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Mario Giacomelli (Senigallia, 1 agosto 1925 - Senigallia, 25 novembre 2000)
Mario Giacomelli nasce a Senigallia (Ancona) nel 1925, è il maggiore di tre fratelli e all’età di 9 anni perde il padre. In questo periodo comincia a dipingere e a scrivere poesie. La madre trova lavoro come lavandaia presso il locale ospizio. Qualche anno più tardi (1955) Mario ritornerà in quel luogo, dove realizzerà le immagini della serie “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, titolo ripreso da Cesare Pavese. Avrà modo di dire in seguito che tra tutte le immagini, quelle dell’ospizio di Senigallia gli hanno procurato le più grandi emozioni. La prematura perdita del padre, costringe Mario ad iniziare presto a lavorare come garzone in una tipografia di cui diventerà in futuro proprietario. Il tempo della scuola viene sovente impegnato in tipografia, la magia della stampa lo cattura e a 13 anni decide di fare il tipografo. La “Tipografia Marchigiana” affacciata sulla piazza che, nel centro di Senigallia, celebra con un monumento Papa Mastai Ferretti (Pio IX), ha chiuso le sue serrande nel Dicembre del 1999. Il 1953 segna la svolta nella vita di Giacomelli, acquista infatti per 800 lire una macchina fotografica e il giorno di natale si reca sulla spiaggia per scattare la sua prima fotografia. E’ solo di fronte al mare che lambisce la spiaggia con le sue onde, scatta e muovendo la macchina al momento dello scatto ottiene la sua prima fotografia “L’approdo”, immagine della battigia carezzata da un’onda come un colpo di pennello. Vicino alla tipografia abita una persona che tanto peso ha avuto nell’inserimento delle Marche sul dibattito che, a livello nazionale, si stava sviluppando sulla fotografia, quest’uomo è Giuseppe Cavalli. Avvocato, uomo di lettere, profondo conoscitore di Croce (cita spesso a memoria passi del “Breviario” al giovane Giacomelli, chiedendogli poi opinioni a cui il “nostro” risponde invariabilmente “non ho capito” o “non sono d’accordo”) ma anche esperto di tecnica e storia della fotografia, fondatore nel 1947 con Leiss, Finazzi, Vender e Veronesi de “La Bussola”, storico circolo le cui idee crociane furono espresse nel Manifesto pubblicato da “Ferrania” nel maggio 1947. Dopo alcuni anni tuttavia il successo iniziale riscosso da “La Bussola” comincia a venir offuscato dal progressivo affermarsi di un altro gruppo storico “La Gondola” guidato da Paolo Monti, alle cui immagini molti giovani si avvicinano, colpiti dal loro grande vigore espressivo. E’ forse questo uno dei motivi per cui, nel 1953, Giuseppe Cavalli fonda proprio a Senigallia il gruppo “Misa”, di cui Giacomelli e Piergiorgio Branzi rappresentano le “giovani speranze”. Nel “Misa” non c’è la presenza egemone delle idee di Cavalli come ne “La Bussola”, è un gruppo aperto dove ognuno è libero di condurre le ricerche che vuole, sono così inevitabili gli scontri, soprattutto tra Giacomelli e Cavalli stesso. “Cavalli purtroppo vedeva solo da una parte e allora litigavamo sempre” avrà modo di dire Giacomelli. Del gruppo “Misa” Mario Giacomelli è cassiere per alcuni anni. Nel corso delle discussioni all’interno del “Misa”, Giacomelli conosce le opere di Paolo Monti, apprezzandole al punto di arrivare a dichiarare “Cavalli diceva che era il nemico pubblico n° 1, ma a me Monti mi faceva morire!”. E sarà proprio Paolo Monti (in giuria con Roiter e Comisso, tra gli altri) a dargli la soddisfazione del premio al miglior complesso di opere al Concorso di Castelfranco Veneto nel 1955. “Apparizione è la parola più propria alla nostra gioia ed emozione, perché la presenza di queste immagini ci convinse che un nuovo e grande fotografo era nato” dichiarerà in seguito lo stesso Monti. Nel 1956 Cavalli, forse nel tentativo di svecchiarla, lo chiama a far parte insieme a Branzi de “La Bussola”, da cui uscirà ben presto per insanabili divergenze. Del 1957-59 è la serie di immagini riprese a Scanno, Giacomelli rimane affascinato dall’atmosfera fiabesca del luogo, che aveva già colpito altri grandi fotografi, tra cui Henri Cartier Bresson. Sempre del 1957 è la serie “Lourdes” seguita, nel 1958, da “Zingari”, “Puglia” e, nel 1959, (ripresa nel 1995) “Loreto”. Del 1961 sono le immagini di “Mattatoio” e nello stesso anno inizia a lavorare alla serie “Io non ho mani che mi accarezzino il viso”, titolo ripreso da uno scritto di padre Turoldo. Le immagini sono riprese nel Seminario Vescovile di Senigallia, che Giacomelli frequenta per un anno prima di dar forma alle foto vere e proprie. In questo ambiente i giovani seminaristi sono ripresi in momenti di ricreazione, le foto restituiscono l’incanto di uno spazio umano, ma al tempo stesso sospeso in una sorta di astrazione temporale. Nel 1963 inizia la grande stagione di mostre che porteranno le sue immagini nei più grandi spazi espositivi del mondo, dalla Photokina di Colonia nel 1963 al MOMA di New York (1964), dal Metropolitan di new York (1967) alla Bibliothèque Nationale di Parigi (1972), dal Victoria & Albert Museum di Londra (1975) al Visual Studies Workshop di Rochester (1979 e poi Venezia, Providence, Parma, ancora New York, di nuovo Colonia, Mosca, Arles, Amsterdam, Tolosa, Bologna, Londra, Rivoli fino alle antologiche di Empoli, Losanna e Roma (purtroppo postuma). Risale agli anni 1964-66 “La buona terra”, seguita da “Caroline Branson” del 1971-73, lavoro ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, poi “presa di coscienza sulla natura (1980-94), la grande serie dei paesaggi. Su testi del poeta Permunian si fonda “Il Teatro della neve” (1985-87) seguita da “Ninna Nanna” e “A Silvia” (1987-88), lavoro pensato in origine per un programma televisivo. Nel 1986 muore la madre, a cui aveva dedicato nel 1955 un intenso ritratto. Tra i lavori più recenti ricordiamo: “Il mare dei miei ricordi” (1991-94), “Io sono nessuno” (1994-95) su testi di Emily Dickinson fino ad arrivare a “Questo ricordo lo vorrei raccontare” (1998-2000) e “Bando” (1998-99) ciclo di immagini in serie di 4, ispirate ad una poesia di Sergio Corazzini e presentato nel 1999 alla XXIV Biennale d’Arte contemporanea di Alatri. Il 25 novembre 2000, all’età di 75 anni, Mario Giacomelli si è spento nella sua casa di Senigallia.
Il suo manifesto “Per me che uso la macchina fotografica è interessante uscire dal piano orizzontale della realtà, avere la possibilità di un dialogo stimolante perché le immagini abbiano un respiro irripetibile. Riscrivere le cose cambiando il segno, la conoscenza abituale dell’oggetto, dare alla fotografia una pulsazione emozionale tutta nuova. Il linguaggio diventa traccia, necessità, spirito dove la forma si sprigiona non dall’esterno, ma dall’interno in un processo creativo. Lo sfocato, il mosso, la grana, il bianco mangiato, il nero chiuso sono come esplosione del pensiero che dà durata all’immagine, perché si spiritualizzi in armonia con la materia, con la realtà, per documentare l’interiorità, il dramma della vita. Nelle mie foto vorrei che ci fosse una tensione tra luce e neri ripetuta fino a significare. Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio. Il linguaggio è così la coscienza espressiva interna che ha accarezzato la realtà pur rimanendo fuori, è l’attimo originale, testimone di una realtà tutta mia, un prelievo fatto sotto la pelle dell’oggetto, guidato fuori dalle regole per una libertà che è anche allargamento alle possibilità del reale. Mario Giacomelli” digilander.libero.it/marcphoto/giacomelli/
Allargato? Avevo raccolto "quasi" le stesse immagini per il laboratorio fotografico di mercoledì prossimo (un lavoro di confronto e proposte con i miei allievi di lettere al liceo). Giacomelli tocca il cuore come pochi, per la sua capacità di raccontare. "Mattatoio" e "Io non ho mani.." mi hanno folgorato a Venezia'79. Allargati pure, caro benefattore! A questo punto oso chiederti il permesso di utilizzare questo tuo bellissimo lavoro come linea guida per il laboratorio, nella parte di lettura dell'immagine, ovviamente citandoti...
user39791
inviato il 07 Febbraio 2016 ore 16:34
Grazie a te! Per quanto mi riguarda poi utilizzare tutto ciò che ritieni opportuno!
Ps. il video se uno ha la pazienza di vederlo è fantastico! Da 3.50 - 6.20 per chi ne ha poca!
Alcune sue fotografie già le conoscevo...se devo fare una considerazione mia personale, credo che tecnicamente non sia mai stato perfetto ma neanche mai banale...fotografie che hanno sempre qualcosa da raccontare, ed è questo il suo grande valore aggiunto. Sicuramente tra i grandi del passato, poi è italiano, il che rende sempre orgogliosi!
user39791
inviato il 08 Febbraio 2016 ore 11:49
Disse di se: A volte, guardando l’immagine del fotografo e sentendo quello che dice si potrebbe pensare che questi sia pazzo. Si potrebbe benissimo parlare di pazzia, che poi è una cosa bella. Io parlo e agisco come un pazzo, ma penso di non esserlo.
Ma tu pensa Filiberto.... Proprio ieri, costretto in casa dal maltempo, ho riletto "La figura nera aspetta il bianco", un libro che mi permetto di consigliare non solo per le foto del Giacomelli, ma anche per gli scritti che accompagnano i suoi lavori. Ciao!
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