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“Il tempo non prometteva nulla di buono in quei primi giorni di giugno del 1975 – racconta Radin - ma decidemmo ugualmente di tentare. Il 7 giugno, su terreno umido ed in mezzo alle nebbie, ci portiamo all'attacco facendo però un giro complicatissimo e pericoloso. Ci mettiamo un giorno intero per superare lo zoccolo ma alla fine arriviamo sotto la parete vera e propria, dove bivacchiamo. Ma a quelpunto comincia a piovere.” Chiunque altro sarebbe sceso. Loro no,proseguono imperterriti ed il secondo giorno, sotto la pioggia, superano persino un passaggio di VII grado inferiore oltre il quale un'insidiosa traversata li porta alla base del diedro vero e proprio, dove bivaccano. E' la notte dell'8 giugno. Il terzo giorno, avvolti dalle nuvole e bagnati dalla pioggia, poco a poco risalgono il diedro ma non riescono ad uscirne entro sera e così devono bivaccare di nuovo. “Quel diedro sembrava nonfinire mai – ricorda Radin – ma la cosa peggiore era che non smetteva di piovere. E le difficoltà non mollavano!” Il quarto giorno d'arrampicata serve loro per venire a capo del diedro dove incontrano passaggi di VI e VIsuperiore e dove, sempre a causa dell'inclemenza del tempo, devono bivaccare appesi ai chiodi. “Fu una notte difficile – racconta sempre Radin – ma ci sollevava sapere che ormai le difficoltà stavano per finire e che l'indomani avremmo raggiunto la vetta”. Ed infatti il quinto giorno Casarotto e Radin calcano la cima dello Spiz: il diedro sud-ovest è ormai alle loro spalle. Le rogne però non sono finite, anche se ancora non lo sanno. Infatti, un po' per il maltempo ed un po' per la fretta di arrivare in fondovalle, dopo aver scavalcato la Torre di Lagunaz i due sbagliano ed iniziano a calarsi versoil Boral di Lagunaz. E' un errore madornale che costerà loro un'odissea fatta di calate a corda doppia e poi, finiti i chiodi, di difficili passaggi in arrampicata libera, slegati ed in discesa. Per l'ennesima volta sono costretti a bivaccare, se si possono definire “bivacco” poche ore di riposo dentro una gola e sotto la pioggia. Al mattino del sesto giorno arrivano sull'orlo dell'ultimo salto prima del breve bosco che li separa dalla strada. “Dopo giorni in mezzo alle nuvole – ricorda Radin - finalmente vediamo sotto di noi la frazione di Col di Prà da dove eravamo partiti. Ma tra noi ed il fondovalle c'è ancora un salto di roccia di quasi cento metri. Non ci pensiamo due volte: uniamo le due corde fissando l'estremità superiore ad un pino mugo e ci caliamo per tutta la loro lunghezza. Alla fine tocchiamo terra, lasciamo lassù le corde (che non avremmo potutorecuperare) e raggiungiamo la Baita del Tita dove ormai ci avevano dati perdispersi e già avevano allertato le squadre di soccorso. I festeggiamenti,in valle prima ed a Vicenza dopo, ci consumarono poi le ultime energie rimaste!”. Eugenio Cipriani Incontro con Piero Radin, il "Pierino" dell'alpinismo Febbraio 2013
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La Milarepa, per me queste sono le montagne più belle, aspre. difficili, nascoste agli occhi di tutti, bisogna andare li per vederle,, dalla forcella di Gardes puoi salire la IV Pala e hai lo spettacolo davanti, stupenda la tua foto!! ciao