RCE Foto

(i) Per navigare su JuzaPhoto, è consigliato disabilitare gli adblocker (perchè?)






Login LogoutIscriviti a JuzaPhoto!
JuzaPhoto utilizza cookies tecnici e cookies di terze parti per ottimizzare la navigazione e per rendere possibile il funzionamento della maggior parte delle pagine; ad esempio, è necessario l'utilizzo dei cookie per registarsi e fare il login (maggiori informazioni).

Proseguendo nella navigazione confermi di aver letto e accettato i Termini di utilizzo e Privacy e preso visione delle opzioni per la gestione dei cookie.

OK, confermo


Puoi gestire in qualsiasi momento le tue preferenze cookie dalla pagina Preferenze Cookie, raggiugibile da qualsiasi pagina del sito tramite il link a fondo pagina, o direttamente tramite da qui:

Accetta CookiePersonalizzaRifiuta Cookie

Galizia: la Spagna che non ti aspetti


  1. Altro
  2. »
  3. Articoli
  4. » Galizia: la Spagna che non ti aspetti


Galizia: la Spagna che non ti aspetti, testo e foto by Vincent79. Pubblicato il 06 Novembre 2013; 45 risposte, 33819 visite.


Dimenticate flamenco, paella e le coste assolate mediterranee. A nord della Spagna la musica è fatta del rumore del vento e delle onde oceaniche che s'infrangono, del canto dei gabbiani, di cornamuse. Sono stato diverse volte in Spagna, dove vado sempre volentieri e di cui apprezzo i suoi spazi poco popolati, i suoi parchi, la sua attenzione verso l'ambiente e le sue città, movimentate, ricche di storia e cultura, che guardano al futuro pur restando legate alle loro tradizioni. Questa volta l'idea era quella di visitare la regione della Galizia, a nord-ovest quindi, percorrendola lungo la costa per verificare come l'influenza dell'Oceano Atlantico avesse condizionato il paesaggio, la vita e i costumi di questo territorio. Dopo una visita veloce alla città di Porto durata un paio di giorni, dove sono giunto il 2 settembre con un volo diretto da Roma, sono partito alla volta di Vigo, lasciando così il Portogallo, che di sicuro meriterebbe una visita più approfondita di quanto abbia fatto io. In appena due ore di autobus raggiungo Vigo.

Nonostante non sia né la capitale né capoluogo di provincia, è la città più popolata della Galizia e a primo impatto lo si nota subito, con le sue aree industriali e il suo porto immenso. Sorge sull'omonima ría. Le rías sono insenature tipiche della Galizia, che si addentrano nella costa come fiordi, si sono formate in seguito allo sprofondamento trasversale delle valli tettoniche e la conseguente occupazione del mare all'interno per diversi chilometri, spesso sommergendo antichi alvei fluviali. Più romanticamente si dice che qui Dio abbia poggiato la mano, dopo la creazione, per riposarsi, lasciando così che la costa si forgiasse sotto l'impronta delle sue dita. Queste a sud sono le Rías Baixas ( rias basse) mentre a nord di Fisterra le rías prendono il nome di Rías Altas. Vigo è una città piacevole da visitare, moderna, accogliente, ben curata, culturalmente dinamica, commerciale... ricca. Questo è quanto ho percepito in un giorno di permanenza che, dopo aver girovagato tra le vie commerciali ricche di negozi e il grazioso centro storico, ho preferito concludere con una visita al Parco del Castro, che sorge su una piccola collina da cui è possibile godere di una vista sulla città e di uno spettacolare tramonto sulle Isole Cíes.





Le Isole Cíes

E' questa infatti la prima meta sulla quale vale la pena soffermarsi, spendendo qualche giorno in più da dedicare interamente alla scoperta di queste isole straordinarie, vera rivelazione di questo viaggio. Le Isole Cíes sono parte del Parco Nazionale delle Isole Atlantiche della Galizia, insieme all'arcipelago delle Isole di Ons, Cortegada e Sálvora, e sono raggiungibili con appena 40 minuti di navigazione dalla città di Vigo. L'accesso alle isole è regolamentato da norme mirate alla tutela e alla conservazione dell'ambiente che ne consentono la fruibilità solo per alcuni giorni l'anno (a Pasqua, nei fine settimana di Maggio, e da Giugno a Settembre) e per un massimo di 2200 visitatori al giorno. L'unico servizio di pernottamento sulle isole è offerto da un campeggio che concede la possibilità di prenotare una piazzola o di affittare una tenda in loco, entrambe per una permanenza non superiore ai 15 gg. Per il resto soltanto un ufficio informazioni, quello della croce rossa e della forestale, un ristorante e... null'altro. Lo spirito eco-friendly delle isole si intuisce già dal porto di provenienza, dove, insieme alla "tessera del campeggiatore" necessaria per il pernottamento, è fornito un sacchetto bianco che servirà a riportarsi indietro i rifiuti. La tessera è necessaria inoltre per controllare il numero di presenze sull'isola. Senza di essa la compagnia di navigazione rilascerà un biglietto di a/r per lo stesso giorno. Viste quindi le restrizioni applicate è buona norma prenotare in anticipo sia il biglietto del traghetto che il pernottamento presso il campeggio. E' possibile fare il tutto comodamente on-line. Presso gli uffici marittimi del porto di Vigo bisognerà poi ritirare i biglietti e la tessera del campeggiatore.

Una volta sbarcati sulle isole, la sensazione è quella di essere stati catapultati in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, dove la natura si manifesta con forza, dove il silenzio è rotto solo dal canto di centinaia di gabbiani che qui pare costituiscano una delle più grandi colonie della Spagna. Ciò che salta all'occhio e fa da benvenuto è la lunghissima ( più di 1 km) spiaggia di Praia de Rodas, il cui aspetto rimanda a spiagge caraibiche d'oltreoceano. Il suo lungo arenile di sabbia finissima e bianchissima collega l'Isola di Monteagudo con quella del Faro. A farle da contorno acqua cristallina, dune, un lago salato, boschi. Sembrerebbe non mancare nulla a quella che il celebre quotidiano britannico, The Guardian, nel 2007, ha definito la "..spiaggia più bella del mondo" . Purtroppo non ho visitato ancora tutte le spiagge del mondo per valutarne la migliore, ma di sicuro Praia de Rodas non lascia indifferenti. Anche la ricettività turistica dell'Isola è ben organizzata. Il campeggio è ben gestito e controllato e le regole imposte permettono di vivere il luogo in totale relax, nel rispetto dell'ambiente e degli altri visitatori. I sentieri sono agevoli e lastricati.


Non più di 4 i percorsi tracciati che, inoltrandosi tra boschi di pini ed eucalipto, conducono a spiagge, fari e vette da cui è possibile scorgere paesaggi mozzafiato. Proprio come il percorso del Alto do Principe, che termina su una sommità da cui è possibile ammirare le Isole Cíes in tutta la loro forza. Da qui, in un unico colpo d'occhio, è infatti possibile osservare le isole su entrambi i lati: quello ad est, protetto dalla calma della laguna e della baia e quello ad ovest, dove alte falesie precipitano nell'oceano battute dai venti. Degno di nota è anche il percorso che conduce al Faro di Cíes, sull'isole di Monte Faro, da cui è possibile avere una visione a 360 gradi su tutto l'arcipelago e la Ria di Vigo. Altre indicazioni conducono invece ad altri punti di interesse come la Pedra de Campa, una strana conformazione rocciosa con un enorme foro al centro creato dall'erosione del vento nel corso dei millenni. Non mancano capanni per il birdwatching dai quali osservare gabbiani, marangoni dal ciuffo ed altri uccelli marini che qui nidificano indisturbati. Le Isole offrono anche la possibilità di praticare diverse attività marine come lo snorkeling, immersioni, kayaking. Ma se il sole, la spiaggia bianca, il mare cristallino, l'estasi del paesaggio, dovessero invogliarvi ad un bagno ristoratore... Siate prudenti. Basterà immergervi appena per cambiare subito idea e ritornare con la mente alle giuste latitudini. La temperature dell'acqua, infatti, resta comunque fredda ma lo spettacolo naturale delle Isole Cíes è tale da ripagare ogni rinuncia.




Ho pernottato due notti presso il campeggio, in un'area adiacente al lago, svegliato all'alba dal canto assordante dei gabbiani e dal fragore delle onde che ad est s'infrangevano contro gli scogli, sotto una luce dorata ed un cielo terso. L'atmosfera era idilliaca e tutto sembrava essere in sintonia. Attenzione solo ai gabbiani, sempre pronti ad avventarsi contro ogni forma di cibo lasciato incustodito. Alcuni cartelli sparsi ovunque invitano sempre a non lasciare né a dare volontariamente cibo ai gabbiani. Due giorni sono stati sufficienti per godere delle isole in modo diverso. Il primo giorno, nuvoloso, cupo, tipico degli ambienti nordici, ma comunque affascinante ed il secondo invece, solare, con un cielo terso ed una luce che restituiva colori e contrasti tali da rendere il paesaggio ancor più suggestivo. Le isole Cíes sono state davvero una piacevole sorpresa e per goderle appieno è doveroso soffermarsi almeno una notte. Quando i turisti giornalieri sono andati via ed è possibile ammirare tramonti mozzafiato sull'oceano dall'alto dei belvedere.





Ezaro-Fisterra

Lasciate le isole Cíes, rientro a Vigo per raggiungere l'aeroporto dove ritiro l'auto da noleggiare per ripartire verso nord, in direzione Costa da Morte. Il paesaggio sulla costa è ricco di insenature, di ambienti di transizione dove mare e terra si confondono creando lagune, dune, ampi arenili, che cambiano continuamente per effetto dei venti e delle maree. La costa resta bassa e le rías creano approdi sicuri e protetti. Percorro la superstrada per Pontevedra, città che meriterebbe una sosta ma che preferisco evitare per soffermarmi meglio su altri luoghi successivamente. Da Pontevedra proseguo in direzione Santiago de Compostela, per poi ripiegare nuovamente sulla costa. Dopo circa 1 ora e 40 minuti raggiungo il piccolo villaggio di Ezaro, nel comune di Dumbria, passando così dalla provincia di Pontevedra a quella di Coruna. Il monte Pindo con i suoi 627 metri d'altezza domina questo tratto di costa e racchiude paesaggi naturali di grande interesse. Da un lato, la spiaggia di Carnota, la più ampia della Galizia, con i suoi 7 Km di lunghezza e tra le più belle, dall'altro la Ría di Ezaro in cui il fiume Xellas precipita dalle pendici del monte con un salto di 40 metri. La cascata è meta di molti turisti, attratti soprattutto dal fatto che è l'unica dell'Europa continentale a precipitare direttamente in mare. E' raggiungibile comodamente lasciando l'auto a pochi metri, dove si trova anche un piccolo museo dedicato alla centrale idroelettrica che sorge alle sue spalle, a monte della cascata. Nei week end estivi è possibile ammirarla anche illuminata di sera dalle 22,30 alle 23,30, regalando così un'immagine ancora più suggestiva ed emozionante. La portata e il fragore sono notevoli ed è una fortuna poterla ammirare così vicino.




Da qui, risalendo alcuni tornanti, un'indicazione mostra la strada per il punto da cui è possibile avere un'ampia panoramica sulla Ría di Ezaro fino a scorgere sulla destra Cabo Fisterra. Il sole sta calando all'orizzonte e le luci calde del tramonto infiammano le rocce granitiche del monte. Dall'alto, le curve sinuose che la baia disegna penetrando la costa regalano riflessi che illuminano la superficie, racchiusa tra le due sponde perfettamente complementari. Il paesaggio che si staglia davanti e che apre all'oceano è davvero notevole ed è facile comprendere come il monte Pindo sia per i galiziani l'Olimpo dei Celti. Purtroppo qualche giorno dopo il mio rientro vengo a conoscenza di un vasto incendio, il più devastante del 2013 in Spagna, che ha distrutto ben 2200 ettari di bosco, a danno di uno dei siti naturalistici più importanti. Tutt'ora un'associazione a difesa del monte sta combattendo affinchè il sito venga dichairato Parco Nazionale e riceva così le necessarie attenzioni e tutele da parte dello Stato e della Regione.


Con il sopraggiungere della notte ho proseguito la mia strada, con una sosta per il pernottamento a Cee, circa 7 km dopo, anche questo un piccolo paese molto simile a tutti gli altri, protetto dalle insenature. L'indomani si riparte, risalendo la costa sempre in direzione nord, e a pochi chilometri da Cee si scorge già il promontorio di Cabo Fisterra. Lungo la strada è un susseguirsi di pellegrini che hanno scelto Fisterra come tappa finale del pellegrinaggio del Cammino di Santiago. Siamo infatti a 91 km dal capoluogo galiziano. Il percorso che da Santiago termina fin qui può essere certificato con la cosiddetta "Fisterrana", rilasciata dal municipio, attraverso la presentazione dei timbri raccolti durante il cammino. Il motivo per il quale questo territorio rappresenti una tappa importante per il cammino spirituale lo si deduce dal significato stesso del suo nome: Fisterra, ovvero Finis Terrae, fine del mondo. Qui gli antichi romani avevano fissato il limite del mondo fino ad allora conosciuto. Anche se attualmente ad essere il punto più ad ovest dell'Europa continentale è Cabo de Roca, in Portogallo, Fisterra non ha perso il suo valore simbolico e spirituale riuscendo a conservare, attraverso i secoli, il significato ideale di ultimo traguardo al di là del quale l'orizzonte si apre sulla vastità dell'oceano in cui è naturale perdersi. Sono arrivato al mattino, prima che il posto diventasse un via vai di turisti irrequieti, in una giornata soleggiata con un mare incredibilmente calmo. Né il rumore del vento o delle onde né il vociare dei turisti a rompere il silenzio che assecondava e amplificava l'aura mistica che qui si respirava. I pellegrini giunti fin qui, carichi dei loro zaini, affaticati e provati, come da rituale proseguono al di là del faro per deporre qualche indumento o accessorio, di solito le scarpe, a memoria del pellegrinaggio compiuto. Un traliccio accoglie parti di vestiario, rosari, scarpe, santini, cappelli ed ovunque, sulle rocce, altri oggetti sono stati abbandonati. Spesso i cumuli vengono bruciati, tanto che il terreno è nero dalla cenere.


Altri pellegrini si aggirano presso l' ampia e suggestiva spiaggia di Langosteira per immergersi in un bagno purificatore secondo l'antica tradizione medievale o per raccogliere qualche capasanta, la tipica conchiglia simbolo del cammino di Santiago. Paesaggisticamente il promontorio con il suo faro resta piuttosto indifferente o quantomeno meno spettacolare rispetto a gli altri incontrati in seguito, ma la sua carica di emozioni e suggestioni è tale da renderlo comunque memorabile. E così, in silenzio, allo stesso modo in cui si è arrivati, si lascia Fisterra proseguendo ancora verso nord.




Nel cuore della Costa da Morte

Cabo Fisterra, fine del mondo, ma anche l'inizio di quel tratto di costa che da qui fino a Malpica è stato teatro di numerosi naufragi nel corso dei secoli a causa della conformazione della costa e delle condizioni avverse del mare, tanto da essere chiamata "Costa da Morte". Un nome accattivante, dove alle tragedie reali accadute si mescolano le leggende di antichi miti galiziani. Il paesaggio, rispetto alle Rías Baixas, diventa man mano che si procede verso nord sempre più aspro e selvaggio e le città lasciano posto a piccoli villaggi di pescatori, incastonati tra le scogliere, che traggono tutte le loro risorse da quell'oceano che per loro è fonte di vita... e di morte. La prima tappa è Muxía. Anche oggi il sole ci regala una giornata calda e meravigliosa dal mare sorprendentemente calmo, con un cielo completamente libero da nuvole ed una luce che ravviva i colori. E' domenica e il paese è pieno di turisti, per lo più fedeli accorsi in visita al Santuario della Vergine della Barca, anch'essa meta di pellegrini che, a piedi o con ogni mezzo, giungono numerosi con il loro carico di suppliche e preghiere. La tradizione del culto è legata all'apparizione della Vergine che giunse qui dal mare a bordo di una barca di pietra per soccorrere l'apostolo Giacomo (Santiago) nella sua opera di predicazione. Ciò che colpisce è la posizione in cui si colloca. Interamente in pietra sorge su un'ampia scogliera di granito con il sagrato che affaccia sull'oceano. E' un via vai di turisti, pellegrini, fedeli, che si disperdono sulla scogliera testando le leggendarie pietre mistiche. Alcuni, chinandosi, strisciano sotto un enorme masso ricurvo attraversandolo da una parte all'altra. E' la Pedra dos Cadrís, che secondo la leggenda cristiana sarebbe la vela lasciata dalla barca, dotata di poteri curativi per reumatismi e dolori alla schiena. Altri invece, da soli o in gruppo, cercano di far oscillare un'altra pietra piatta, la Pedra di Abalar, saltandoci sopra e cercando di smuoverla. Al suo movimento sono infatti legati presagi negativi o positivi a seconda dell'esito dell'oscillazione.




Poco distante dal Santuario, un memoriale in pietra raffigurante una profonda spaccatura, "La Ferida", ricorda i centinaia di volontari che si adoperarono per la pulizia della costa dopo il tragico incidente della petroliera Prestige, a largo delle coste galiziane, nel 2002. La nave riversò in mare migliaia di tonnellate di petrolio creando uno dei più grandi disastri ambientali, interessando un tratto di costa che dal nord del Portogallo arrivava fino alla Francia. Il disastro e le drammatiche conseguenze mobilitarono volontari da tutto il mondo che accorsero per ripulire le coste della Galizia dalla marea nera. Di ciò che fu non resta traccia e solo in qualche punto, tra gli scogli, è ancora visibile del nero che il mare fa fatica a ripulire. Un ultimo sguardo dall'alto della collina permette una visione globale del paese e della sua costa. Lasciata Muxía ho proseguito alla volta di Camarinas, nel cuore della Costa da Morte, dove ho pernottato. Il territorio, qui, merita una sosta prolungata e si rivela essere un buon punto di partenza per programmare escursioni lungo la costa, visti i numerosi siti d'interesse. Ovunque dei venditori offrono pesce fresco cotto al momento sulla brace e dalle vetrine delle mense i piatti abbondano di ogni bene che il mare sia in grado di offrire. Pesci e crostacei, in Galizia, sono gli alimenti principali della cucina locale e per qualità e varietà la rendono tra le più appetibili. I prezzi sono contenuti e il sapore dei piatti a base di pesce è divino.

Come trofei, i ristoranti espongono vassoi colmi di percebes, prelibati crostacei dall'aspetto mostruoso, il cui costo elevato è legato al rischio di pesca. Crescono infatti sulle scogliere battute dalle fredde onde oceaniche e per catturarli i percebeiros, legati ad una fune ed armati di coltello, si calano sulle rocce raschiando la superficie e sfidando l'impeto delle onde. Si trovano sulle coste atlantiche della Galizia, Portogallo e Marocco, ma pare che quelli galiziani siano più grandi e più pregiati. Oltre ad un'offerta gastronomica di tutto rispetto, Camarinas è anche nota per il suo artigianato. La giornata è calda e soleggiata e fuori le botteghe e le associazioni di artigianato, le palilleiras, come vengono chiamate le ricamatrici, lavorano ai merletti in modo del tutto particolare tanto da catturarne l'attenzione e meritare un approfondimento. Una sorta di cuscino cilindrico fa da supporto al disegno del quale seguono i contorni durante la lavorazione, muovendo spilli e maneggiando i fusi in legno con un'abilità ed una velocità tale da lasciare sbalorditi, specie tra le donne più anziane, dove è impossibile cogliere attraverso le mani in movimento i meccanismi di questo lavoro. La giornata volge al termine e le ricamatrici depongono i loro cuscini sulle sedie o poggiati alla parete delle loro botteghe in attesa di riprendere il lavoro il giorno seguente.


L'indomani si parte in direzione Cabo Vilán, sito naturale di importanza nazionale, per una visita al faro. Grazie alle indicazioni è facilmente raggiungibile dal centro di Camarinas. Dopo aver attraversato boschi di eucalipto e fiancheggiato campi di pale eoliche, sono giunto al faro. La sua presenza è imponente ed è senz'altro tra i più belli e significativi della costa galiziana. Situato su uno sperone che si eleva dal mare per 125 metri, è il faro elettrico più antico della Spagna. Ai suoi piedi un edificio ospita un interessante centro d'informazione sulla storia del faro e sui naufragi che si sono succeduti in questo tratto di costa. Da Cabo Vilán la costa è ancora più selvaggia e solitaria e decido così di percorrere la strada sterrata che da qui conduce fino al piccolo villaggio di Camelle. La strada è ampia e ben mantenuta e segue il perimetro della costa in uno dei suoi tratti più belli, in totale solitudine, lasciando spazio alla sola contemplazione del paesaggio marino.

La costa è frastagliata ed alterna alte scogliere a spiagge paradisiache. A largo, scogli affioranti ed isolotti ricordano la pericolosità di questo tratto che, in condizioni di tempo avverse, è stato spesso teatro di naufragi e sciagure. A memoria dei drammatici eventi alcune croci erette sugli scogli si ripetono un po' ovunque lungo la costa. Proseguendo, voltata Punta do Boi, il paesaggio offre un ampio panorama sulle spiagge di Trace, selvagge e battute dal vento, dominate sullo sfondo dal profilo del Monte Bianco, che con meraviglia scopro essere la duna più alta dell'Europa continentale. Una lingua di sabbia scoperta lascia intravedere la duna che si confonde con il monte. In questo tratto si trova anche il Cimitero degli Inglesi. Delle mura perimetrali in pietra delimitano infatti il luogo in cui furono sepolti gli uomini della nave britannica "The Serpent" che proprio qui, a Punta do Boi, naufragò l'8 novembre del 1890. Dei 175 uomini soltanto 3 sopravvissero. Il popolo di Xavina provvide a dare loro degna sepoltura realizzando questo piccolo e semplice cimitero di pietra direttamente sul mare, a poca distanza dalla spiaggia. La strada continua lungo la costa ed io procedo lentamente per godere di ogni piccolo scorcio, fino a quando se ne allontana per risalire il monte. Al di là del Monte Bianco la strada sterrata continua fino a scorgere i piccoli villaggi solitari di Arou e Camelle.




Arrivo a Camelle per visitare il Museo do Alemán, un museo a cielo aperto fatto di sculture in pietra ricavate dagli scogli, realizzate da un eremita tedesco che si trasferì qui nel 1962. Manfred Gnadinger fu un uomo solitario che passò tutto il resto della sua vita in una misera casa direttamente sul mare, senza acqua corrente né elettricità, su quella scogliera dove lui stesso reperiva materiale per le sue opere, nutrendosi di ciò che ricavava dal mare e dal suo giardino. Alto, scheletrico, dalla barba e dai capelli lunghi, indossava solo un perizoma restando per il resto nudo durante tutto l'anno, insensibile all'inverno così come alle fredde acque oceaniche dove era solito nuotare. Man, come veniva affettuosamente chiamato dagli abitanti locali, trascorse una vita lontana dalle comodità e dal materialismo della vita moderna fino al 2002, l'anno in cui morì. Un mese prima della sua morte, la sciagura della petroliera Prestige non risparmiò le sue sculture, che furono ricoperte dalla marea nera e con esse la sua casa e il suo giardino. Si dice che morì di crepacuore dopo aver visto i suoi lavori, e tutto ciò che rappresentava la sua vita, completamente devastati dal petrolio. La sua morte attirò l'attenzione pubblica e rappresentò per tutti la prima vittima umana di quel disastro. Come per il resto della costa, anche le sue sculture furono ripulite ma il museo versa adesso in uno stato di totale abbandono. Nonostante le varie richieste di intervento da parte dell'opinione pubblica nel salvaguardare le opere e la sua casa, pare che fino ad ora nulla di concreto sia stato fatto.

Della casa, crollata in alcuni punti, resta ben poco e in quell'atmosfera, consumata dal tempo, dal vetro della porta, l'anima di Man sembra affacciarsi come un fantasma tra le macerie. Spero che le autorità intervengano con un piano di recupero del luogo, a memoria e nel rispetto di quel vecchio eremita scultore che scelse Camelle per dare voce alle sue opere. La visita al Museo do Alemán conclude il mio viaggio sulla Costa da Morte, compiuto in uno dei tratti credo più rappresentativi. Il sole continua a splendere e i colori vivi del paesaggio stridono con la drammaticità degli eventi che qui si sono consumati. Si fa ritorno a Camarinas, ma questa volta abbandonando la costa e percorrendo la strada interna che, passando per A Ponte do Porto, riconduce di nuovo al punto di partenza. E' stata una giornata intensa e ricca di emozioni. Mi sarebbe piaciuto spendere ancora qualche giorno per godere di qualche tramonto in più sull'oceano ed osservare la costa sotto una luce diversa e magari anche con... un tempo diverso, visto che il sole e le belle giornate pare non vogliano abbandonare il viaggio. Ma di mare non ne ho ancora abbastanza perché l'indomani si partirà alla volta della città di A Coruna, sempre più a nord.



A Coruna - Cabo Ortegal - San Andrés de Teixido

L'indomani si parte con destinazione diretta per la città di A Coruna. La strada, come al solito, è piacevole da percorrere e dopo 1 ora e 30 minuti circa eccoci arrivati. La città è metropolitana ed estesa, vivibile e mai caotica, e mostra già il fascino tipico delle città nordiche. Anche il cielo cambia aspetto. E' grigio e carico di una pioggerellina fitta e costante che per fortuna si alterna a schiarite che permettono di godersi un po' la città senza preoccuparsi più di tanto. L'impressione è buona. Ovunque si respira ordine e pulizia. Le strade sono ampie, così come i parcheggi sotterranei sempre più simili a vere proprie città parallele. Le facciate dei palazzi che sporgono sul mare sono quelle tipiche, realizzate completamente da balconi verandati in vetro, le galerias. Ma è solo un'impressione veloce sulla città. Tempo di depositare i bagagli in albergo e si riparte alla volta dell'estremo nord galiziano.


Come al solito scelgo di percorrere l' autovia, equivalente alle superstrade nostrane, che permette di attraversare i paesi e di non pagare alcun pedaggio, a differenza dell'autopista, l'autostrada, disponibile solo per alcuni tratti, che permette un collegamento più veloce ma sicuramente più monotona. La qualità delle strade spagnole, almeno per l'esperienza che ho avuto in questa regione, è eccellente. Mai trafficate, invogliano ad una guida rilassata, e la rete tracciata su tutto il territorio è in grado di raggiungere i posti più nascosti e isolati in maniera comoda ed efficiente. Lascio velocemente la città e proseguo senza sosta puntando direttamente a raggiungere Cabo Ortegal. La frenesia di scrutare l'orizzonte da promontori ai confini del mondo è più forte di ogni altra cosa e così ho ben chiara quale sarà la meta. Proseguo in direzione Ferrol, altra città importante che come a Coruna si sviluppa nella sua ría. Il territorio continua ad essere un alternarsi di enormi distese di sabbia, dune, boschi che arrivano fino al mare, ponti, insenature, baie e tutto quanto manifesti un'incredibile fusione tra terra e mare. Da Ferrol prendo poi la strada che conduce ad Ortigueira, dalla quale il piccolo comune di Carino dista pochi chilometri e con esso Cabo Ortegal, punto d'incontro tra l'Oceano Atlantico e il Mar Cantabrico.


La strada mi conduce fin sotto al faro e il paesaggio che si apre davanti è impressionante e lascia senza fiato. Alla mia destra la costa resta frastagliata, interrotta da qualche insenatura e racchiude la Ría di Ortegueira con i suoi piccoli villaggi di pescatori. A sinistra, invece, alte falesie, disposte come un teatro a cielo aperto, precipitano nel mare. Davanti a me, il faro, relativamente recente come costruzione, e gli Aguillóns, tre caratteristici faraglioni che si susseguono uno dopo l'altro in mare a completare la punta estrema del capo. Il sito è di interesse nazionale e le sue rocce sono tra le più antiche del continente europeo. La natura primordiale e selvaggia del capo che precipita nell'oceano conferma perché per i galiziani questo luogo sia il considerato il Nord del nord.


Purtroppo l'area attorno al faro, in quel momento, era sottoposta ad interventi di riqualificazione e mi era impossibile muovermi liberamente tra i lavori in corso. Con rammarico rinuncio quindi a qualche scatto fotografico che rendesse giustizia alla bellezza effettiva del luogo senza purtroppo includere transenne ed operai. Un ultimo sguardo sull'oceano e si riparte. Cabo Ortegal segna anche la fine del mio viaggio sulla costa verso est. C'è ancora molto da vedere spingendosi oltre ma le distanze diventerebbero lunghe e il tempo a disposizione non basterebbe. Riprendo così la via del ritorno per A Coruna ma anziché ripercorrere la stessa dell'andata decido di addentrarmi nella Serra de la Capelada, un altopiano racchiuso tra i comuni di Cedeira e Carino, per visitare il piccolo e remoto villaggio di San Andrés de Teixido. Abbandonati i boschi di eucalipto, alle basse latitudini, il paesaggio in cima all'altopiano cambia radicalmente regalando atmosfere surreali. La strada corre solitaria lungo i campi, inghiottita dalle nubi che velocemente corrono da una parta all'altra attraversandoli. Centinaia di pale eoliche appaiono e scompaiono come fantasmi. Alcune sono talmente vicine da incutere timore per la loro mole. Si attraversa, in questo tratto, uno dei parchi eolici più grandi della Galizia. Attorno, mucche e cavalli selvatici pascolano indifferenti.





Prima di giungere a San Andrés mi fermo per una sosta al belvedere di Leslie Howard dove un monumento ed una targa recante i nomi delle vittime ricordano il tragico incidente che costò la vita all'attore britannico. Il 1 giugno del 1943 Leslie rientrava in Inghilterra dopo una missione segreta compiuta al fine di evitare l'entrata in guerra della Spagna, quando l'aereo fu abbattuto dai caccia nazisti in prossimità della costa che proprio da questo punto regala una vista mozzafiato. Dal belvedere è possibile avere una visione spettacolare sulle Acantilados di Vixía Herbeira, che con i loro pendii scuri e scoscesi precipitano nell'oceano da un dislivello di 612 metri, conquistando il primato delle più alte falesie dell'Europa continentale, mentre boschi di pini e campi tappezzano di verde il paesaggio, che nella solitudine del luogo custodisce un solo piccolo villaggio.


Raggiungo quindi San Andrés de Teixido che più che un paesino è davvero un pugno di case bianche raccolte, incastonate in un contesto idilliaco e fuori dal tempo. Malgrado l'isolamento è meta di un gran numero di pellegrini tanto da renderlo uno dei luoghi di culto più popolari per i galiziani che qui accorrono per venerare Sant'Andrea nella cappella a lui dedicata. Ma come spesso capita, alla devozione religiosa s'intrecciano le tante leggende che, tra fede e superstizione, hanno contribuito a rendere questo luogo ancor più misterioso e magico. Ed ecco che uno scoglio a forma di barca capovolta diventa la barca con cui l'apostolo naufragò sulla costa e insetti ed altri animali non sono che le anime di coloro che qui non sono mai giunti da vivi. Un celebre detto recita infatti: "A San Andrés vai de morto quen non foi de vivo", per ricordare a chi non si fosse mai recato da vivo che sarebbe comunque giunto lì da morto, sotto altre spoglie. Bancarelle e negozi di souvenirs vendono invece piccoli amuleti artigianali, i sanandresinos, fatti di pane e dipinti con colori vivaci, raffiguranti cinque figure diverse legate alla vita del Santo, ciascuno indicato per esaudire una specifica richiesta in amore, lavoro, studio, salute etc.. Una fonte, invece, accoglie suppliche e desideri di coloro che bevendone l'acqua gettano una mollica di pane con la speranza che galleggi, realizzando così il desiderio. In caso contrario bisognerà ritornare e ritentare il prossimo anno. Tante altre sono le leggende legate a questo piccolo villaggio che ha conservato così nel corso dei secoli suggestioni e atmosfere ancestrali, diventando una mecca per i pellegrini galiziani e per i turisti alla ricerca di una Galizia autentica e misteriosa. La visita a San Andrés è breve ma sufficiente per caricarsi di emozioni che resteranno impresse a lungo.


Lascio quindi il villaggio mentre le nubi cominciano ad addensarsi sulla A Capelada, e riprendo la strada di ritorno, che dall'altopiano conduce di nuovo verso la costa, attraversando Cedeira e Valdovino fino alla città di Ferrol, e da qui di nuovo verso A Coruna. L'arrivo in serata in città mi permette di averne una visione diversa. Le strade del centro storico brulicano di locali movimentati dove turisti e cittadini si ritrovano per consumare tapas o degustare un buon piatto a base di pesce nelle tante pulperías, una sorta di taverne che fanno del polpo alla gallega il piatto regionale per eccellenza. E così, con la sera, la città nordica si allinea alle altre città senza rinunciare alle atmosfere animate e festose tipiche del popolo spagnolo. La pioggia sottile che cade incessantemente non permette grandi spostamenti ed approfitto così per dare un'occhiata alla piazza principale da lì poco distante. La piazza di Maria Pita prende il nome dall'eroina che nel 1589 lottò in difesa della città contro l'armata britannica.

Varcando una delle porte d'ingresso, la piazza si rivela un vero gioiello dell'architettura civile. Un lungo porticato ne percorre il perimetro a pianta quadrata, mentre il palazzo municipale la domina su un lato. Di fronte, la statua in bronzo di Maria Pita. La città lentamente si svuota ed anch'io decido di tornare in albergo per godermi un meritato riposo dopo una giornata lunga e intensa. La sveglia sarà di mattino presto e prima di lasciare la camera vorrei dedicarmi ancora a qualche escursione. E' impossibile arrivare fin qui e andarsene senza aver visitato la Torre di Hércules: patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO e unico faro di epoca romana ancora in funzione. Il cielo è grigio e non pare dare speranza a future schiarite. L'aria del mattino è fredda e sul lungomare i venti atlantici sferzano senza tregua. Non avendo la minima percezione della distanza da percorrere mi incammino nella convinzione che la torre si trovasse abbastanza vicina. Data la conformazione della costa è impossibile scorgerla da lontano.


Camminare lungo il Paseo Maritimo è piacevole ed offre una vista sulla ría e sulle piccole spiagge che si aprono tra le scogliere. Dal porto percorro più di 3 chilometri a piedi quando finalmente vedo la torre erigersi maestosa e solitaria sulla scogliera verde. Attorno ad essa l'area è stata trasformata in un parco scultoreo attraversato da numerosi sentieri che conducono a strane sculture moderne in pietra o in ferro. Camminare in questo spazio è come muoversi in un mondo immaginario che fa da scenario alle varie leggende legate all'origine della torre e della città. Prima di accedere, un centro d'informazione molto ben organizzato fornisce un'ampia documentazione sull'architettura del faro e sulle varie trasformazioni subite attraverso i secoli. Le sue origini risalgono al I secolo d.C per mano dell'architetto Caio Servio Lupo, come si legge da un'iscrizione ai piedi della torre.

Dapprima più piccola e bassa e con una scala esterna adoperata per trasportare il combustibile, subì una profonda trasformazione nel 1788 dall' ingegnere Eustaquio Giannini che progettò la facciata attuale della torre, conferendole uno stile neoclassico. Successivamente andarono ad aggiungersi la parte superiore per l'alloggiamento della lampada, la cassetta che ospita l'iscrizione latina e la piattaforma alla base. Attualmente ha conservato la sua funzione di faro dopo aver alternato nel corso dei secoli fasi di abbandono, soprattutto nel Medioevo quando fu convertita in fortificazione, a fasi di rinascita dove ricoprì nuovamente il suo ruolo di guida per i naviganti. Dal 2009 è Patrimonio dell'Umanità e oltre al primato di unico faro del mondo antico ancora funzionante, la Torre di Ercole è diventata il simbolo della città, per le sue leggende, per il suo passato, per gli eventi che l'hanno vista testimone e di cui ne conserva traccia. La Torre di Ercole è forse il più emblematico dei fari, perché raccoglie in sé anche il ricordo di coloro che a malincuore lasciarono queste coste in cerca di fortuna nel Nuovo Continente.


Con la visita alla torre, da questa spettacolare finestra sull'Atlantico, concludo il mio viaggio lungo la costa galiziana. Ho scoperto un territorio naturalisticamente straordinario per la varietà di ambienti che offre, dove la lotta tra terra e mare è eterna e non conosce pace, dove la calma delle rías si alterna all'impeto delle onde della costa in mare aperto. La costa della Galizia è come un libro dove ad ogni capitolo c'è un faro. E in ogni capitolo, le avventure, le sventure, i miti e le leggende che qui hanno vissuto e rivivono tutt'ora negli occhi di questo popolo per il quale l'oceano è vita e morte, fonte di sostentamento ma anche di preoccupazioni. Il tempo a disposizione non mi ha concesso di vedere tutto. Le meraviglie in questo territorio sembrano non finire mai e il tempo sembra sempre poco, ma sarà occasione per programmare un piacevole ritorno. Un ultimo sguardo sull'oceano, dalla ría di A Coruna, per fare il pieno di emozioni ...e si riparte, questa volta in direzione Santiago de Compostela, dove dovrò riconsegnare l'auto e dalla quale ripartirò il giorno dopo per l'Italia.


Santiago de Compostela

La distanza tra le due città è piuttosto breve e in meno di un'ora sono a Lavacolla, dove è situato l'aeroporto, a circa 16 km dalla capitale galiziana. Alle ore 13,30 riconsegno l'auto con i suoi 700 km percorsi e attendo l'autobus che mi porterà in centro. Deposito i bagagli in albergo per dedicarmi da subito alla visita della città. Ovunque si respira un certo misticismo e in tutti, per strada, traspare una certa serenità. I vicoli del centro storico sono un brulicare di turisti, studenti, cittadini e...pellegrini, che compiono gli ultimi sforzi prima di incontrare la cattedrale. Santiago de Compostela è una delle mete di pellegrinaggio cattolico più importanti al mondo e il famoso "camino" che i pellegrini intraprendono sin dal Medioevo, attraverso la Francia e la Spagna, ne è la testimonianza. Senza esitare vado subito in cerca della cattedrale raggiungendo così piazza del Obradoiro. La facciata barocca con le sue due torri alte più di 70 metri domina la piazza, punto d'arrivo e d'incontro di migliaia di persone.

Davanti la cattedrale si consumano gli ultimi atti chi, dopo centinaia di chilometri percorsi, ha raggiunto finalmente la sua meta. La felicità è tanta. Molti sono appena giunti ed altri ancora staranno per arrivare. Il flusso è continuo e non conosce tregua. I pellegrini sfilandosi lo zaino riposano stesi a terra, contemplando la cattedrale, provati dalla fatica del cammino ma soddisfatti e sereni. Lo sforzo è segnato nei loro piedi, gonfi, dolenti, spesso fasciati per sopportare il dolore delle piaghe. Chi invece arriva in bicicletta conserva ancora i segni di qualche caduta sul braccio o sulla gamba. Molti si abbracciano, altri ancora immortalano il celebre momento con qualche scatto. Nei loro volti si legge tutta la serenità di chi ce l'ha fatta, di chi si sente cambiato e diverso da quando era partito. Si dice che un tempo si andava sul cammino per salvare l'anima, adesso, invece, ci si va per ritrovarla. Arrivare fin qui a piedi, per onorare la tomba di San Giacomo, è solo l'atto finale di questo percorso che nasconde la sua vera essenza nel cammino stesso, nel tempo in cui si è soli con la propria anima messa alla prova nel superamento di limiti spirituali ancor prima che fisici.




All'interno della cattedrale si consumano invece i vari rituali tra chi si mette in coda per toccare il busto d'argento e pietre preziose del Santo, posto nel retro dell'altare maggiore, e chi, inginocchiandosi, poggia la mano destra negli incavi della famosa colonna di Santiago posta nell'atrio, raccogliendosi in preghiera. L'atmosfera, anche qui, è carica di misticismo. Ritorno tra le strade del centro storico, dove il sacro a poco a poco lascia posto al profano dei tanti locali turistici, dei negozi di souvenir, dei ristoranti, e l'aria continua ad essere quella di una città in festa dove tutti sembrano condividere le stesse emozioni. Alcuni artisti di strada contribuiscono a rendere ancor più magica l'atmosfera con il suono delle loro cornamuse, mentre qualcun altro si aggira con mantello, cappello, bastone, zucca e conchiglia nelle vesti del tipico pellegrino medievale. La luce verso sera si carica di sfumature eccezionali che tingono il cielo di rosa. Faccio un salto al vicino parco dell'Alameda dove tra gli alberi si aprono straordinari belvedere sulla cattedrale e la città di Santiago. Il sole sta per calare e gli ultimi raggi infiammano la facciata di una luce dorata davvero spettacolare. Resto in contemplazione del paesaggio fino a quando il sole, che in Galizia pare non tramontare mai, si perde alle mie spalle portando con sé la sua luce.




Rientro in albergo. La stanchezza, come per ogni fine viaggio, comincia a farsi sentire e malgrado non sia stato pellegrino del cammino, ho i piedi anch'io doloranti per i chilometri percorsi sulle isole, lungo la costa, nelle città...Con la capitale concludo quindi il mio viaggio in Galizia. Un viaggio che, per quanto poco sia durato, è stato comunque fonte di riflessioni e di scoperte inaspettate. Ho trovato una regione ricca di bellezze naturali, dove la magia dei luoghi ha alimentato miti e leggende diventate parte integrante della storia di questo territorio considerato ai confini del mondo, e un popolo ospitale, abituato da secoli ad accogliere uomini di mare e pellegrini. Ho trovato il mare, quello vero. In Galizia tutto parla di mare. Ne avvolge la costa, la penetra nel profondo, la percuote, disegnandone il paesaggio, condizionando il clima, ispirando tradizioni, alimentando l'economia. L'indomani mattina dell'11 Settembre partirò per Madrid dove, in giornata, mi attenderà il volo di rientro per l'Italia.


Vincenzo Di Nuzzo scrive di sè: "Appassionato di arti ,viaggi e natura cerco spesso di coniugare le due cose spinto da un forte interesse ed un'avida curiosità di "approfondire" attraverso le immagini ogni singolo particolare della vita reale con un occhio particolarmente attento verso la natura e l'ambiente ai quali, per conoscenza e interesse, sono maggiormente attento. E' un certo animo documentaristico misto alla voglia di "impressionare e condividere" quello che è il mio modo di vedere, che mi ha spinto alla ricerca fotografica. Non so ancora se la fotografia sia una scusa per viaggiare o viceversa, ma reputo entrambi complementari. I Viaggi e la natura resteranno gli unici pilastri saldi nella mia vita e spero con il cuore di intraprendere nuove avventure verso mete sempre più lontane." Potete vedere le sue foto sul sito www.vincenzodinuzzo.altervista.org/



Risposte e commenti


Che cosa ne pensi di questo articolo?


Vuoi dire la tua, fare domande all'autore o semplicemente fare i complimenti per un articolo che ti ha colpito particolarmente? Per partecipare iscriviti a JuzaPhoto, è semplice e gratuito!

Non solo: iscrivendoti potrai creare una tua pagina personale, pubblicare foto, ricevere commenti, partecipare alle discussioni e sfruttare tutte le funzionalità di JuzaPhoto. Con oltre 241000 iscritti, c'è spazio per tutti, dal principiante al professionista.





avataradmin
inviato il 06 Novembre 2013 ore 15:30

Complimenti per le ottime foto e per l'interessante reportage!

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 15:46

Bellissimo reportage condito con ottimi scatti.

avatarsenior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 16:07

Bellissimo foto-racconto, ben fatto, molto esplicativo e corredato da bellissime immagini.
Complimenti...

user6267
avatar
inviato il 06 Novembre 2013 ore 16:10

Complimenti. Lavoro, viaggio ed immagini tutto quanto molto bello ed affascinante.

ciao!

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 17:43

davvero complimenti!!! posto magico, poi io adoro la spagna!!

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 19:04

Conosco i posti per aver fatto il cammino! Belle immagini, hai reso al massimo i luoghi!

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 20:49

Un gran bel reportage, raccontato assai bene e molto coinvolgente. Lungo ma che ho letto molto volentieri. Belle le immagini. Bravo Vincenzo!

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 20:54

Che dire: bellissime le foto, bellssimo il reportage, posti magnifici e un piacevolissimo stile di scrittura
Maurizio Bonanni

avatarjunior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 22:16

Complimenti; mi hai fatto rivivere i ricordi di un mio vecchio viaggio in Galizia di cui però non ho purtroppo alcuna documentazione fotografica degna. Ciao Claudio

avatarsenior
inviato il 06 Novembre 2013 ore 22:56

Grazie a tutti, è stato un piacere condividerlo con voi. Forse un po' lungo,vero, ma ho visto così tante cose in poco tempo che ero come un fiume in piena! Grazie Maurizio, mi fa piacere che la scrittura sia risultata piacevole e interessante e grazie a chi ne ha apprezzato i contenuti e le foto, rivivendo la Galizia nei ricordi per chi l'avesse già vista!

avatarsupporter
inviato il 07 Novembre 2013 ore 7:33

Notevole e veramente interessante! I miei complimenti più sinceri! Lo scritto è... professionale! Belle immagini che commentano visivamente bene i luoghi visitati! Purtroppo tanta... invidia da parte mia!MrGreen;-) Ciao!

avatarjunior
inviato il 07 Novembre 2013 ore 7:45

Bellissimo racconto e foto stupende, mi hai fatto venire una voglia incredibile di partire.....Ciao

avatarsenior
inviato il 07 Novembre 2013 ore 8:25

Interessante reportage, Sorrisoforse qualcosa si poteva condensare di più per una lettura più snella (ad esempio dei cavalli e la cascata poteva bastarne una) fotograficamente migliore nella prima parte fino a A Coruna . Cool


Ciao
Max

avatarjunior
inviato il 07 Novembre 2013 ore 9:12

ottimo reportage, vado controcorrente dicendo che non l'ho trovato troppo lungo.. hai descritto molto bene luoghi e persone, facendo traspirare anche il culto e la fede dei pellegrini in viaggio e in generale la magica atmosfera di quei posti; anche la profonda influenza climatica e culturale dell'oceano Atlantico è ben sottolineata. Buoni gli scatti, sono d'accordo con Max sul fatto che la parte che precede A Coruna sia la migliore fotograficamente parlando.
Tanti complimenti :)

avatarsupporter
inviato il 07 Novembre 2013 ore 10:54

Magnifico reportage sulla Galizia, hai trasmesso benissimo la tua curiosità e voglia di viaggiare, le fotgrafie invogliano a percorrere il tuo stesso viaggio
Grazie per la condivisione ;-)





 ^

JuzaPhoto contiene link affiliati Amazon ed Ebay e riceve una commissione in caso di acquisto attraverso link affiliati.

Versione per smartphone - juza.ea@gmail.com - Termini di utilizzo e Privacy - Preferenze Cookie - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

www.juzaphoto.com - www.autoelettrica101.it

Possa la Bellezza Essere Ovunque Attorno a Me