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Mrzippo87
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avatarLu Guang
in Tecnica, Composizione e altri temi il 29 Marzo 2017, 10:38


Qualche giorno fa il fotografo Lu Guang era in visita a Wuhan per una presentazione del suo lavoro nei locali del giornale Chángjiang Times. Dopo aver testimoniato per dieci anni con le sue foto i momenti di crisi attraversati dalla società cinese, oggi questo artista fuori dal comune ha scelto di afforntare una questione in cui il mondo intero ha una fetta di responsabilità: l'inquinamento in Cina.

Nato nel 1961 nella provincia del Zhejiang, Lu Guang si appassiona molto presto alla fotografia e decide di recarsi a Pechino per seguire dei corsi all'università di Qinghuá. Si afferma rapidamente come fotografo freelance ed inizia a praticare la fotografia alla sua maniera. Il suo obiettivo viene guidato dalla coscienza, per questo le sue prime serie sono realizzate nelle miniere di carbone e nei centri cinesi di disintossicazione. Nel 2003 ottiene come riconoscimento il prestigioso World Press Photo Award, per gli scatti che avevano per tema la diffusione di una vasta epidemia di Aids nella provincia dello Henan in seguito a un sordido traffico di sangue. Le sue foto, divenute celebri nel mondo intero, hanno contribuito enormemente ad aprire in Cina un dibattito pubblico sulla questione delle trasfusioni di sangue.

Dopo aver girato la Cina in lungo e in largo per più di sei anni, oggi ricompare con una nuova, stupefacente serie di foto sui principali siti inquinati in Cina. Si tratta di una vera opera di inchiesta, che va al di là di un semplice réportage fotografico e che ha portato Lu Guang nei maggiori bacini industriali cinesi. Per ottenere testimonianze di una realtà troppo spesso ignorata dai media cinesi, ha dovuto fronteggiare condizioni talvolta molto pericolose.

A Wuhan, rispondendo alle domande dei presenti, ha raccontato: «Prima, quando ero meno celebre, potevo fare foto senza timore. Avevo un biglietto da visita da fotografo di uccelli, di cui mi servivo se la polizia veniva a farmi delle domande. Oggi è molto più difficile. Il governo mi conosce ed è sempre più sospettoso. Ogni volta che arrivo in un posto nuovo devo fare molta attenzione a non farmi notare, altrimenti vengo subito espulso dalla città».

Il governo non si augura la diffusione di un certo tipo di immagini: «Uno dei posti più rischiosi è stato Guiyu, una città dove convogliano, per essere trattati, rifiuti informatici provenienti da tutto il mondo. È una piccola città, dove c'è inquinamento ovunque e tutto è sotto stretta sorveglianza.» Lu Guang ha anche imparato a conoscere le pratiche dei grandi industriali. Racconta con umorismo tagliente i metodi che utilizza per ottenere i suoi scatti: «Se ad esempio cercate un condotto d'acqua inquinata che si riversa in un fiume, è inutile andare di giorno a fare le foto. L'acqua scaricata di giorno è a posto, è la notte che si vede uscire l'acqua nerastra delle officine chimiche».

Come ha fatto notare più volte, l'inquinamento non è prodotto solo dalle officine cinesi, ma anche da gruppi tedeschi, francesi ed americani, che da anni inquinano incuranti fiumi e città cinesi. Il lavoro di Lu Guang ci spinge a riflettere sul ruolo di ognuno all'interno della questione dell'inquinamento, che in Cina uccide ogni anno decine di migliaia di persone.

Nell'ottobre 2009, Lu Guang ha ricevuto un premio dalla fondazione Eugene Smith per la sua serie di fotografie sull'inquinamento in Cina.

Fonte

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Altre Foto
Slideshow

Lu Guang: il fotografo dell'inquinamento Cinese

Intervista su Vimeo


8 commenti, 528 visite - Leggi/Rispondi


avatarRobert Adams
in Tecnica, Composizione e altri temi il 28 Marzo 2017, 10:59


Robert Adams (Orange, 8 maggio 1937) è un fotografo statunitense.
Come fotografo ha concentrato la sua attenzione sul cambiamento del paesaggio nel New West. Il corpo principale delle sue opere si concentra negli anni settanta quando pubblica il libro The New West (1974) e partecipa alla mostra New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape (1975), curata da William Jenkins, a cui presero parte altri fotografi come Bernd e Hilla Becher, Lewis Baltz, Joe Deal, Nicholas Nixon, Frank Gohlke e Stephen Shore.
Nel 1981 pubblica il saggio, tradotto poi in diverse lingue, Beauty in Photography: Essays in Defense of Traditional Values edito da Aperture. Il libro è stato pubblicato in Italia con il titolo La bellezza in fotografia. Saggi in difesa dei valori tradizionali.

È rappresentato dalla Fraenkel Gallery di San Francisco.

Robert Adams, figlio di Lois Hickman Adams e Ross Adams, nacque l'8 maggio 1937 ad Orange, nel New Jersey. Nel 1940 la famiglia si trasferì a Madison, sempre nel New Jersey, dove nacque la sorella Carolyn. Quindi nel 1947 si trasferirono nuovamente a Madison in Wisconsin dove Robert contrasse la poliomielite, da cui riuscì a guarire completamente. La famiglia si spostò l'ultima volta nel 1952 a Wheat Ridge, in Colorado, dove il padre riuscì a trovare un buon posto di lavoro. Robert si iscrisse all'università del Colorado nel 1955, ma decise subito di trasferirsi all'Università di Redlands, in California, dove si laureò in inglese. Continuò i suoi studi di inglese all'Università della California del Sud.

Nel 1962 tornò in Colorado dove iniziò ad insegnare inglese presso il Colorado College a Colorado Springs. Iniziò a fotografare l'anno successivo, quando acquistò una 35 mm reflex. Iniziò ad interessarsi sempre di più alla fotografia come linguaggio leggendo Camera Work e Aperture presso il Colorado Springs Fine Arts Center. La tecnica invece l'acquisì frequentando Myron Wood, un fotografo professionista della zona.
Nel 1967 cominciò ad insegnare part time in modo da potersi occupare con più dedizione alla fotografia. Incontrò John Szarkowski, l'allora curatore del dipartimento di fotografia del Museum of Modern Art nel corso di un viaggio a New York nel 1969. L'anno successivo divenne fotografo a tempo pieno.
Nel 2009 gli è stato assegnato l'Hasselblad Award.

Fonte

Avvicinatosi alla fotografia negli anni sessanta, Adams ha dedicato al tema del paesaggio urbanizzato il lavoro di una vita, contribuendo a modificare il modo di guardare il mondo attraverso il mezzo fotografico. Ribaltando l' idea di wilderness celebrata da Ansel Adams, Robert Adams propone una lettura della realtà in cui natura e cultura sono invece inestricabilmente legate. L'espansione edilizia, lo sviluppo dell'industria e del nucleare, la deforestazione sono fenomeni che hanno mutato profondamente il paesaggio e che Adams include nelle fotografie come ineluttabili e quotidiani. Il suo sguardo, privo di eccessi sensazionalistici, richiama quello semplice ed eterodiretto dei fotografi pionieri che nell' Ottocento accompagnavano le spedizioni geologiche alla scoperta delle terre dell'Ovest. Apparentemente distaccato e privo di un approccio sentimentale, il lavoro di Adams è anzi permeato dalla presenza del fotografo e dalla continua ricerca di bellezza: una bellezza che Adams vede incredibilmente permanere anche nelle situazioni di maggior degrado. La sua poetica si manifesta quindi sia quando lo sguardo abbraccia i segni della distruzione umana sia quando, nel suo girovagare, incontra angoli di mondo sopravvissuti alla devastazione.
È questo il caso della fotografia Pine Valley, Oregon, parte di una serie realizzata nel 2003 nella Baker County. Scoperto per caso durante il lavoro sulla deforestazione, questo paesaggio colpisce Adams per la sua natura rigogliosa: dopo un abbattimento massiccio di alberi, l'intera zona ha saputo rigenerarsi.

Fonte

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Or ora sto leggendo, Lungo i Fiumi, una raccolta di interviste sostenute da Adams (Robert) e mi sembra veramente interessante.

Ciao.


11 commenti, 1793 visite - Leggi/Rispondi


avatarGiovanni Chiaramonte
in Tecnica, Composizione e altri temi il 23 Marzo 2017, 15:10


Giovanni Chiaramonte (Varese, 1948) è un fotografo e fotoreporter italiano.

Nato a Varese nel 1948 da genitori siciliani, originari di Gela, nel 1951 è a Milano dove conclude gli studi filosofici e si avvicina, già a partire dagli anni Sessanta, al cinema e alla fotografia. Chiaramonte inizia a fotografare alla fine degli anni sessanta, nel solco della ripresa della forma figurativa, dopo la grande stagione astratta e informale di certe tendenze della Pop Art e dell'Arte concettuale.

L'immagine di Chiaramonte si è formata sul modello della scuola americana di Alfred Stieglitz e di Minor White, e successivamente si innesta nel solco della tradizione teologica ed estetica della Chiesa d'Oriente, incontrata in Pavel Nikolaevič Evdokimov, Olivier Clémente, soprattutto, nel regista russo Andrej Tarkovskij ed ha come tema principale il rapporto tra luogo e destino nella civiltà occidentale.

Nel 1974 espone alla Galleria Il Diaframma di Lanfranco Colombo i lavori “Sequenza nel tempo” e “Dov'è la nostra terra”; sempre di quell'anno è “Discorso di Natale”, serie di scatti in sequenza del discorso di Paolo VI trasmesso dalla televisione pubblica. Nel biennio successivo approfondisce i suoi studi teologici, si avvicina alla fotografia americana e al lavoro di Ugo Mulas; nel 1977 fonda con Luigi Ghirri (con il quale dividerà in seguito molte imprese descrittive del paesaggio italiano) e altri la casa editrice Punto e Virgola. Nei primi anni Ottanta ha inizio la sua produzione saggistica e l'attività di curatore, con le mostre “Italy. A country shaped by man” e “Fotografi spagnoli contemporanei”. Nel 1984 figura tra i fotografi coinvolti da Luigi Ghirri nell'impresa “Viaggio in Italia”, e due anni dopo in “Esplorazioni sulla via Emilia”; tra il 1984 e il 1988 completa il lavoro “Terra del ritorno”. Del 2005 è il volume “Attraverso la pianura”, che raccoglie immagini realizzate a partire dal 1987 e dedicate al tema del territorio padano attraversato dalle autostrade.

Già fin dalle prime ricerche sul paesaggio italiano, l'opera di Chiaramonte si manifesta come una personale sequenza di immagini nella quale le fotografie, pur singolarmente significative, acquistano nel loro insieme una straordinaria forza narrativa.

Caratteristica della sua fotografia è l'uso del formato quadrato, derivato dal negativo 6x6. Egli attribuisce al quadrato un valore simbolico, un valore di rapporto fra terra e cielo, in cui tutti gli elementi trovano la giusta collocazione.

Dopo la mostra e il volume Fotografia europea contemporanea, in cui presenta nel 1983 i più importanti autori della sua generazione, si dedica dapprima alla relazione tra luogo e identità dell'uomo con i volumi Giardini e paesaggi, 1983, e Penisola delle figure, 1993. Affronta poi il dramma essenziale delle radici e del destino dell'Occidente in Terra del ritorno, 1989, e in Westwards, 1996. Un'elegia e un viaggio di ritorno nei luoghi del Mediterraneo è Ai confini del mare, 1999.

Nel 1993 Chiaramonte dona al Centro studi e archivio della comunicazione[5] di Parma la rassegna "Luogo e identità nella fotografia europea contemporanea". Ad oggi, lo CSAC conserva un fondo Giovanni Chiaramonte composto da 517 stampe fotografiche, opere rappresentative di tutto l'arco di attività dell'Autore. Il materiale conservato al CSAC è stato depositato dall'Autore a partire dal 1975 e donato con atto notarile nel 1994; il fondo è stato successivamente implementato con stampe di nuova produzione ed è tuttora in corso di aggiornamento. Questo fondo è pubblico e interamente consultabile.

Dopo aver fondato con Luigi Ghirri nel 1978 la cooperativa editoriale “Punto e Virgola”, dirige dal 1980 al 1989 la collana omonima per Jaca Book. Nel 1990 fonda le collane di fotografia di Federico Motta Editore, che dirige fino al 1993. Nel 1994 fonda e dirige le collane di fotografia della SEI di Torino. Nel 2002 da vita alla collana di fotografia delle Edizioni della Meridiana di Firenze e nel 2007 a quella di Itaca/Ultreya.

Nel 2000 con i poeti e scrittori Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Luca Doninelli, Umberto Fiori, Giovanni Raboni, Davide Rondoni pubblica ed espone in Triennale l'opera Milano. Cerchi della città di mezzo. In occasione del restauro della facciata della Scala realizza il volume d'artista In corso d'opera. Nel 2002 esce Frammenti dalla Rocca. Cefalù, e nel 2003 Dolce è la luce. Successivamente pubblicaAbitare il mondo: Europe, 2004, Berlin. Figure, 2004, Attraverso la pianura, 2005, Senza foce, 2005. Nel 2010 è presente all'Expo di Shangai con Nascosto in prospettiva. Nel 2010espone L'altro_nei volti nei luoghi, un originale lavoro realizzato tra Palermo e Milano, organizzato in sequenze di trittici con al centro un ritratto.

Giovanni Chiaramonte ha esposto in mostre personali e collettive in tutto il mondo, ed ha pubblicato un centinaio di servizi per le più importanti riviste di architettura, prima tra tutte Lotus International. Collabora stabilmente con la rivista di cinema e cultura dell'immagine «duellanti», per la quale cura la sezione dedicata alla fotografia.

Ha fondato e diretto collane di fotografia per Jaca Book, Federico Motta Editore, Società Editrice Internazionale e Edizioni della Meridiana.

Un ulteriore fondamentale ambito di lavoro di Giovanni Chiaramonte è quello didattico, che si svolge tra Palermo, Parma, Milano.

Attualmente è docente di Storia e Teoria della Fotografia alla Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano, alla Facoltà di Architettura di Palermo e al Master di “Forma” in Milano.
Fonte


Vi rimando direttamente al suo sito per le immagini. Sorriso







9 commenti, 876 visite - Leggi/Rispondi


avatarMark Power
in Tecnica, Composizione e altri temi il 22 Febbraio 2017, 9:17


Mark Power nacque nel 1959 a Harpenden, in Gran Bretagna. Dopo avere studiato arte all'Università di Brighton passò alla fotografia come freelance nel 1982. La sua prima monografia, “The Shipping forecast”, si ispirava ai bollettini marittimi meteorologici diffusi ogni giorno dalla BBC.

Per quelli in procinto di prendere il mare, la previsione significava la differenza tra la vita e la morte, ma per milioni di ascoltatori della radio il linguaggio enigmatico della previsione era qualcosa di più. Power, attraverso i suoi scatti, ha rappresentato i paesaggi di fantasia che lui stesso aveva ricreato guidato dal canto ipnotico delle previsioni metereologiche.

Osannato dalla critica, il libro conquistò diversi premi prestigiosi: il premio fotografico Yann Geffroy (Italia), il Mosaique European Photography Award (Lussemburgo) ed il premio speciale della giuria Oskar Barnack Award (Germania). Con "Superstructure" nel 2000 Power ha documentato la costruzione del Duomo del Millennio di Greenwich, un luogo dove elementi architettonici colossali e macchinari brutali vennero addomesticati attraverso un lavoro imponente e coreografico.

Dal 2000 al 2002 il fotografo inglese ha seguito i lavori di restauro dell'HM Treasury Building di Londra, lasciandoci un racconto di dettagli e frammenti, presentati in ordine cronologico: iniziando dalla demolizione, lo spazio che viene progressivamente ristrutturato, pulito e illuminato, fino al termine dell'opera.

“The Sound of Two Songs” del 2010 è stato il risultato della storia d'amore dell'artista con la Polonia. Un libro che si muove senza sforzo tra le immagini della città e delle campagna, tra vecchio e nuovo, raccontando la rovina interiore della concezione di “città alloggio” del periodo comunista a discapito delle nuove costruzioni con appartamenti colorati e luccicanti centri commerciali.

Uno sguardo che fissa in immagini il forte contrasto tra la decadenza e l'aspirazione di un Paese. Di recente, Power ha completato “A System of Edges”, un progetto sui paesaggi spettrali situati oltre ai margini dell'atlante stradale A-Z di Londra. Dal 2005 è membro effettivo dell'agenzia Magnum Photos. Oltre alla sua attività di fotografo, insegna fotografia all'Università di Brighton.

“Io non parto mai con l'idea di voler dimostrare una tesi precostituita. Sono prudente quando si tratta di lavorare intorno ad un tema specifico, soprattutto in una terra straniera, perché c'è il pericolo di vedere solo quello che si vuole vedere. Mi piace conservare, invece, un approccio intuitivo, imparare a muovermi con una mente aperta. Poi se tutto va bene, il lavoro si sviluppa naturalmente, con il proprio ritmo”.

Fonte

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Vi consiglio di visitare anche il suo sito internet Mark Power Website.




7 commenti, 644 visite - Leggi/Rispondi


avatarLuca Campigotto
in Tecnica, Composizione e altri temi il 12 Gennaio 2017, 12:13


Luca Campigotto (Venezia, 23 febbraio 1962), si è laureato a Venezia in storia moderna con una tesi sull'epoca delle grandi scoperte geografiche. Dall'inizio degli anni novanta ha legato la propria ricerca al tema del viaggio, realizzando progetti a colori e in bianconero sulle città di notte e i paesaggi selvaggi. I suoi lavori principali sono dedicati a Venezia, Il Cairo, i paesaggi di montagna della Grande Guerra, New York e Chicago. Come ha scritto W. Guadagnini: «[...] le sue fotografie slittano ben presto in un'altra dimensione, che è quella dell'immaginario. Un immaginario che davanti allo spettacolo naturale cerca non un Altro da sé, né la conferma delle proprie certezze, ma i modi per rendere visibile la dismisura dell'emozione».
Fonte

La ricerca di Luca Campigotto si snoda lungo due filoni: la fotografia dei luoghi della Storia e quella delle metropoli. Oggetto di interesse fin dai suoi studi, il viaggio, vissuto come necessità primaria di esperienza del mondo, diviene trait d'union dei due temi. Sulla scia dei mercanti veneziani del Cinquecento e dei fotografi-viaggiatori ottocenteschi, Campigotto intraprende i suoi viaggi con uno sguardo carico di suggestioni cinematografiche e letterarie alla ricerca della forza evocativa di luoghi capaci di attivare l'immaginazione e proiettare in epoche e atmosfere lontane.

In un mondo dove non vi è più nulla da scoprire, perché tutto è già stato raggiunto, guardato, fotografato, il viaggio assume il senso di una fuga nell'immaginario. Per questo, anche quando Campigotto ritrae i luoghi più fotografati della terra – come le Piramidi egizie, Venezia, il grande fronte di ghiaccio del Perito Moreno (Argentina, 2000), o le statue dei mohai dell'Isola di Pasqua (Cile, 2000) – le sue fotografie escono dal cliché visivo per divenire capitoli di un romanzo fantastico.
Di Angkor (Cambogia, 2006) il fotografo racconta: “improvvisamente sono entrato in un'avventura. Vagavo da solo tra i templi diroccati nella giungla, e mi sembrava di essere uno dei primi fotografi dell'Ottocento che viaggiavano associati alle grandi esplorazioni. E' divertente poterlo fare in un luogo dove ogni giorno si riversano migliaia di turisti …”.

Da Ait Benhaddu (Marocco, 1995) a Calcutta (India, 2007), da Sanaa (Yemen, 2006) a Yzad (Iran, 2009) fino ai ghiacci della Lapponia (2003), lo sguardo di Campigotto si posa su luoghi carichi di Storia e teatro di infinite storie: quelle che vi hanno avuto luogo nei secoli e quelle che possono ancora cominciare, grazie anche al potere della fotografia di far viaggiare attraverso l'immaginazione.
Fonte

Link alle immagini non ne metto ma vi rimando semplicemente al suo Sito Web MrGreen






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avatarAtta Kim
in Tecnica, Composizione e altri temi il 09 Gennaio 2017, 12:24


Il lavoro fotografico di Atta Kim è costantemente legato ad una ricerca filosofica esistenziale. Nelle immagini del fotografo coreano passato e futuro dell'umanità si fondano in un presente, che sottolinea ora l'immutabilità dell'essere, ora la sua caducità.
Nato nel 1956 nell'isola di Geoje, Kim, nonostante sia fortemente attratto dalla fotografia, studia ingegneria meccanica presso l'Università Changwon.
Conseguita la laurea decide di dedicarsi alla fotografia a tempo pieno. Questa decisione causa un forte conflitto con le aspettative del padre. In poco tempo il lavoro di Atta Kim si fa notare nei circuiti artistici, tanto da diventare il primo fotografo del suo Paese a rappresentare la Corea alla Biennale di San Paolo.

Le immagini di Atta Kim esplorano l'esistenza umana sia a livello personale, che collettivo. Nella serie The Museum Project, il fotografo coreano dà vita ad un proprio museo, dove l'uomo diventa oggetto e reliquia.
Il corpo racchiuso dentro un vetro trasparente diventa un pezzo d'arte intoccabile, che incarna il conflitto dell'esistenza umana, tra l'essere per sé e l'essere per gli altri, esponendo la questione di come preserviamo il nostro io, quando ci troviamo costantemente esposti all'immagine che di noi hanno gli altri.
Le immagini ossessionanti della serie ON-AIR, prendono spunto dl concetto che tutto ciò che esiste è destinato a scomparire. Atta Kim confronta la fine con la natura della fotografia, che tende a registrare e ricordare, preservando la caducità del momento. Il progetto utilizza esposizioni molto lunghe (anche di otto ore) per fare in modo che tutti gli oggetti in movimento all'interno di una scena scompaiono.

Fonte

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avatarMadonna di Campiglio (per chi volesse unirsi)
in Viaggi, Natura, Escursioni ed Eventi il 11 Agosto 2016, 16:38


Ciao a tutti,
stavo pensando di andare a fare un giro a Madonna di Campiglio dal 23/08/2016 al 27/08/2016 visto che è l'unico periodo dell'anno in cui posso andare in ferie. Grazie ad AirBnB avrei trovato anche un monolocale per due/tre persone. Mete da pianificare, per chi volesse unirsi scrivetemi pure in privato.
Last but not least io parto da Padova.
Ciao.

Pietro.


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avatarDon McCullin
in Tecnica, Composizione e altri temi il 13 Luglio 2016, 13:56


Donald McCullin (Finsbury Park, 9 ottobre 1935) è un fotografo e fotoreporter britannico, noto particolarmente per i suoi reportage di guerra e per le sue immagini sui conflitti urbani.
La sua carriera di fotogiornalista, iniziata nel 1959, si è specializzata nel raccontare i ceti più bassi della società, raffigurando i disoccupati, gli oppressi e i poveri.

McCullin svolse il periodo di servizio militare nella RAF, per la quale venne mandato nella zona del Canale di Suez durante la crisi del 1956, con l'incarico di assistente fotografo. Per non aver passato l'esame scritto di teoria, necessario al fine di diventare fotografo della RAF, dovette lavorare in camera oscura.

Nel 1959 fece un servizio su una gang di Londra che venne pubblicato dal The Observer. Tra il 1966 e il 1984 lavorò come corrispondente per il magazine britannico The Sunday Times, documentando catastrofi naturali e provocate dall'uomo, quali le zone di guerra e le vittime dell'epidemia di AIDS in Africa. I suoi intensi reportage sulla guerra in Vietnam e sul conflitto in Irlanda del nord vennero premiati varie volte.

Nel 1968 la sua fotocamera Nikon fermò un proiettile che lo stava per colpire.

I lavori di McCullin erano considerati così importanti ed evocativi che il governo britannico rifiutò di concedergli un pass da giornalista per raccontare la guerra nelle isole Falkland.
McCullin è l'autore di numerosi libri, tra cui The Palestinians (con Jonathan Dimbleby) (1980), Beirut: A City in Crisis (1983), e Don McCullin in Africa (2005).

McCullin riceve il World Press Photo nel 1964 per il suo lavoro sulla guerra a Cipro. Nello stesso anno riceve anche la Warsaw Gold Medal. Nel 1977 diventa socio della Royal Photographic Society e ottiene il diritto di posporre le lettere FRPS (sigla di "Fellow of the Royal Photographic Society") al suo nome. Per le sue foto gli viene conferito un dottorato honoris causa dall'Università di Bradford nel 1993 e una laurea dalla Open University nel 1994

Diventa Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico nel 1993, primo fotogiornalista a ricevere il titolo.

McCullin riceve Cornell Capa Award nel 2006.

Il 4 dicembre 2008 ottiene un dottorato in Lettere honoris causa dalla University of Gloucestershire per i suoi successi nell'ambito del fotogiornalismo.

Negli ultimi anni McCullin ha lasciato la carriera di fotografo di guerra, per i troppi orrori e sofferenze viste. Un altro fattore che ha portato a questo abbandono sta nel fatto che McCullin non crede (al contrario ad esempio di James Nachtwey) che un fotografo possa contribuire a rendere consapevole e attenta la società attraverso i suoi reportage di guerra; secondo il suo punto di vista infatti il fotografo sfrutta il dolore degli altri, manipolandolo, ed è egli stesso è a sua volta manipolato dai giornali committenti.

McCullin ora vive in Somerset con la sua seconda moglie ed i suoi 5 figli.

I suoi più recenti lavori fotografici riguardano paesaggi, still-life e ritratti su commissione.

Fonte

s.telegraph.co.uk/graphics/projects/donmccullin/images/image2.jpg

www.artribune.com/wp-content/uploads/2012/07/9492-1338829936.jpg

dontpaniconline.com/media/magazine/body/2013-09-30/images/dm%2016.jpg

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Negli ultimi anni McCullin ha lasciato la carriera di fotografo di guerra, per i troppi orrori e sofferenze viste. [...]
I suoi più recenti lavori fotografici riguardano paesaggi, still-life e ritratti su commissione.


Mi faccio un "auto quote", non so perché mi viene un po' Salgado che poi si è dedicato a tempo pieno a "Genesi".

McCullin, autore che non conoscevo e che ho scoperto grazie alla lettura del libro: " A occhi aperti di Mario Calabresi ".

Pietro.


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avatarJoel Sternfeld
in Tecnica, Composizione e altri temi il 12 Luglio 2016, 11:05


Joel Sternfeld (New York, 1944) è un fotografo americano. Ha iniziato a scattare negli anni settanta, dando un indispensabile contributo al riconoscimento della fotografia a colori come vera e propria forma d'arte, quando ancora solo la sua versione in bianco e nero veniva accettata come tale.

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Le sue foto parlano degli Stati Uniti, sono documenti lucidi di momenti insignificanti ma al tempo stesso curiosi della vita quotidiana di un'America anni ottanta. In particolare, la serie -e l'omonimo libro- American Prospects (prima edizione: 1987, seconda e definitiva: 2003, ristampa nel 2012) dove, in un tour da una parte all'altra del Paese, cattura non solo l'essenza del momento ma anche la costante evoluzione, la bellezza, il contrasto tra uomo e natura, immortalando un'infinita serie di singolari dettagli che danno vita ad un puro ritratto spettacolare degli Stati Uniti.

La nuova edizione include un saggio di Kerry Brougher, curatore capo del Hirshhorn Museum and Sculpture Garden: Brougher considera fondamentale il ruolo che ha avuto la rappresentazione del contesto storico e culturale nella serie American Prospects di Sternfeld per l'evoluzione artistica dei fotografi e filmmaker contemporanei.

Un racconto agrodolce, surreale, a tratti triste ma fondamentalmente affascinante delle prospettive (le Prospects del titolo) e le contraddizioni dell'America di Reagan.

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espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.105343!/httpImage/image.jpg_gen/d

Fonte


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avatarHiroshi Sugimoto
in Tecnica, Composizione e altri temi il 02 Marzo 2016, 13:24


Hiroshi Sugimoto (Sugimoto Hiroshi; 23 febbraio 1948) è un fotografo e artista giapponese.

Vive tra Tokyo, Giappone e New York, Stati Uniti. Le sue opere si dividono in serie con diverse tematiche.

Fonte Wikipedia

Le fotografie che compongono le serie di Sugimoto, lontane dal costituire attestazioni dirette della realtà, sono immagini mentali, concetti la cui materializzazione è resa possibile grazie a un rigoroso controllo del mezzo fotografico e del processo manuale di stampa, seguito anch’esso personalmente dall’artista. Nella serie Theaters ? realizzata fotografando con tempi di esposizione lunghissimi sale degli anni ’20 e ’30, cinema degli anni ’50 e drive in ? la luce bianca degli schermi rettangolari, che illumina il resto dell’ambiente, contiene in sé l’intera proiezione del film. In Architectures la tecnica dello sfocato priva le architetture moderniste di connotazioni temporali. I lunghi tempi di esposizione dei Seascapes bloccano il movimento delle onde in immagini eterne, mentre il soggetto dei Portraits realizzati fotografando i personaggi dei musei delle cere è l’immortalità stessa. Il tempo è dunque il tema dominante nell’opera di Sugimoto, la cui ricerca artistica è sempre volta a trovare soluzioni ai problemi di rappresentazione e visualizzazione da esso posti. A proposito della serie Dioramas, cui Gorilla, Neanderthal e Cro-magnon appartengono, Sugimoto racconta:

“Quando andai a New York per la prima volta, nel 1974, feci vari giri turistici per la città e visitai tra l’altro il Museo Americano di Storia Naturale. Ebbi una curiosa illuminazione guardando i diorami degli animali: gli animali impagliati nell’ambientazione dei fondali dipinti non sembravano affatto veri, mentre una sbirciata veloce con un occhio solo cancellava ogni
oggettività e dava loro un aspetto quanto mai reale. Avevo trovato il modo di guardare il mondo come se fossi una macchina fotografica. Per quanto falso sia il soggetto, in fotografia sembra vero”.

Fonte: Fondazione Fotografia Modena

Qui un altro approfondimento

Alcune sue immagini:

Foto

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Per evitare problemi di copyright, come consigliato, ho inserito i link alle foto piuttosto che le immagini stesse.

Andai a Modena l'anno scorso a vedere una mostra, organizzata dalla "Fondazione Fotografia Modena" su di lui, devo dire che mi è piaciuta particolarmente. Mi chiamo ancora pentito per non avere acquistato il libro "Stop Times", però posso sempre rimediare su Amazon.

Un saluto.

Pietro.



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avatarGioco post produzione scadenza Lunedì 7 Marzo
in Tecnica, Composizione e altri temi il 29 Febbraio 2016, 22:15


LE REGOLE

1) Postare una sola immagine valida per il concorso, se se ne posta più di una, le altre sono fuori concorso.
2) Elenco dei comandi dettagliato e software utilizzato ( direi facoltativo ).
3) Elaborazione B&W o colore o HDR etc. etc.
4) Chi posta la foto decide la "miglior elaborazione" a sua discrezione e il "vincitore" posterà la successiva.
5) I commenti e/o chiarimenti si chiedono alla fine, evitando di intasare eccessivamente il post.
6) 1200px lato maggiore come per le gallerie di Juza Photo.
7) Scrivere la scadenza nel titolo e in sezione "Tecnica, Composizione e altri temi"
8) Dopo la scadenza, per 12 ore, i partecipanti esprimono le loro preferenze (motivandole)
che porteranno (aiuteranno, suggeriranno) chi ha postato alla scelta insindacabile del vincitore.
9) Chi partecipa deve avere pronta un foto da pubblicare, nel caso di vincita, entro 24 ore dopo le preferenze dei partecipanti.
10) I partecipanti nel rispetto dell'autore, si impegnano a non apporre firme sulla foto elaborata,
la foto non potrà essere utilizzata dai partecipanti per nessun altro scopo senza l'autorizzazione dell'autore
e quest'ultimo a sua volta non potrà utilizzare per altri scopi le elaborazioni dei partecipanti.

L'inizio avverrà da subito mentre la scadenza sarà fissata entro le ore 12.00 di lunedì prossimo.

Il vincitore verra' proclamato in serata

Ordunque, per chi volesse partecipare si troverà a post-produrre l'interno di un albergo abbandonato. Non avendo molte altri fotografie significative da proporvi MrGreen

Location indefinita Cool

File RAW

File JPEG


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avatarAndré Kertész
in Tecnica, Composizione e altri temi il 25 Febbraio 2016, 20:56


André Kertész (Budapest, 2 luglio 1894 ? New York, 28 settembre 1985) è stato un fotografo ungherese. Ha però svolto la maggior parte della propria carriera artistica negli Stati Uniti d'America.

Tra i maggiori fotografi del XX secolo, per il suo lavoro ricevette notevoli riconoscimenti e fu di ispirazione per importanti artisti e fotografi suoi contemporanei. Dimostrò come qualsiasi aspetto del mondo, dal più banale al più importante, meriti di essere fotografato. Di carattere introverso, guidato principalmente dall'intuito, la sua opera è difficilmente classificabile. Nonostante la strada sia stata il soggetto principale e più stimolante delle sue fotografie, non era interessato alla cronaca o agli importanti eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare attraverso i grafismi delle moderne metropoli la felicità silenziosa di un istante.

« Tutto quello che abbiamo fatto, Kertész l'ha fatto prima. »
(Henri Cartier-Bresson)


"Fotografo il quotidiano della vita, quello che poteva sembrar banale prima di avergli donato nuova vita, grazie ad uno sguardo nuovo. Amo scattare quel che merita di essere fotografato, il mondo quindi, anche nei suoi squarci di umile monotonia. Sono nato chiuso, ma un chiuso aperto alla strada, ed ho cercato la felicità nel silenzio di un istante. Batteva intanto il cuore al tempo di un click. Ho cercato gli occhi innocenti, di cui ogni sguardo sembra il primo, le menzogne dietro la superbia ed i sorrisi fatui, fantasmi seduti al sole su delle vecchie sedie. Senza trucchi ho cercato di vedere, ho cercato di capire. Ho cercato di vedere, e quando ho capito, ho lasciato gli occhiali su un tavolo insieme alla pipa". (M.Thompson Nati, Around, 2015. Around André Kertész).

Budapest

Nato in una famiglia della media borghesia ebraica, ebbe tre fratelli, Imre (1890 - 1957), Jen?, (1897 - fine degli anni '70) e Andor. Perse il padre, Lipót Kertész, a soli 15 anni. Nel 1912 si diploma all'Accademia commerciale di Budapest e compera la sua prima fotocamera, scegliendo la ICA 4.5x6, un apparecchio maneggevole che utilizza senza stativo e che gli permette di realizzare la fotografia Ragazzo dormiente, data come la sua prima immagine in cui un giovane addormentato è ripreso sullo sfondo della drogheria di famiglia.

Si arruola nel 1915 nell'esercito austro-ungarico e parte volontario per il fronte russo-polacco. Porta con sé una piccola Goerz Tenax con obiettivo da 75mm, con la quale documenta la vita di trincea e le lunghe marce, evitando gli aspetti più crudi della guerra. Venne ferito alla mano sinistra rimanendo inabile per un anno.

Trascorse la sua convalescenza prima a Budapest poi a Esztergom. Continua a fotografare e tra i suoi soggetti preferiti compaiono spesso il fratello Jen? e la madre. A causa della Rivoluzione ungherese del 1918, perde gran parte delle fotografie realizzate al fronte. Nel 1919 conobbe Erzsébet Salamon (Elisabeth Sali, 1904 - 1977), che diverrà poi sua moglie.

Parigi

Nel settembre del 1925, a causa della depressione post bellica dell'Ungheria si trasferisce a Parigi, dove, del resto, stavano convergendo altri importanti personaggi dell'arte d'avanguardia come Germaine Krull, Robert Capa, Man Ray e Berenice Abbott. Intrecciò una profonda amicizia con Gyula Halász, conosciuto come Brassaï. Gli prestò la fotocamera insegnandogli le basi della fotografia e della ripresa notturna.

Nel primo periodo mantenne il contatto con Elisabeth rimasta in Ungheria attraverso lettere, poi, sempre più immerso nel suo lavoro, smette di scriverle. Il 2 ottobre 1928 sposò Rószi Klein (1900-1970) che introduce alla fotografia, pubblicando sotto lo pseudonimo di Rogi André. La coppia si separerà due anni dopo e il loro rapporto si concluderà con il divorzio nel 1932. Durante un viaggio in Ungheria, Kertész scoprì che Elisabeth non aveva interrotto la corrispondenza, ma Rószi aveva intercettato e nascosto le lettere. Si riavvicinarono e nel 1931 Elisabeth lo raggiunse a Parigi, sposandosi infine nel 1933.

Nel 1927 nella galleria Au sacre du printemps fu organizzata una delle prime mostre fotografiche di Kertész. Il catalogo è introdotto da una poesia del teorico dadaista Paul Dermée:

« Kertész, occhi innocenti di cui ogni sguardo sembra il primo,
che vede il grande re nudo quando è vestito di menzogne
che freme per i fantasmi che bazzicano i Quai de la Sein
che ci meraviglia a ogni nuova immagine che crea
tre sedie nel sole ai Giardini del Lussemburgo
la porta di Mondrian aperta sulla scala,
gli occhiali su un tavolo insieme alla pipa
nessun arrangiamento, nessun trucco, nessun inganno e nessuna manipolazione
la tua è tecnica onesta, incorruttibile come la visione,
nel nostro ospizio di ciechi,

Kertész è il fratello che vede per noi. »
(Paul Dermeé)


Acquistò una Leica nel 1928 e insieme a Henri Cartier-Bresson iniziò a lavorare per la rivista Vu, il cui stile influenzò anche l'americana Life. Nel 1929 Kertész partecipò alla prima mostra indipendente di fotografia, conosciuta come il Salon de l'escalier, insieme a Berenice Abbott, Laure Albin-Guillot, George Hoyningen-Huene, Germaine Krull, Man Ray, Nadar e Eugène Atget.

Nel 1933 si presentò per Kertész una buona occasione per dimostrare il proprio lavoro quando la rivista Le sourire gli offrì cinque pagine da riempire in piena libertà. Riprendendo il tema delle distorsioni che utilizzò già nel 1917 per delle immagini di un nuotatore, Kertész affittò uno specchio deformante da un circo e nel suo studio realizzò una serie di fotografie di due modelle, Hajinskaya Verackhatz e Nadia Kasine. Nasce la serie delle Distorsioni in cui Kertész cerca di applicare non tanto un surrealismo fine a se stesso, quanto una ricerca sulle possibilità di deformare il corpo umano, utilizzando la luce come solo lui sapeva fare.

New York

Interessato alle nuove correnti artistiche americane, decise di accettare l'offerta di Erney Prince dell'agenzia Keystone, trasferendosi insieme alla moglie Elisabeth a New York, nell'ottobre del 1936. All'epoca voleva rimanere solo per un anno di contatto, ma poi prolungò la permanenza fino al termine dei suoi giorni. Il lavoro alla Keystone durò solo un anno, poi tornò ad essere un fotografo freelance. Le sue immagini non erano ben accette nel panorama fotogiornalistico statunitense, il quale richiedeva uno stile più rigoroso e prettamente didascalico. Proponendo il suo lavoro alla rivista Life, Kertész ottenne come risposta che "le sue immagini dicevano troppo".

Suo malgrado si adattò al nuovo stile e lavorò come collaboratore per molte riviste, tra cui Harper's Bazaar, Vogue, Town and Country, The American House, Coller's, Coronet, Look. Nel 1944 ottiene la cittadinanza statunitense. Nel 1936 anche la Francia gli aveva offerto la propria cittadinanza per meriti artistici. Seguirono molte mostre personali che gli fornirono prestigio a livello mondiale e pubblicazioni che continuarono a susseguirsi edite dalle principali agenzie fotografiche. Ottenne la laurea honoris causa del Bard College. Malato e confinato in casa, continuò a fotografare utilizzando un obiettivo zoom dalla finestra della sua casa affacciata sullo Washington Square Park. Raccolse le foto nel libro From my Window (1981), dedicandolo alla moglie Elisabeth morta di cancro nel 1977.

Il 28 settembre 1985 André Kertész morì nella sua casa a New York lasciando più di 100.000 negativi. Nel 1997 ad un'asta di Christie's la stampa "Pipa e occhiali di Mondrian" (1926) fu aggiudicata per 376.500 dollari.

Fonte Wikipedia

i.imgur.com/Xan7yij.jpg

i.imgur.com/cEyzT37.jpg

i.imgur.com/zY1y11y.jpg













Ho visto che mancava, spero di aver fatto cosa gradita.


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Occupazione: Impiegato

Interessi: Fotografia, informatica e musica.

Mi chiamo Pietro ed abito in provincia di Padova. Mi sono appasionato di fotografia nel 2011 quando andai in ferie a New York, purtroppo li però non avevo altro che il mio telefonino per scattare. Solo un anno più tardi trovai la pecunia per potermi comprare la mia prima reflex, una Canon 550d che possiedo tutto'ora. Bene o male da quando l'ho comprata ho sempre fotografato nel mio poco tempo libero. Da un po' di tempo a questa parte mi sono focalizzato sul fotografare i luoghi abbandonati nel Veneto e fuori dal Veneto, ma sempre e comunque nel nord est Italia. Fotografo anche altro, ma per ora i luoghi abbandonati rimangono il mio pallino fisso.
Ciao!


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