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Non confondiamo l'Ardia con manifestazioni folcloristiche o tranquille processioni a cavallo, ma non è neppure una corsa di cavalli è un atto di fede e di balentìa è una battaglia, la rievocazione di una battaglia quella di Costantino (Santu Antinu), che nel 312 sconfisse Massenzio, usurpatore a Roma, nella battaglia di Ponte Milvio. E per combattere questa battaglia, pro currere S'Ardia bi cherede animu (coraggio ardimento sangue freddo e spericolatezza). Ha meno di 2000 abitanti Sedilo il paese dove si corre L'Ardia, nella maggior parte allevatori, gente dura delle campagne, un tempo crocevia degli abigeatari, è la Sardegna profonda dove la gente ha mantenuto un animo antico e grezzo, tutto il paese vive per S'Ardia e tutti vorrebbero diventare un giorno prima Pandela, di seguito descrivo come si svolge, saludos a tottus. ------------------------ “ Il rituale, ha inizio nel momento in cui i tre capicorsa, radunatisi insieme agli altri cavalieri innanzi alla casa parrocchiale, ricevono dal sacerdote gli stendardi benedetti (sas Pandelas). Il parroco stesso, alcuni mesi prima, designa, desumendolo da un registro conservato in parrocchia secondo un ordine cronologico d'iscrizione, il nome del capocorsa (prima pandela), al quale spetta il compito di guidare l'Ardia. Egli viene affiancato in questo incarico da altri due cavalieri da lui scelti (sa segunda e sa terza pandela). A questi ultimi ed alle tre scorte (sas Iscortas) è affidato il compito di impedire che il capocorsa venga raggiunto e superato dai restanti cavalieri, simboleggianti l'esercito di Massenzio, ossia la paganità. I tre cavalieri utilizzano o possono utilizzare, come strumento in difesa di Costantino, gli acuminati stendardi evitando di usarli "di punta" mentre le scorte dispongono ognuno di un bastone (delle dimensioni del manico di un piccone) rivestiti di un tessuto rosso porpora. Il superamento de sa prima pandela rappresenterebbe la vittoria del paganesimo sul cristianesimo, oltre che un terribile affronto per gli alfieri e un cattivo presagio per l'annata agraria. Al termine della consegna degli stendardi, i cavalieri, guidati dal parroco e dal sindaco ed accompagnati da una banda musicale e dai fucilieri, che costituiscono un rumoroso ed efficiente servizio d'ordine e annunciano l'arrivo del corteo, attraversando le vie principali del paese si dirigono verso il santuario, situato nelle campagne del paese, a breve distanza dal centro abitato. Giunti a su Frontigheddu, un poggio sovrastante la strada che conduce all'arco d'ingresso del santuario, i partecipanti ricevono un'ennesima benedizione dal parroco. Mentre le tre scorte faticano a tenere ad una certa distanza dalle tre Pandelas gli inseguitori, sa prima controlla la situazione e, dal momento in cui la triade delle autorità a cavallo devia dal percorso principale, è libera di spronare la cavalcatura precipitandosi giù dal pendio verso la chiesa attraverso l'arco seguita dai due compagni e dal resto dei cavalieri che tentano di superarla ormai che non possono più essere trattenuti dai legni delle scorte. Il loro intento è di superare la prima Pandela non per mancanza di rispetto suo o del Santo ma per dimostrare la propria balentia. Con un percorso dapprima sassoso e in ripida discesa, poi costretto nell'arco di San Costantino, un tempo più stretto e lungo, la polverosa colonna raggiunge al galoppo il santuario; poi, lentamente, vi compie intorno un numero imprecisato di giri in senso orario che, generalmente, varia da tre a sette ma può arrivare anche a nove o undici. I cavalieri, come sempre al volere della prima bandiera, si precipitano verso sa Muredda, un muretto circolare al centro del quale si trova una croce, effettuando anche qui un certo numero di giri in senso orario e poi antiorario; l'inversione, alquanto spettacolare e imposta dalle scorte ai recalcitranti inseguitori, serve a riprendere il verso adatto per affrontare l'ultima salita di galoppo, verso la chiesa, ove la parte più spettacolare dell'Ardia si conclude.”
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Che dire amico mio ; lo spettacolo della fede nella battaglia,e l'orgoglio di appartenere ad una grande Terra . Un caloroso abbraccio . Buona domenica , Fabrizio
Energia, pathos, luce e paesaggio mixati in un unico scatto. Sempre interessantissime le presentazioni che fanno "entrare" nelle tradizioni pià radicate dell'isola.
Commento una scena che lo stesso autore ha definito... "non è neppure una corsa di cavalli ma un atto di fede". Ardimento, coraggio, un pizzico di follia, ma quella che porta a inchinarsi al cospetto di questi valorosi cavalieri. La collego allo spirito dell'arrampicata, dell'alpinismo. Ambedue convergono nello stesso punto, ovvero, l'innato istinto del rischio fine a se stesso che da sempre a stimolato l'uomo. Mettersi alla prova per sentire di avere la forza di andare avanti, per raggiungere e superare ai propri limiti, sempre con un margine di sicurezza s'intende. È una versione più ampia, più spaziale della precedente , ma che ti lascia allo stesso modo a bocca aperta. Tecnicamente ineccepibile, tutto gestito con la precisione che contraddistingue i lavori di Giuseppe. Super shot. Bye gios
Da questo punto di vista si capisce che sono dei cavalieri speciali, terreno sconnesso, polvere e giù a capofitto in discesa, al galoppo però Mi imnagino dietro tra polvere sassi e mischie che coraggio si deve avere Bella cattura di questo momento topico ed ottimo b.n. Un caro saluto, Loris