro una foto delle mie vecchie fotocamere non arriva neanche a riempire tutto il monitor. Si chiama infatti RETINA DISPLAY, nome commerciale per indicare che hanno una densità tale da non distinguere i singoli pixel a occhio nudo. Ora, io immagino se presentassi dei file di un lavoro medio o mediocre, con le risoluzioni proposte sopra. Mi sentirei dire "OK, QUESTE SONO LE BASSE, QUANDO CI MANDI I TIFF IN ALTA?". Se provassi a spiegare quello sopra che mi sentirei rispondere? Minimo un POLESE, SEI UN ×. Cos'è che è andato storto in questo discorso? Che si è presa la DGV non come raccomandazione, ma come unica corretta. Purtroppo, la DGV esiste solo in un mondo ideale, ma nella realtà succede che guardiamo le immagini nell'insieme, da lontano, ci avviciniamo, ci interagiamo. Le immagini e le fotografie sono oggetti, o si visualizzano su oggetti, che hanno usi differenti, e che possono funzionare con meccanismi differenti. A che distanza guardate uno smartphone? Io a 55cm, il doppio della DGV. Ma anche a 15cm, la metà della DGV. E poi vi dirò di più, uso due dita per zoomare. Per questo il mio monitor Retina ha la densità di pixel massima utile, perché deve soddisfare gli utenti nella maggior parte delle situazioni. Lo stesso vale nelle foto stampate, o anche nell'editoria, in alcuni casi. I libri si sfogliano, si guardano e si apprezzano nell'insieme, ma poi ci avviciniamo a guardare i dettagli. Un catalogo di una collezione di oggetti stampato con risoluzioni "sufficienti" che sensazione vi dà? Di cheap, economico. Ci sono casi in cui può essere una buona scelta, ma vi assicuro che non lo è per altri lavori, per cui occorre una risoluzione sovrabbondante. Oppure ricordo una mostra, una veduta di una città mediorientale, stampata circa 1,5x 1,2 metri. La guardavamo da lontano, e poi andavamo a vedere le antenne sopra le case, le persone nelle piazze, e i cani che stavano facendo la cacca. Sarà stata scattata con una pellicola negativa per banco ottico, e stampata benissimo, in digitale. Ma non arrivava da 8 megapixel, probabilmente ne aveva 10 o 20 volte tanto. Quindi, tutto questo discorso decade nostalgicamente sopraffatto dagli eventi di un mondo troppo veloce per i romantici. Sarebbe uno scritto molto condivisibile, se solo fossimo tutti degli umarell che osservano stampe appese ai muri con le mani dietro la schiena, nel pieno rispetto della corretta DGV. |
| inviato il 04 Gennaio 2022 ore 14:17
Confesso che anche nell'altra discussione ho smesso di leggere quel testo dopo le prime righe. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 17:01
La mia esperienza nel mondo reale è che sia la Sigma SDQuattroH sia la G9/Gx9 producono immagini ipervisive, cioè non posso vederle davvero se non guardandole per frammenti. Forse l'occhio umano in condizioni perfette ha la possibilità di distinguere particolari che si avvicinano davvero ai 300dpi. Ma il resto è sovrabbondante. Se è così 16 milioni di pixel sono già sovrabbondanti. Sardosono dice addirittura 6 o 8 milioni. Comunque la sostanza non cambia: le persone oggi riprendono con macchine in larghissima maggioranza ipervisive, dunque destinate al crop, o a passare le fotografie in algoritmi di riduzione. La riduzione non è affatto un processo che migliora l'immagine come tante e tanti pensano, nel migliore dei casi occorre che quattro pixel lavorino come uno solo, altrimenti in qualche modo l'immagine viene modificata e per quanto possa apparire realistica diventa un artefatto. Qui era il commento originale di Sardosono: forum.foveon.it/index.php?topic=4671.0 |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 17:30
Quoto Maurese. Non entro in formule (che presuppongono regole di visione universali che universali non sono) ma mi baso sulla mia esperienza personale. Ho un telo da proiezione con base tre metri. Lo guardo da tre metri e godo come una scimmia. per una visione più riposante (non migliore, riposante), che limiti o azzeri il movimento oculare, arretro di un metro. Fin qui lato film. Per la stampa già su stampe 90x60 io (e non solo io) la differenza la noto eccome già confrontando 24mpx con 96mpx (ho le due stampe affiancate). MAI ho avuto problemi di visione per eccesso di risoluzione. il discorso tot mpx bastano in base a rapporto fisso dimensione immagine/distanza di visione secondo me è viziato dal fatto che la visione di insieme è solo una delle possibili modalità/fasi della fruizione dell'immagine. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:16
Biga, il discorso che fa Sardosono e che io condivido parte dal presupposto di guardare l'immagine dalla corretta distanza, cioè quella che consente di distinguere il massimo dettaglio dell'immagine completa. Chiaro che se si fruisce l'immagine per frammenti, allora 96 milioni di pixel sono più utili di 24 milioni. Un punto però resta uguale in entrambi i casi (fruizione completa / fruizione per frammenti), cioè che la stampa a 300dpi è efficace soltanto vista da una trentina di centimetri perché è il massimo standard che l'occhio umano può raggiungere. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:24
Certo Canti condivido se si parla di visione di insieme e si tiene conto che non è l'unica visione per fruire di un'immagine. Non si può quindi dire che 6/8/10 mpx siano sufficienti per qualsiasi dimensione di stampa, perché lo sono solo per una fruizione parziale di un'immagine. Pensa solo a un ritratto. Dopo una prima visione d'insieme, mi avvicino sempre molto per osservare da vicino lo sguardo del soggetto. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:27
Fermo che sarà suggestione ma io anche nella visione di insieme nelle foto più risolute percepisco sempre una sensazione di maggiore compattezza dell'immagine |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:29
“ Un punto però resta uguale in entrambi i casi (fruizione completa / fruizione per frammenti), cioè che la stampa a 300dpi è efficace soltanto vista da una trentina di centimetri perché è il massimo standard che l'occhio umano può raggiungere.” Non lo discuto |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:34
Biga, non so se la risoluzione inizia a essere sovrabbondante a 8 milioni di pixel o a 16 (propendo per 16). Però non si va molto oltre, è un limite dell'occhio umano. Quindi una stampa 90x60 a 300dpi può essere vista adeguatamente soltanto per frammenti. “ Fermo che sarà suggestione ma io anche nella visione di insieme nelle foto più risolute percepisco sempre una sensazione di maggiore compattezza dell'immagine „ La sensazione dipende dal dettaglio minuto della scena, se è presente diventa fastidioso perché l'occhio non riesce a risolverlo (se non avvicinandosi e guardando per frammenti). Tipo certe stampe di Campigotto. Poi per carità uno fa come vuole |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:39
Non mi è chiaro il senso di “adeguatamente” in rapporto all' avere troppa risoluzione per una visione di insieme … |
user225138 | inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:44
“ Purtroppo, la DGV esiste solo in un mondo ideale, ma nella realtà succede che guardiamo le immagini nell'insieme, da lontano, ci avviciniamo, ci interagiamo. „ E infatti, quando lo facciamo, sbagliamo. Perché chi ha creato quell'immagine, se possiede un minimo di competenza, l'ha concepita nella sua interezza, pensando e prevedendo l'effetto sul suo fruitore della visione complessiva, e non per frammenti, della stessa. È come se, ascoltando una sinfonia, isolassimo i singoli strumenti e li ascoltassimo separatamente. O se volessimo guardare un'opera teatrale dalle quinte invece che dalla platea. Va bene per uno studioso di musica o di teatro, forse, ma si perde del tutto il contenuto, il messaggio, perfino l'anima dell'opera. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:45
Il massimo potere di risoluzione dell'occhio è a circa trenta centimetri di distanza e arriva (forse) ai famosi 300dpi, in queste condizioni al massimo si può vedere completamente circa un formato A3. Quindi stampare per esempio a 300dpi un formato A0 porta ad un'immagine che non può essere vista adeguatamente, cioè non si può vedere il massimo dettaglio dell'immagine completa. L'occhio resta resta sospeso in una visione confusa. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 18:47
Vedere l'immagine per frammenti significa perdere la composizione che è la chiave dell'immagine. |
| inviato il 05 Gennaio 2022 ore 19:46
Concordo. Avete presente i quadri di natura morta od i vasi di fiori del '700? Li guardi alla GDV, li apprezzi, poi vai a vedere le ali della mosca posata sul vaso alla distanza di visione che l' accomodazione dell' occhio consente (ipermetropia o presbiopia permettendo). Nelle foto, in genere si fa la stessa cosa, e li viene il bello! |
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