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Papa Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, passato alla storia come ignavo e vile grazie a Dante, nacque da famiglia poverissima e decise di condurre una vita da eremita tra le montagne dell'Abruzzo. Eletto a sorpresa come Papa dal conclave del 1294, che ormai durava da due anni, perché rispettato ovunque per la sua religiosità e forse perché ritenuto facilmente manipolabile, vista la sua poca conoscenza del mondo politico. Dopo quattro mesi di pontificato decise di rinunciare, le ragioni non sono ben chiare, ma probabilmente non apprezzava molto l'ambiente torbido dello Stato Pontificio, o forse i cardinali non erano poi così contenti di lui. Una volta date le dimissioni, venne messo sotto controllo dal suo successore, Bonifacio VIII, si diede quindi alla fuga, ma fu catturato poco dopo e imprigionato nella fortezza di Fumone. Qui morì un anno dopo, debilitato dalla prigionia. Gli storici non hanno abbastanza elementi per chiarire le vicende di quest'uomo, però, a differenza di Dante, non posso non provare simpatia per un Papa di cui uno dei primi atti ufficiali fu l'emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargì l'indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si recarono nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell'Aquila. Il tutto gratuitamente. Quel volpone di Bonifacio VIII, solo 6 anni dopo, inventò il Giubileo, e il perdono da li in poi non sarebbe stato così economico.
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