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tratto da "Fiabe buddiste":
Tanto tempo fa, nell'antica India, viveva una divinità chiamata Indra. Era il dio del cielo, governava il bello e il brutto tempo, il cielo azzurro e le tempeste, i lampi, i tuoni e i venti.
Grazie al sole e alla pioggia nutriva le piante e le faceva crescere, procurando cibo per gli animali e per le comunità umane. Quando scorgeva un pensiero, una parola o un gesto d'amore per gli altri, il suo cuore gioiva, e il tempo in quella regione manifestava la stessa sua serenità: un tiepido sole scaldava la terra, oppure una pioggia sottile e abbondante nutriva i raccolti. La vista della malvagità e dell'ipocrisia rendevano invece il suo cuore buio e tempestoso e riempiva i suoi occhi di lacrime, tanto da scatenare tempeste, tifoni e terremoti.
Un giorno Indra era in preda alla tristezza, perché sembrava che nel mondo degli esseri umani prevalessero l'egoismo e la violenza. Chiese allora al dio Visvakarma se conosceva qualcuno la cui saggezza e compassione fossero virtù autentiche. Visvakarma raccontò allora di aver sentito parlare di un re, chiamato Sibi, il cui comportamento compassionevole rispecchiava la sua saggezza profonda. Egli non esercitava il suo potere per favorire se stesso o alcuni a scapito di altri, ma agiva per il bene di tutti gli esseri viventi.
Indra decise allora di conoscerlo. Si trasformò in falco e chiese a Visvakarma di trasformarsi in un piccione dal corpo azzurro come il cielo e gli occhi rossi come rubini, per mettere alla prova la saggezza del re.
Scesero dal cielo come un arcobaleno, e il piccione, inseguito dal falco, si rifugiò sotto il trono del re che riceveva in udienza il suo popolo.
Il falco allora disse: «O re, dammi il piccione che è la mia preda». Ma Sibi, guardando gli occhi pieni di paura della bestia rannicchiata sotto il trono, rispose al falco: «Questo piccione è volato fino a me affinché io protegga la sua vita. Piuttosto che consegnartelo e permettere la sua morte, sono disposto a sacrificare la mia stessa vita». Il falco rispose: «O re, quel piccione è il cibo per me e i miei piccoli. Se è vero che hai promesso di sostenere la vita di tutti gli esseri viventi, non puoi permettere che io e la mia famiglia moriamo di fame. Rendimi il mio cibo». Sibi replicò: «Non hai altro cibo per sostenere la tua vita?». «No – disse il falco – io mi nutro di carne e sangue». Il re disse: «La mia carne sarebbe cibo buono per te?». «Certamente – rispose il falco – se mi darai una quantità della tua carne equivalente al peso del piccione, potrò sfamare me e la mia prole e me ne andrò via lasciando quel piccione in pace». Il re provò una gioia profonda e chiese a un servitore di portare una bilancia e un coltello affilato. Poi si denudò una coscia e tagliò egli stesso un pezzo di carne grande come il piccione.
Pose quindi l'uccello su un piatto della bilancia e la sua carne sull'altro, ma il piccione pesava di più. Indra gli disse allora: «O re, hai sofferto abbastanza. Dammi il piccione e io volerò via contento». Ma il re rispose: «Ormai ho preso la mia decisione, il dolore che provo nel tagliare la mia carne è inferiore alla gioia che provo nel salvare una vita». E così dicendo tagliò un altro pezzo, ma il piccione pesava sempre di più. Il re continuò a tagliare fino alle bianche ossa, ma la bilancia non si muoveva.
All'improvviso il re comprese che il valore di una vita poteva essere eguagliato solo da un'altra vita. Salì allora egli stesso sul piatto della bilancia, la quale immediatamente fu in equilibrio. In quel momento la terra tremò e il cielo risuonò di commozione. Il falco si trasformò nel dio Indra, e il piccione nel dio Visvakarma, che si inchinarono di fronte a Sibi, il futuro Budda, e gli donarono all'istante un corpo nuovo e meraviglioso.
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Molto bella questa immagine ripresa da un punto di vista insolito e molto piacevole per gli intrecci delle linee . Il tuo racconto però lo conoscevo già anche se con protagonisti diversi e realmente esistiti ed esistenti: è raccontata in un libro che anche tu conosci.