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Etica del colore e altre ammenità


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avatarjunior
inviato il 22 Dicembre 2016 ore 23:16

Mi sto ritrovando in una fase dove sto valutando moltecipli tecniche diverse di post produzione di uno scatto con risultati più o meno interessanti, tutte per dare più spessore alle mie fotografie, più mood, il tutto senza andare a stravolgere mai la foto od i suoi colore, fino ad oggi.

Mi sto ritrovando in un dubbio di etica natura; mi spiego meglio: Per voi è una pratica accettabile cambiare completamente un colore per riflettere meglio il significato dell'immagine, anche se nello scatto originale non era neanche lontanamente così?
Vi faccio il mio esempio pratico: ho uno scatto di una barca ancorata vicino la spiaggia, la spiaggia non è visibile ma la barchetta è molto vicino alla riva. L'acqua del mare per i primi 10 metri dalla riva è trasparente, quindi riflette il colore marroncino della sabbia, dando la sensazione di un acqua sporca, tipo fiume, passati i 10 metri l'acqua assume il suo classico colore blu scuro. Grazie alle magie di Photoshop posso cambiare il colore dell'acqua vicino la riva da marroncino ad un ciano-turchese stile mare delle bahamas (nella foto si tratta comunque di un mare tropicale, isola Pago Pago) che ovviamente da all'immagine un altro valore...e sarei io l'unico a sapere che lì non è di quel colore originariamente.

Quindi il dubbio etico è questo, si possono cambiare i colori (senza snaturarli rispetto all'immagine) per comunicare meglio lo scatto, oppure i colori di una foto debbano essere sempre gli originali ed al massimo si può giocare con i loro valori tonali?

Mi piacerebbe sentire qualche opinione

avatarsenior
inviato il 22 Dicembre 2016 ore 23:30

in pratica dici " cambio l'immagine all'insaputa di tutti, è etico? "
ed il cambimento riguarda il colore ma solo in un'area.

Non lo so.
ma è come riprendere una foglia rossa e farla gialla, senza modificare il resto.
Hai interferito sull'insieme ma nessuno (se shoppi bene) lo scoprirà.

in realtà quasi nessuno, perchè tu lo sai.
e la tua domanda sott'intende un'inquetudine.

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 0:26

diende tutto dallo scopo della fotografia. In ambito documentaristico per me è sbagliato, in ambito artistico è giustissimo.. insomma se pubblichi la foto e scrivi: o ragazzi andate tutti su questa spiaggia da favola, mare meraviglioso. io accetto il tuo consiglio, ci vado e poi ti lancio ogni tipo di maledizione MrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreenMrGreen

avatarjunior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 0:34

Io sono per plasmare la foto a proprio piacimento. Se per far passare un messaggio devo dipingere la foglia di verde con PS allora lo faccio. Tutto sta in quello che serve al momento; è importante la rappresentazione della realtà o il messaggio che vuoi dare? Nel primo caso la fedeltà è importante, nel secondo è importante solo la tua idea.

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 0:49

Una sola regola : nessuna regola.
Alla fine quello che esce può essere straordinario, bello, discreto, scarso, brutto etc...

avatarsupporter
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 3:15

Quoto Bergamini al 100%

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 8:36

Una sola regola : nessuna regola

Così però si finisce per non avere nemmeno più un "messaggio" da trasmettere, perché le regole sono anche e soprattutto di "linguaggio", cioè servono all'autore per dire determinate cose, e all'osservatore per recepirle. Il dialogo è possibile solamente utilizzando le medesime regole linguistiche.
Per questo ogni contesto dovrebbe possedere proprie regole fondamentali; al limite, se non si occupa di reportage, naturalistica e simili, ogni autore può instaurare regole proprie, compreso il "nessuna regola", poi però deve in qualche modo rendere partecipe di questa sua decisione anche l'osservatore, altrimenti non c'è più nessun messaggio possibile se non la ricerca di un generico WOW e di qualche like estemporaneo.
Il "nessuna regola" si adatta molto bene ad una situazione in cui non si voglia trasmettere nessun messaggio, ma solamente lasciare che ciascun osservatore venga colpito da sensazioni ed emozioni esclusivamente proprie (e come tali non condivisibili), ma se si esclude l'astrattismo la vedo dura come strada da percorrere per immagini che non possono fare a meno della natura "descrittiva" del mezzo fotografico: giusto le macro di gocce d'olio sul pelo dell'acqua e roba simile. Però se qualcuno ci riesce può diventare un maestro anche in questo.
Quindi il problema è fondamentalmente personale: se vuoi realizzare "documenti" sai già che esistono apposite regole (te lo dice proprio quell'inquietudine derivante dal dubbio etico che anche Ooo evidenziava), se invece il tuo intento è più "artistico" dovrai cercare dentro di te quali siano le regole e gli eventuali limiti che più si adattano al tuo operato e all'eventuale messaggio che vuoi trasmettere. Quello che conta però, e lo ribadisco, è che poi tu ne renda partecipe in qualche modo l'osservatore, pena la perdita proprio di quel messaggio.

user16612
avatar
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 8:59

Facciamo un paragone con la scrittura.
Se io leggo un articolo di cronaca, mi aspetto che ciò che è scritto sia la verità, quel che realmente è accaduto.
Se leggo una biografia, idem.
Se leggo un thriller so che si potrebbe trattare di una storia inventata ma inserita in un contesto reale.
Se leggo un romanzo fantasy so che è tutta un'invenzione.
Gli esempi potrebbero continuare per ore, anche considerando il cinema, la poesia, la pittura.


Quali di queste letture sono giuste e quali sbagliate? Nessuna. Dipende dal motivo per cui sono state scritte e dal contesto in cui vengono lette.

Per la fotografia è uguale, dipende dalle tue finalità.

Certo sarebbe auspicabile che si smettesse di pensare che l'unica funzione della fotografia sia essere la fotocopia della realtà e tutto il resto una sòla. Ne trarremmo giovamento un po' tutti ;-)



PS buone feste a evribadi!

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 9:06

Quoto nonnograppa, basta anche solo pensare al bianco e nero, chi ha mai visto il mondo in scala di grigi? MrGreen

A parte le boiate, se la foto è tua sei tu che decidi come lavorarla nel modo più funzionale possibile al messaggio, lascerei perdere altri discorsi di "etica" le immagini sono le nostre schiave quindi possiamo maltrattare, io lo faccio sempre

avatarjunior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 9:19


sarò all'antica ma a me piace distinguere la foto dal "quadro digitale": se il colore cambia completamente, ci si avvicina di più alla professione del pittore 2.0 (il quale al posto del pennello utilizza la tastiera di un computer).
Premesso che il mondo è vario e ognuno è libero di fare ciò che vuole, per come la vedo io, correttezza vorrebbe, scrivere (ove possibile come ad esempio su questo sito) chiaramente la modifica effettuata in modo che tutti possano saperlo e farsi un'idea più veritiera del posto.

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 9:27

Io direi: fai ciò che senti di fare in quel momento, in quella situazione. Lo sviluppo è una parte creativa quanto lo scatto. Potrai sempre cambiare il tutto e fare il mare viola, se ti andrà, oppure trasformarlo in un bel notturno, o in un bianco e nero. Poniti dei limiti se li ritieni necessari. Non porli se per te sono ininfluenti. L'etica lasciala per altre cose. Ovviamente sempre prescindendo da fini documentaristici.

user90373
avatar
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 9:37

Quando si parla di "immagine" ognuno può far quel che desidera, anche ricavarla da una "fotografia".

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 10:12

Quando si parla di "immagine" ognuno può far quel che desidera, anche ricavarla da una "fotografia".

Prendo spunto da questo intervento, ma ce n'erano altri simili, per ribadire che il problema non è quello di definire ciò che possiamo o non possiamo fare con le nostre foto (ci mancherebbe), ma di definire il contesto in cui le presentiamo e quello che vogliamo che dicano o non dicano all'osservatore; sono queste cose che determinano o meno l'esigenza di eventuali regole e limiti da porre al nostro modo di operare.
L'insofferenza verso "le regole" nasce dal fatto che siamo abituati a considerarle come un'imposizione dettata dall'alto e finalizzata a frenare la nostra creatività, mentre invece dovremmo renderci conto che siamo noi a dover elaborare le regole giuste per fare in modo che quella determinata immagine raggiunga lo scopo per cui l'abbiamo creata; che poi in gran parte queste regole già esistano concettualmente e che il nostro lavoro sia quello di spulciarle e decidere di volta in volta quali applicare, quali no, e quali creare ex novo, non credo proprio che costituisca una limitazione alla nostra creatività, anzi, credo che costituisca il solo modo per chiarirci le idee e vedere se siamo capaci di previsualizzare il risultato finale al momento dello scatto. La tanto decantata previsualizzazione, di cui si parla da decenni, ma che pochi si prendono la briga di capire cosa sia, è in gran parte frutto di regole che il fotografo elabora e sperimenta proprio per raggiungere quella capacità: si tratta solo di esplicitarle in qualche modo anche all'osservatore; ma prima dobbiamo averle chiare noi.
Molte volte mi chiedo se la negazione delle regole non sia un alibi per nascondere la nostra incapacità di dare un indirizzo preciso alle nostre foto fin dal momento dello scatto (e mi ci metto dentro anch'io, perché la tentazione di scattare ad minchiam a qualunque cosa colpisca la mia immaginazione, senza prima chiedermi perché mi ha colpito, trapela ancora quantomeno dalla massa di scatti che cestino appena li rivedo a monitor)

avatarjunior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 10:23

Insomma dovremmo avere un'età a anche per quanto riguarda il trattamento dei colori in postproduzione? Seriamente?

avatarsenior
inviato il 23 Dicembre 2016 ore 10:32

Insomma dovremmo avere un'età a anche per quanto riguarda il trattamento dei colori in postproduzione? Seriamente?
Eeeek!!!Eeeek!!!Eeeek!!!
Non ho capito cosa volevi dire

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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