JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).
Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.
Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:
Cabras nell'Oristanese, all'alba nell'aria dorata del primo mattino una bandiera e 900 uomini vestiti di bianco attraversano di corsa strade e campagne per percorrere i sette chilometri che li separano dal villaggio di San Salvatore, corrono scalzi al grido di “Evviva Santu Srabadoi”! “Evviva Sa Pandera”! “Evviva Is Curridoris”!, corrono scalzi per sciogliere un voto, un rito antico che si rinnova dal 1619. Cabras è un posto incredibile il suo territorio è ubicato tra i grandi stagni e il mare del golfo di Oristano e ha una storia di enorme importanza è quì infatti che sono stati ritrovati i Giganti di Monti Prama, nei suoi stagni solcano ancora i Fassonis, una barca di erba palustre intrecciata, le antiche imbarcazioni lacustri arrivate sino ai nostri giorni dai tempi più remoti ed è questa la terra degli scalzi. Per chi vuole saperne di più vi riporto due stralci dal sito CORSA DEGLI SCALZI e da quello del COMUNE DI CABRAS. LE ORIGINI DELLA LEGGENDARIA CORSA DEGLI SCALZI ------- delle celebrazioni si fanno risalire al 1619 d.C., quando a causa delle incursioni dei Mori che coinvolsero questo territorio per un lungo periodo di tempo, per mettere al sicuro la statua del Salvatore durante uno degli assalti moreschi, gli abitanti del luogo diedero vita a una lunga e veloce corsa. Secondo la leggenda, gli "Scalzi" usarono al posto delle calzature dei rami legati ai piedi nudi, in modo da sollevare più polvere possibile durante la corsa e sembrare così molto più numerosi. Lo stratagemma funzionò in pieno, in quanto i Saraceni, spaventati all'idea di essere di fronte a un grande esercito, si diedero alla fuga. Il villaggio e il simulacro di San Salvatore erano in salvo. Da allora, ogni anno, in ricordo di quell'episodio miracoloso, il rito viene ripetuto per rinnovare il voto fatto al Santo. La tradizione vuole che la statua rimanga a Cabras fino al sabato mattina precedente la prima domenica di settembre, quando centinaia di giovani, vestiti con una clamide bianca legata in vita da un cordone (il classico abito dei penitenti), scalzi e di corsa percorrono sentieri polverosi e irti di pietre, portando a spalla il simulacro fino al villaggio di San Salvatore di Sinis, dove la statua rimane fino al pomeriggio della domenica, quando gli scalzi la riportano nuovamente di corsa a Cabras, dove è conservata all'interno della chiesa di Santa Maria Assunta e dove rimane fino all'anno successivo.---------------------- “Evviva Santu Srabadoi”. Quando le calde giornate estive iniziano a cedere il passo a temperature più fresche e la terra riarsa dal sole si veste di tinte più tenui, a Cabras è tempo di “Curridoris”; è tempo di “Corsa”, corsa vera: quella che ti libera l'anima, ti riconcilia con te stesso e con gli altri, e ti avvicina al Signore. E non è raro, allora, incontrare frotte di fanciulli, giovani aitanti e uomini più maturi procedere veloci su strade: ora asfaltate, ora polverose, con l'obiettivo esclusivo di prepararsi per la grande processione e correre in nome del Salvatore Gesù. Questo è l'unico intento: partecipare all'evento religioso, che coinvolge l'intera comunità cabrarese, la prima domenica di settembre e il sabato che la precede. Un anno intero è durata l'attesa di coloro che scioglieranno un voto, avanzando veloci per molti chilometri, attraverso sentieri polverosi , sassosi, e strade apparentemente impossibili. Corre scalzo, il popolo bianco, a piedi nudi, dunque, e in numero sempre maggiore; li accomuna la volontà di rispettare una promessa o soddisfare un vero bisogno dell'anima, magari spinti dalla necessità di riconciliarsi con DIO. E i padri sentono l'esigenza di tramandare ai figli il loro credo, e i figli puntano al rispetto delle scelte dei padri fin dall'infanzia. Non si dorme la notte, quando l'attesa per la “partenza” si fa più frenetica, come quella per un lungo viaggio. Ed è allora, che la parrocchiale di Santa Maria Assunta, ancor prima dell'alba, si affolla come d'incanto di centinaia di fedeli, e tutti indossano un saio bianco per ascoltare la Santa Messa in religioso silenzio. E quando, le luci del sole accendono il primo mattino, una lunga fila di devoti precede il simulacro del Salvatore con la Sua bandiera, fino all'uscita del paese, laddove anticamente il centro abitato si apriva all'aperta campagna. Pochi istanti per le ultime preghiere e gli ultimi preparativi, e un urlo sale alto verso il cielo per riempire tutti di grande emozione: “ Basci in nomine 'e Deus !!!”. Ed è partenza, la processione ha inizio, di corsa. Solo la bandiera precederà il Santo durante il tragitto, mentre le centinaia di partecipanti, regolati per gruppi, a loro volta divisi in cambi: “Is mudas” avranno il compito di avanzare veloci col simulacro fino al villaggio di San Salvatore. “Evviva Santu Srabadoi”! “Evviva Sa Pandera”! “Evviva Is Curridoris”! Urla di gioia, di ringraziamento, quasi di orgoglio, che danno forza e ti fanno andare avanti, tra sforzi e fatiche fino all'arrivo: “S'arribu”, dove madri e spose sono pronte ad accoglierti, avvolte da mille emozioni. La piccola, ma affascinante chiesetta della borgata, ricca di storia, ospiterà per un giorno e una notte Il Salvatore, fino al pomeriggio successivo, e il tempo passerà in un baleno tra i festeggiamenti civili e riti religiosi, iniziati, a dire il vero, nove giorni prima della grande festa con preghiere, via crucis, canti e invocazioni di coloro che hanno animato il villaggio in quei giorni. E poi è di nuovo partenza. La processione del rientro del Santo per la Pieve di Santa Maria, dopo la messa officiata nel primo pomeriggio della prima domenica di settembre, conclude la celebrazione del Signore. Ed è di nuovo corsa: Sfrenata, a volte incosciente, che esalta gli animi dei partecipanti stretti tra due ali di folla plaudente per tutto il percorso. Lacrime di gioia rigano i volti, cuori palpitanti ritmano il viaggio di ritorno verso Cabras che accoglie il suo popolo bianco e sudato con l'abbraccio di chi vuole condividere il sacrificio appena compiuto. Ma non c'è tempo per pensare a ciò che è stato. E' già tempo di futuro: "A Atrus annus mellus amici". “Evviva Santu Srabadoi”. --------Voglio dedicare questa immagine a tutti gli amici e le amiche di Juza, che Santu Srabadoi vi protegga-
Hai domande e curiosità su questa immagine? Vuoi chiedere qualcosa all'autore, dargli suggerimenti per migliorare, oppure complimentarti per una foto che ti ha colpito particolarmente?
Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 241000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.
Il mio amico Gianka ha suggerito questa musica per la foto dei Curridores anche se non è musica sarda va benissimo perché quando siete in attesa trepidante del drappello dei 900 uomini vestiti di bianco e sentite da lontano le loro grida è come la marcia di un grande esercito che si avvicina, poi ritmicamente durante tutto il percorso uno dei corridori lancia il grido “Evviva Santu Srabadoi” e 900 rispondono evviva, vi assicuro che è impressionante almeno a me mi emoziona tantissimo, quindi questa musica valorizza bene questo momento trionfale, grazie infinite Gianka
---------------------------------------
E permettetemi di citare anche l'amico Gabbia e le sue bellissime parole che esprimono con il cuore come sa fare lui il sentimento di noi sardi nei confronti della nostra terra - "Come si può passare oltre senza essere rapiti dall'immagine che trasmette un'insieme complesso di emozioni che si percepisce attraversano il tempo. Come sempre la didascalia mette per iscritto quello che la fotografia racconta in un sol fiato. La tua terra, un amore viscerale che accomuna i Sardi, il loro orgoglio, il sentirsi figli di questa bellissima isola, debitori nei suoi confronti. forse per questo eterni trasmettitori di usanze, costumi, attraverso le generazioni. Storie antiche che sopravvivono alla modernità senza subirne nemmeno un graffio. Bellissima, Giuseppe, un viaggio stupendo che ha il sapore della grande accoglienza nel tuo bellissimo mondo." Grazie infinite Gabbia65 ------------------------------------------------------------------------------------------------- E grazie infinite a tutti quelli e quelle che passeranno un grande abbraccio dalla Sardegna