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Marro
www.juzaphoto.com/p/Marro



avatarLa mia Etiopia
in Articoli il 03 Aprile 2020, 10:18


Come detto altre volte, L'Etiopia merita tanti viaggi. Questa e' la seconda parte del racconto precedente. Sono pezzi scritti qua e là, e descrivono le nostre esperienze tra la Dancalia, I monti Siemen, e la Valle dell'Omo. Se avete pazienza e voglia sedetevi e leggete.





Il 30 luglio dopo ore di fuoristrada nel nulla siamo ai piedi del vulcano di Erta Ale. E' uno dei posti più caldi al mondo. Le minima è di 35 gradi, le massime sfiorano tranquillamente i 50. Mangiamo qualcosa in un campo militare dove ci sono i soldati che ci faranno da scorta. Il confine con l'Eritrea è vicinissimo e i rapporti non sono dei migliori. La sera quando le temperature sono più clementi cominciamo a percorrere i 10 km che ci porteranno sulla cima del vulcano. Credo di non aver mai faticato tanto in vita mia. Il dislivello non è esagerato, ma il percorso, pieno di sassi, è scomodo. In più è buio, fa caldo, l'acqua è caldissima e lo zaino pesa. Sono stanco. Poco prima della mezzanotte siamo sulla cima del vulcano. Per un attimo mi riprendo: l'adrenalina è la droga più potente al mondo. Provo a fare qualche foto a quel mare di lava, poi desisto, faccio una foto ad uno dei soldati che ci ha accompagnato e scelgo semplicemente di godermi lo spettacolo.



Ci allontaniamo poi di un centinaio di metri dalla vetta per dormire per terra e all'aria aperta per non più di tre giri di lancette e quando ancora il sole non è sorto cominciamo la discesa verso il campo militare per sfruttare al massimo le ore "fresche" della giornata. Una ragazza davanti a me perde la suola delle scarpe. I cinesi continuano a dividersi il prezioso aiuto di qualche cammello. Continuo ad essere stanco, ma questa volta ho anche fame. L'acqua è sempre più calda e le gambe fanno male. Poco dopo il sole sorge e in poco tempo arriviamo al campo. Qualcuno che se rivedessi oggi nemmeno riconoscerei mi attende con un ex barattolo di fagioli pieno d'acqua e me lo rovescia sulla testa. Ho percorso più di 20 chilometri nelle ultime dodici ore. Non ho mangiato, ho dormito poco e per terra, ho bevuto acqua calda da far schifo. Credo di poter dire che sia stata la doccia migliore della mia vita. E Questo pensiero non mi stupisce. Però...


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avatarL' inattesa Abuna Yemata Guh
in Articoli il 02 Aprile 2020, 10:49


L'Etiopia e' un paese che vale ben più di un viaggio soltanto. E, per questo motivo, vale anche più di un racconto. In questi giorni di quarantena ho il tempo per organizzare sia qualche fotografia scattata nei vari viaggi, sia qualche scritto relativo ad essi. Per di più mi e' capitato di postare una foto che ha avuto un discreto successo e questo articolo rappresenterà una spiegazione di come e' nata.
Questo viaggio, nel 2017, nacque all'ultimo momento anche se probabilmente e' stato quello che fra tutti quelli fatti necessitava di una preparazione e organizzazione più approfondita possibile. Partimmo in tre e, in barba ai vari programmi di viaggio che consigliavano o il nord (Dancalia, Lalibela o Etiopia Storica, Monti siemen) o il sud (Valle dell' Omo, Bale Mountains), in poco meno di tre settimane, noi decidemmo di provare a fare un pò di tutto, aggiungendo anche una piccola puntatina ad Harar,un gioiello inaspettato. Unica cosa che organizzamo in questo viaggio direttamente dall'Italia, attraverso un copioso scambio di mail, fu un Tour di qualche giorno della Dancalia. Questo e' il racconto di come arrivvammo in ritardo di un giorno alla partenza di quel tour, di come aggiungemmo un' ulteriore tappa a quel viaggio (senza levarne incredibilmente nessuna), e dell'ennesimo rafforzamento di un'amicizia che ci vedeva legati (e ci vede legati anche oggi) da più di dieci anni. L'impulso a scrivere dello scritto che ormai ha un paio di annetti buoni invece, fu figlio di una situazione lavorativa di gruppo, che ebbe esiti e presupposti completamente diversi da quelli che ho raccontato, ma non per questo fu meno formativa.
Ecco, fatta questa doverosa premessa, lascio ora, a chi di voi avrà la voglia e la pazienza di leggermi, ciò che scrissi, sperando che in questo modo il racconto risulti più chiaro. Allora si Inizia! (.......)
Credo di aver cominciato a scrivere il racconto finale di questo viaggio una dozzina di volte. E per una dozzina di volte mi sono trovato a cancellare tutto. Evidentemente doveva andare così: dovevo raccontarvi ancora una cosa, che in realtà non risale ai giorni passati nella Valle dell'Omo, ma ai primi giorni delle nostre vacanze. Lo faccio ora non perché non abbia prima percepito la rilevanza di certi accadimenti, ma perché ho sempre pensato che ci sono alcune persone, situazioni ed emozioni, che hanno bisogno soltanto di fatti. E lo dico io che amo le parole,...


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avatarL'ultimo Madagascar
in Articoli il 30 Marzo 2020, 11:36


Credo di non avere scuse Giovane Vecchio. Non posso dire di non avere il tempo per scrivere il classico racconto. Il tempo e' una delle poche cose che adesso non mi manca e mai avrei pensato di dire una frase del genere. Già prima di questa situazione sapevo che con molta probabilità questo sarebbe stato, almeno per un pò, l'ultimo viaggio con gli stessi amici che tu ben conosci. Più sono andato avanti e più e' stato difficile provare a descrivere un Paese in base alle nostre esperienze e questo perche' ai pensieri di un viaggio si mischiano i ricordi e soprattutto gli apprendimenti tardivi di quelli precedenti. Siamo come degli ipotetici Karate Kid che diamo la cera e togliamo la cera, ma solo con il tempo capiamo perche'. Credo che se un viaggio fosse un oggetto sarebbe una matrioska e se fosse una figura retorica una sineddoche. Questo viaggio quindi sarà presente in tutti quelli che farò, ma e' stato anche tutti i viaggi che ho fatto. E come le altre volte, questa non ha fatto eccezione: la felicità non l'ho trovata solo nella meta, ma anche nel cammino. Ti racconterò allora Giovane Vecchio, che questo viaggio e' iniziato in solitaria. Per un errore bianco dei miei compagni ho passato una notte all'aeroporto di Nairobi. Ho scritto, anche lì, perche' di tempo ne avevo. Fantasticavo storie su chi mi era vicino, pensavo a Bussola, alla donna in Tanzania che non vedeva. Pensavo alla donna che aveva tre paia di occhiali: uno per il capo, uno per il mondo e l'ultimo per me. Una volta arrivato, i successivi spostamenti sono stati intervallati da pochi ma importanti momenti: una doccia calda, un filetto squisito mangiato con una coperta addosso, una scalata con l'imbracatura, un pranzo in compagnia di una mangusta, l'attraversamento di un fiume tirati da una fune.


In questa prima parte di viaggio al nostro fianco c'era Robespierre, con tutta la sua esuberanza. Robespierre e' un ragazzo simpatico che ama le donne scure, le birre bionde e ha una strana teoria. Per Andare da A(Morondawa) a B(Tulear) secondo lui ci vogliono tre giorni passando per C(Manja), ma se gli chiedi quanto ci vuole da A a B ti risponderà che basta un giorno, e un ulteriore giorno servirà poi da B per arrivare a C . Io mi perdevo nei suoi discorsi e non capivo dove andava a finire quel...


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avatarFuga all'equatore
in Articoli il 17 Marzo 2020, 12:57


Le lucciole danzano sulle mangrovie, mentre Adi ci riporta dalla donna dei sogni che non avevamo avuto paura di abbandonare. Nise decide di saltare la cena che noi consumiamo lungo strada. Ordiniamo un po' d'acqua, che la bambina dagli occhi grandi ci consegnerà solo dopo un mirato viaggio con la bicicletta e il solito nasi goreng.
È la sera del 31 luglio e ormai il nostro viaggio sta per finire. Abbiamo visto Draghi, principesse, vulcani, scimmie più umane degli umani. Aspettiamo solo di raggiungere delle sperdute isole che neanche gli indonesiani conoscono, che sono da qualche parte lì, vicino l'equatore. Il 1 agosto quindi sarà tutto di viaggio. Lasceremo il Kalimantan di mattina per riassaporare la vita metropolitana e non di Surabaya tra mercati di tutto e bisogni di niente, per ritornarci la sera. A Berau insistono che dobbiamo prendere necessariamente due macchine private per continuare ad avvicinarci all'arcipelago delle Derawan e noi cediamo controvoglia. Sulla strada incontriamo un istrice e un serpente. Arriviamo a destinazione la sera tardi, dopo un giorno di spostamenti, curve e pasti saltati. Troviamo un posto per passare la notte. La doccia è il solito secchio, i muri e pavimenti sono storti ma i colori mettono allegria. L'indomani il proprietario mi dice di fare qualche foto che vuole farsi pubblicità (sic!). Veniamo dal nulla e un intero giorno di spostamenti non ci ha fatto arrivare a destinazione. Siamo solo in un altro nulla. E l'indomani dobbiamo cercare un modo per arrivare su un'isola. L'ennesimo nulla che nulla non è…

Quando faccio le scale per scendere in magazzino ho mille deja vu. Succede perché è un'azione ricorrente. Penso a cosa devo dire agli operai, cosa devo cercare, cosa in generale dovrò fare nel resto della giornata. Anche in viaggio i deja vu si sprecano. È il 2 agosto e siamo all'ennesima contrattazione per prendere un mezzo che ci porti dove vogliamo.. A Tanjung Batu la conoscenza dell'inglese è confinata alle espressioni “Hello mister” e “speedy Boat”. È quindi una piccola impresa per noi partire e arrivare prima a Derawan e, dopo un po' di foto, a Maratua.
Sul pontile in legno dove ci lasciano capiamo che siamo arrivati in un piccolo paradiso terrestre. Dopo un attimo di smarrimento e contemplazione, il nostro Caronte ci indica una casa dietro le palme per poter dormire. In realtà dormiremo nella casa di fronte, in due stanze separate, una che prima del...


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avatarduplicatore
in Obiettivi il 18 Agosto 2019, 15:32


ciao, scusate ma volevo sapere come si monta il duplicatore della canon 2x con l'obiettivo canon 70-300 serie L- io proprio non riesco, non so se mi manca un pezzo o non sono compatibili. grazie


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avatarLa giraffa innamorata
in Articoli il 10 Aprile 2018, 20:04


Nel 2015 con il solito gruppo facciamo un viaggio di 20 giorni in Tanzania. Quelli che seguiranno saranno racconti sparsi scritti al ritorno. buona lettura.

Sono dodici anni che viaggio sempre con la stessa compagnia. A qualcuno le modalità con cui noi decidiamo di viaggiare piacciono, ad altri meno. Qualcuno prova invidia, qualcun altro quasi tenerezza. Non tutti i viaggi hanno avuto lo stesso indice di gradimento, ma mai nessun viaggio si è rivelato brutto o inutile. Tra le tante particolarità di questo tipo di viaggi ce ne è una che mi piace parecchio: in tre settimane abbiamo l'opportunità di legare cose improbabili. Mi piace il fatto che all'interno dello stesso viaggio ci sia spazio per fare e vedere tante cose, magari diversissime tra loro. Nel nostro primo viaggio, per capirci, visitammo il famoso Prater di Vienna (un luna Park), il quartieri a luci di rosse di Amsterdam, il muro di Berlino e i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Ecco. Questa cosa mi piace perché io credo di essere come un dado con molte facce, anche se spesso mi rendo conto che le persone si concentrano solo su alcuni aspetti. Chi scava invece, per fortuna, vede anche altro. Accanto ad una vena malinconica e riflessiva c'è anche tanta voglia di leggerezza e amore per la vita. Quest'anno meta del nostro viaggio è stata la Tanzania.Il 20 Luglio appena atterrati nella capitale Dar es Salam, ci dirigiamo alla stazione dei bus, direzione Arusha, dove cominceremo il nostro viaggio tra parchi nazionali. Continueremo con Masai (autentici e ballerini), trekking, montagne e mare, proprio alla ricerca della diversità e varietà di cui sopra. Questa è una delle prime foto fatte dal bus. Il primo giorno sarà solo di viaggio. Buona strada.[IMG2]1468100[/IMG2]

Jallalah è il grande burattinaio. Chiba e Cracco, invece, sono le marionette che ci accompagneranno in una settimana tra safari e villaggi. Dopo aver visitato il Lake Manyara National Park il 22 luglio partiamo alla volta di Gilai Bomba. C'è molta curiosità per questo posto dimenticato da internet e dalla Lonely planet. Avevamo chiesto di poter fare un'esperienza con i Masai che fosse diversa dalle solite inserite nei percorsi turistici e che qualcuno di noi aveva già fatto in Kenya. Non volevamo che ci proponessero braccialetti, balli e lezioni su come accendere un fuoco. Che ci aspetti un'esperienza diversa lo intuiamo durante il viaggio. La Jeep sobbalza in terre aride in...


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avatarAlla ricerca dell'Orang(o)
in Articoli il 01 Novembre 2017, 10:48


Questo articolo è la seconda parte della trilogia indonesiana. Sempre nel 2014, dopo aver visitato i villaggi di Flores, raggiunsi il Kalimantan (la parte indonesiana dell'isola del Borneo) con lo scopo di vedere e fotografare gli oranghi. Arrivammo tramite l'ennesimo aereo senza aver prenotato nessun tour dall'Italia e, sebbene siamo stati molto fortunati, ad oggi consiglierei di arrivare sul posto già con qualche contatto, o quantomeno non arrivare come facemmo noi con i giorni contati. Vi lascio quindi ai racconti di allora, che chioserò di tanto in tanto quando lo riterrò opportuno per non renderli troppo fumosi. Buona lettura.[IMG2]2534798[/IMG2] Adi non si fermò ai primi cento no, che poi in realtà erano un “dopo vediamo”, come quelli dei genitori quando eravamo piccoli nelle feste di paese.
Arrivammo a Pangkalan Bun con un po' di ritardo, e senza un tour per visitare il Tanjung Puting in kotlok lungo il fiume (Sekonyer). Ci aspettavamo di trovare all'aeroporto orde di procacciatori, stile Varanasi, mentre incontrammo solo l'indifferenza generale. La scoperta non trascurabile fu però che persona in indonesiano si dice Orang.
Poi il destino sotto forma di tassista ci aveva portato a Kumai da una donna bellissima che sarebbe riuscita a metterci su una barca, farci accarezzare il fiume e vedere gli oranghi. Il problema è che noi preferivamo un klotok tutto per noi e questo sembrava non essere possibile.
Ci congedammo quindi da tanta bellezza, formando due gruppi alla ricerca di agenzie, barche o geni della lampada. Io invece avevo il compito di fermarmi per strada e guardare gli zaini dell'allegra compagnia. Poco importa se passai quel tempo soprattutto a parlare, fare panning e foto ad un tizio che annaffiava la strada.
Fu allora che Adi si avvicinò, con estrema gentilezza e con il solito refrain, che comprendeva Valentino Rossi, Andrea Pirlo e Mario Balotelli. Provò subito a vendermi un tour con la sua barca che sua non era. Io gentilmente gli spiegavo che avevo quattro amici in giro per Kumai che potenzialmente nel momento in cui noi stavamo parlando avrebbero potuto prenotare tutto…da una zattera ad un transatlantico. Invece la compagnia tornò a mani vuote e ci trovammo a pesare le due proposte: quella della donna dei sogni e quella di un uomo che sognava, capitato lì per caso mentre facevo foto ai passanti. Giorni dopo in Italia qualcuno mi avrebbe detto che “un uomo solitamente vende ciò che non ha, mentre una donna...


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avatarPerù, Bolivia e Coltelli
in Articoli il 17 Ottobre 2017, 22:11


Il viaggio del 2012 prevedeva in poco meno di tre settimane la visita di parte del Perù e parte della Bolivia. Come tradizione di ogni viaggio scrissi un racconto, meno onirico di quello che può sembrare, che sintetizzò questi giorni intensi. Accompagnerò il racconto con qualche spiegazione che aiuti a immaginare e soprattutto a capire quello che fu l'itinerario di viaggio. Un viaggio che, in fondo, cominciò e finì in Cile, perchè due scali piuttosto lunghi (sette ore) ci permisero vi vedere Santiago, con casa di Pablo Neruda annessa.

Erano gli anni in cui il pelato accarezzava la palla come fosse una bella donna, io dormivo sui muri e il giovane vecchio costruiva scarpe con meccanismi segreti. Le persone che potevo catalogare come antipatiche in fondo erano davvero poche. All'università ce ne era una. La mia antipatia però era un po' particolare. Era probabilmente nata perché riconoscevo in questo ragazzo degli aspetti di me, frammisti ad una certa dose di falsità. Eravamo tutti in circolo, in attesa che lei ci restituisse qualcosa, che spiegasse un coltello, un'amicizia, o dieci minuti di silenzio totale. E allora lui prese un libro di Sepulveda, e decise di condividere con noi qualche riga. L'aereo iniziò a rollare sul fango, e quando lanciai un'occhiata al pannello degli strumenti sentii il desiderio di saltar giù. Non avevo mai visto un pannello così spoglio. Tra vari fori vuoti e resti di cavi di quelli che senza dubbio una volta erano stati strumenti di navigazione, si vedevano oscillare l'ago dell'altimetro e la lancetta del serbatoio del carburante. L"'orizzonte", o indicatore di stabilità, che deve rimanere parallelo alla terra, appariva quasi verticale. «Senta un po'... l'orizzonte non funziona,» commentai nascondendo il panico. «Non importa. IL cielo è in alto e la terra è in basso. Il resto sono ×te.» concluse Palacios. E sono passati diversi anni ma il ricordo è sempre vivo. Il pelato non accarezza più la palla, io non dormo più la notte, ma forse il giovane vecchio continua ad usare le sue scarpe speciali. E quest'anno prima di partire ho pensato a quello scritto di Sepulveda.. Mi è tornato in mente perché per la prima volta mi apprestavo ad andare in Sudamerica …e forse anche perchè…mi apprestavo a prendere, per la prima volta, un aereo da poco più di una dozzina di posti. E in fondo non era l'unico motivo di preoccupazione. Stranamente più passa il...


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avatar I villaggi di Flores
in Articoli il 01 Ottobre 2017, 15:05


] Il viaggio del duemilaquattordici in Indonesia fu per me un viaggio diverso da tutti gli altri. Partii non troppo convinto. Mi stavo frequentando con una ragazza da poco, ma la mia mente faceva già voli pindarici. La sua no, ed era piuttosto chiaro fin da subito. Era ancora legata al suo ex. Avevo già prenotato prima di conoscerla e lei insisteva perchè partissi. Partii sapendo di perderla, ma non mi aspettavo di certo di ricevere un sms dopo un paio di giorni che mi dava il benservito. Essere dall'altra parte del mondo fu un bene e un male allo stesso tempo. Non ho mai capito se per gli altri le foto che ho fatto in questo viaggio sono simili alle altre degli altri viaggi, ma per me inevitabilmente non possono esserlo. Fui probabilmente meno di compagnia, mi chiudevo, ero spesso soprappensiero, sovente prendevo appunti. Quando ritornai in Italia scrissi diverse cose. Era un modo per cacciare il veleno, e per trovare una spiegazione a ciò che in fondo non può e forse neanche deve essere spiegato.
Questa necessaria premessa per spiegare un articolo un pò anomalo, in cui metterò un paio di piccoli racconti scritti per la visita dei villaggi di Flores, situati nella provincia di Nusa Tenggara. I villaggi di Flores sono belli, autentici e meno conosciuti di quanto meriterebbero. Come spesso succede in Asia anche la strada per arrivare in una determinata meta è bella, qualche volta scomoda, e piena di spunti fotografici, con scene di una vita vissuta lontane dai nostri canoni: autobus con persone e animali sedute sul tettino, fiumi dove vengono lavati vestiti, motociclette e se stessi e tante tante altre ancora. Adesso lascio spazio ai racconti scritti, e aggiungo qualche considerazione per raccontare meglio i luoghi visitati.



È il venticinque Luglio ed è trascorsa una tormentata settimana di viaggio, che da Jakarta ci ha portato a Yogyakarta, e da Yogyakarta a Komodo, dove abbiamo potuto fare trekking, snorkelling e vedere i famosi draghi. Cominciano quattro giorni in cui Feri (il nostro autista) ci porterà da Labuan bajo fino ad Ende, passando per diversi villaggi tradizionali. Credo di aver fatto in questi giorni le foto migliori, però ammetto che potrei crederlo per il solo fatto che la visita di questi villaggi ha rappresentato per me la parte più significativa della nostra Indonesia. Il primo giorno è quasi tutto di viaggio: arriviamo di sera...


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Occupazione: Arredatore

Interessi: Fotografia, scrittura, lettura

Lavoro come arredatore nella città di L'Aquila. Una volta l'anno per una ventina di giorni circa scappo in posti lontani e coltivo una delle mie passioni:la fotografia di reportage. Vorrei migliorare e per questo sono gradite critiche e consigli. Grazie, David.

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