RCE Foto

(i) On JuzaPhoto, please disable adblockers (let's see why!)






Login LogoutJoin JuzaPhoto!
JuzaPhoto uses technical cookies and third-part cookies to provide the service and to make possible login, choice of background color and other settings (click here for more info).

By continuing to browse the site you confirm that you have read your options regarding cookies and that you have read and accepted the Terms of service and Privacy.


OK, I confirm


You can change in every moment your cookies preferences from the page Cookie Preferences, that can be reached from every page of the website with the link that you find at the bottom of the page; you can also set your preferences directly here

Accept CookiesCustomizeRefuse Cookies


  1. Galleries
  2. »
  3. Digital artwork and montages
  4. » ??? (Arabic) = Joy

 
??? (Arabic) = Joy...

DIALOGO IMAGO-LOGOS: Studio fotog

View gallery (17 photos)

??? (Arabic) = Joy sent on July 07, 2015 (19:00) by Mirko Dutch. 2 comments, 187 views. [retina]

at 24mm, 1/50 f/4.0, ISO 100, tripod. Siracusa, Italy.

--- Cosa spinse Joseph Kosuth, nel 1965, ad esporre insieme una sedia, l'immagine di essa e la descrizione scritta della parola "sedia" nell'installazione da lui intitolata "One and three chairs" ("Una e tre sedie"), che oggi è considerata la sua più grande opera d'arte? Ma sopratutto, viene da chiedersi, dove si nasconde l'arte all'interno di questa opera? La risposta è semplice: nel concetto. Il mio elaborato consiste, prima di tutto, in uno studio fotografico sulle espressioni fisiche legate alle diverse esperienze emozionali dell'uomo. In secondo luogo, il mio obbiettivo è quello di mettere in risalto quanto la forza del linguaggio iconico riesca a superare di gran lunga quella del linguaggio verbale e in che modo le immagini siano in grado di abbattere le barriere di incomprensione che si creano con le parole, a livello linguistico. Kosuth può essere considerato il riferimento primo al quale mi sono ispirato in questo progetto. Egli fu uno degli artisti chiave per la definizione dell'arte concettuale, un'arte il cui fine non fosse prettamente legato al godimento estetico ma alla stimolazione dell'attività del pensiero. L'arte concettuale è quell'arte che si serve di opere concrete per rimandare, con lucida e fredda razionalità, all'idea astratta che si nasconde dietro di esse. Con Kosuth il concetto stesso di arte, il parlare di arte, il comportamento e la riflessione sull'arte divengono tutte forme di espressione artistica. Si tratta, dunque, di un'arte che riesce anche a fare a meno delle stesse opere d'arte, intese come materiali o durature. Ho sviluppato il mio lavoro, basandomi proprio su questo approccio concettuale nei confronti dell'arte. Mi ha particolarmente influenzato l'idea brillante di Kosuth, nell'opera "Una e tre sedie", di mettere insieme la realtà fisica, l'imago, cioè l'immagine della realtà, e il logos, la parola, vale a dire la descrizione scritta della realtà. Questo accostamento di diverse dimensioni di linguaggio va al di là dell'aspetto estetico e ci suggerisce con forza una profonda riflessione sulla realtà, sulla natura delle immagini, sulla forza della parola e, più in generale, sul concetto stesso di arte. Dato che questo progetto fotografico è uno dei miei primi approcci seri e professionali allo strumento fotografico e dato che non dispongo né di tutti gli strumenti necessari a realizzare un lavoro molto complesso, né di un'elevata conoscenza tecnica in materia, mi sono prefissato un obbiettivo piuttosto semplice da realizzare, pulito, ma che fosse all'altezza di poter compensare la mancanza di complessità tecnica con la semplice forza concettuale, senza per questo trascurare il giusto equilibrio estetico di ogni foto e dell'insieme. Per essere più precisi, si tratta di 16 ritratti fotografici (più un collage formato dall'insieme ordinato di questi ritratti), realizzati con un obbiettivo da 18-55 mm, montato su una macchina Reflex Nikon D3200. La sessione fotografica si è svolta di primo pomeriggio, in un giorno primaverile, con luce naturale e su una parete di fondo bianca. Il numero dei ritratti dipende dal numero delle espressioni emotive che ho selezionato per questo progetto, il quale, a sua volta, si basa su una classificazione scientifica delle emozioni e, soprattutto, sugli studi dello psicologo statunitense Robert Plutchik. Plutchik ha individuato 8 emozioni primarie, che ha diviso in 4 coppie: la rabbia e la paura, la tristezza e la gioia, lo stupore e l'attesa, il disgusto e la soddisfazione. Altri autori hanno individuato anche delle emozioni secondarie, o complesse, che deriverebbero dalla combinazione delle emozioni primarie, tra le quali ho selezionato: la felicità, la vergogna, l'ansia, la disperazione, l'offesa, la nostalgia e la delusione. Il soggetto dei miei ritratti è una ragazzina, alta, mora, di 15 anni. La scelta del soggetto è legata al fatto che la ragazza in questione ha lavorato sin da piccola a teatro ed ha, quindi, un'espressività del volto e dei gesti molto ben studiata e allenata. Inoltre, la sua giovane età, a mio avviso, favorisce una rappresentazione di espressioni più spontanee e, se così possiamo definirle, più infantili, ovvero più sincere. Una volta realizzati gli scatti, ho eseguito un lavoro lungo e meticoloso di selezione delle 16 fotografie migliori e, soprattutto, di post-produzione. Ogni foto è stata migliorata e ottimizzata attraverso i molti strumenti che la sezione Camera Raw di Photoshop CS6 mette a disposizione: le luci sono state rese omogenee, le tonalità di colore e la saturazione sono state regolate, le imperfezioni tolte e lo sfondo bianco è stato reso brillante su ogni foto. Una volta salvate le 16 foto, si è conclusa la fase di lavoro legata esclusivamente alla manipolazione delle immagini. A questo punto è cominciata la parte testuale del mio progetto. Innanzitutto, ho scelto 16 tra le lingue più importanti e maggiormente diffuse nelle diverse parti del globo ed ho assegnato, in modo volutamente arbitrario, il nome di ciascuna delle 16 emozioni che avevo selezionato ad una delle 16 lingue che avevo scelto. In un secondo momento, consultando diversi dizionari e traduttori online ho tradotto il nome di ciascuna emozione dall'italiano alla lingua che, precedentemente, avevo scelto di assegnare a quell'emozione: così la rabbia è diventata "galit", in filippino, e la paura è "miedo", in spagnolo; la tristezza è "? (b?i)", in cinese, e la gioia è "? ?? (fa'ra?)", in arabo; lo stupore è cambiato nel francese "stupéfaction" e l'attesa nel tedesco "warten"; il disgusto è diventato, in turco, "i?renme" e la soddisfazione, in giapponese, è "?? (manzoku)"; poi abbiamo "(prasannat?)" che, in hindi, vuol dire felicità; "whakama", nella lingua maori, è la vergogna; "anxiety" è l'ansia, in inglese; "wanhoop", in olandese, è la disperazione; " (ad ki ma)" vuol dire offesa, in greco; la nostalgia è diventata la famosa "saudade" portoghese e brasiliana; e, infine, "??????????? (spokoystviye)" è la tranquillità, in russo, e "tamaa" che, in swahili, indica la delusione. Una volta ultimato questo lavoro di ricerca e traduzione linguistica ho ricaricato ad una ad una le foto su Photoshop ed ho inserito, in alto al centro, su ciascuna foto, il nome dell'emozione corrispondente all'espressione emotiva del soggetto in foto e l'informazione sulla relativa lingua in cui la parola che indicava il nome dell'emozione fosse scritta. Ho ultimato il lavoro cercando di far rientrare il soggetto all'interno del giusto spazio in ogni ritratto e di porlo in una posizione centrale, in modo che fosse chiara la relazione che intercorreva tra l'immagine e la parola che la sovrastava. Ho aggiunto, in un secondo momento, un'altra immagine: un collage di tutti e 16 i ritratti insieme, disposti l'uno accanto all'altro, secondo la classificazione di cui si è parlato. Questo collage ho un significato riassuntivo del mio lavoro e ne sottolinea, a mio parere, l'equilibrio formale e l'effetto d'insieme. La fotografia stessa, intesa come arte del fotografare, presuppone, oltre a una conoscenza tecnica di base nella composizione e nella post-produzione, un approccio allo scatto che sia, prima di tutto, motivato da un pensiero, da una riflessione sull'immagine. Questa riflessione deve necessariamente essere fondata su uno studio di tipo naturale, sociale, antropologico o metafisico, in base all'idea della foto che abbiamo intenzione di scattare. La fotografia racconta sempre delle storie: la sfida è riuscire a raccontare qualcosa di nuovo, fotografare il mondo da una prospettiva sempre nuova. Una bella foto, unica in sé, pur essendo un capolavoro stilistico e formale, può non significare nulla se non è inserita nel giusto contesto (che può essere, ad esempio, un progetto fotografico o una mostra d'arte a tema). Se essa, cioè, non rimanda a qualcosa che sta al di là della perfezione tecnica e della bellezza estetica, resta un puro esercizio di stile: non si tratta di un'opera d'arte. A questo proposito riporto la citazione del fotografo Tiziano Terzani, che riassume, con grande poetica, l'essenza dell'arte fotografica e il lavoro dell'artista-fotografo: "Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate e filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l'immagine di un'idea." Con questa premessa sulla documentazione e sull'analisi che precedono una qualsiasi foto o, meglio, un intero progetto fotografico, che abbia la pretesa di avere anche un significato artistico, voglio giustificare quanto segue: ho intenzione di riportare, in linea generale, i dati scientifici, di carattere soprattutto sociologico e psicologico, che ho raccolto nel mio studio preparatorio riguardo al tema delle emozioni, viste soprattutto nel loro insieme, e delle manifestazioni emotive nell'essere umano. Le emozioni, innanzitutto, sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, dovuti a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Le funzioni principali delle emozioni sono essenzialmente tre: la più rilevante, consiste nel fare in modo che l'individuo fornisca una reazione, efficace e, spesso, priva di elaborazione cosciente, a quelle situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza; un'altra funzione è quella relazionale, cioè di comunicazione delle proprie reazioni psicofisiologiche agli altri; infine, abbiamo la funzione auto-regolativa, la quale permette all'individuo la comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche. Un'emozione, dunque, si differenzia da un sentimento, in quanto quest'ultimo termine indica ogni forma di affetto e si presenta come uno stato d'animo: una condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni, ma ha una minore incisività psicologica rispetto alle passioni. Normalmente l'individuo che prova un'emozione diventa cosciente delle proprie modificazioni somatiche e riesce a dare un nome a queste variazioni psicofisiologiche. Può accadere, tuttavia, che si manifestino delle reazioni emotive delle quali si è inconsapevoli. Inoltre, la grande varietà di sfumature emotive, legate alle diverse modificazioni psicofisiologiche, a volte, ci rende maggiormente difficile stabilire quale specifica emozione stiamo provando in un dato momento. Questa difficoltà si accentua ancora di più se il nostro obbiettivo è quello di riconoscere l'emozione che sta sperimentando l'individuo che abbiamo davanti a noi. Il contesto in cui una persona è inserita, il comportamento che manifesta, il tono di voce che usa e le espressioni del suo viso aiutano molto nella comprensione dello stato emotivo in cui essa si trova. Si può, infine, arrivare a descrivere uno stato patologico, che è quello dell'alessitimia, nel quale l'individuo che percepisce una reazione psicofisiologica non è assolutamente in grado di connotarla con una etichetta cognitiva. Passando ad un'analisi più sociologica delle emozioni, è importante citare il lavoro dello psicologo americano Paul Ekman, che ha replicato gli studi compiuti, negli anni 70 dell'800, da Charles Darwin, sull'espressione delle emozioni. Ekman ha confermato una grande scoperta: una caratteristica importante delle emozioni fondamentali è data dalla loro universalità nel tempo e nello spazio. Lo psicologo americano, ha notato, infatti, attraverso esperimenti condotti anche presso popolazioni, ancora oggi, "primitive", che le espressioni del viso corrispondenti ad ogni singola emozione interessano gli stessi tipi di muscoli facciali e allo stesso modo, indipendentemente da fattori quali etnia, cultura e latitudine. Le emozioni umane, quindi, vengono espresse universalmente da tutti, in qualsiasi luogo, epoca e civiltà attraverso modalità simili. Se si prosegue, sempre più in fondo, negli studi sull'emozione, si arriva al punto chiave della questione: le emozioni e le espressioni ad esse connesse, essendo il risultato di meccanismi naturali e biologici, sono manifestazioni innate, che possiamo riscontrare anche negli animali, oltre che nel genere umano. Le emozioni, dunque, al contrario di gesti studiati, come ad esempio un saluto, o di altri linguaggi, corporei e non, elaborati dall'uomo, sono le stesse e si manifestano allo stesso modo in tutte le parti della Terra perché non sono il frutto di una convenzione tra uomini, ma del volere della natura. Accantoniamo adesso il discorso sullo studio preparatorio al progetto ed entriamo nel merito del mio lavoro. Innanzitutto, partiamo da quella che si definisce pre-produzione. In ognuna delle foto del progetto "Dialogo tra Imago e Logos" vi sono soprattutto tre elementi che sono stati chiaramente messi in risalto durante la composizione fotografica: la presenza del soggetto, lo spazio dedicato al testo e la neutralità dello sfondo. Per quanto riguarda il soggetto possiamo aggiungere che l'espressività del viso, delle mani e dell'intero corpo è volutamente accentuata per permettere di raggiungere lo scopo desiderato senza fraintendimenti dato il tema delicato e variegato su cui si basa il mio lavoro. Lo spazio dedicato al testo è studiato, come ho già detto, per evidenziare la relazione esistente tra l'immagine, in basso, e la parola scritta, in alto. Chiunque, guardando una di queste foto, potrebbe farsi un'idea di cosa il soggetto stia provando, nonostante non capisca la lingua in cui il nome dell'emozione rappresentata è scritto. Sulla neutralità dello sfondo, a mio avviso, c'è la necessità di chiarire che si tratta, innanzitutto, di una scelta stilistica. Da una parte, uno sfondo bianco, neutro si giustifica con la volontà di creare un equilibrio, una connessione cromatica, oltre che concettuale, tra le varie foto: il risultato sono delle immagini eteree, sospese nello spazio infinitamente luminoso che lo sfondo bianco offre. Dall'altra parte, lo sfondo bianco elimina la presenza di un contesto ambientale in cui queste espressioni emotive ritratte sono inserite. Questo, però, non annulla l'importanza del contesto, anzi, secondo il mio parere la rafforza, mettendo in evidenza quanto sia dura per il soggetto mantenere uno standard di credibilità nelle manifestazioni di emozione che esso interpreta, costringersi ad agire senza avere stimoli diretti che gli provochino le emozioni richieste, ma ricordando le reazioni che, di solito, ha quando prova certe emozioni. A questo punto ci rendiamo conto che la realtà che abbiamo di fronte si presenta più complessa e articolata di quanto pensavamo: da un lato vediamo le emozioni vere, spontanee e sincere; dall'altro lato, intravediamo la possibilità di emozioni falsate, riprodotte, inscenate. Com'è possibile che qualcosa di così naturale, intimo e spontaneo come un'emozione possa essere riprodotta nei gesti e nelle espressioni in un qualsiasi momento, pur non essendo provocata da stimoli esterni ad essa, provenienti dal contesto in cui l'individuo è inserito? In realtà, non è un'impresa impossibile; anzi, è qualcosa che spesso anche noi facciamo senza rendercene davvero conto. Il metodo più efficace è pescare nella nostra memoria e riportare alla mente gli stimoli e le sensazioni che nella nostra esperienza sono stati la causa di quel determinato stato emotivo che vogliamo inscenare. La tecnica di falsificare le emozioni, attraverso la mimica, è una delle basi per chiunque voglia intraprendere la carriera di attore e come tale la ritroviamo utilizzata, con più o meno successo, ad esempio a teatro, nei film e nelle serie tv. Tuttavia, inserite in questi contesti, le emozioni falsate pur essendo tali sono accettabili da parte nostra perché noi abbiamo la consapevolezza di essere gli spettatori di una scena messa in atto da professionisti che fingono per lavoro e devono, quindi, sfoggiare il massimo grado di credibilità in ciò che fanno. Quello delle emozioni falsificate, diventa un problema vero e proprio quando noi non abbiamo più la consapevolezza che le manifestazioni emotive di chi stiamo guadando, in realtà, non siano sincere, come, ad esempio, quando qualcuno ci fa, come si usa dire, "buon viso a cattivo gioco". La questione diventa più grave se si pensa che non è solo nelle esperienze di vita quotidiana che questo può verificarsi, ma, anzi, molti programmi televisi, ormai, dai talent ai reality show, adottano questa tecnica: per aumentare gli indici di ascolto, si mettono in scena dei veri e propri spettacoli, all'interno dei quali si fingono emozioni, sentimenti e, addirittura, passioni, senza che il pubblico ignaro sia stato avvertito del fatto che si tratta di una mera finzione. Guardando il mio lavoro nell'insieme, l'obbiettivo che mi sono prefissato risulta subito chiaro. Approcciarsi ad un progetto di 16 ritratti fotografici di manifestazioni emozionali, ognuno con un nome in una diversa lingua straniera ci fa subito pensare che la chiave di lettura di queste opere non sia in una singola foto, né in uno solo di questi due elementi, Imago e Logos, ma nel dialogo che essi intrecciano all'interno dello spazio fotografico. Il potere delle immagini, e soprattutto quello delle emozioni, le quali, non essendo convenzionali, ma essendo manifestazioni universali, saranno sempre più comprensibili del linguaggio verbale che, invece, com'è evidente, differisce da cultura a cultura, essendo il frutto di una convenzione locale. Tuttavia, resta il fatto che chi conosce la lingua in cui è scritto il nome di un'emozione in una di queste foto, saprà comunque qualcosa di più di chi non la conosce, riuscirà a togliersi ogni dubbio su ciò che sta guardando: questo ha fatto l'uomo dando un nome ad ogni cosa. Voglio concludere parlando del metodo espositivo. Ho scelto di presentare un vero e proprio elaborato digitale: ogni fase, infatti, è stata svolta grazie a tecnologie di tipo digitale (dalla Reflex con cui sono state scattate le foto, ai programmi digitali di post-produzione, al monitor del Notebook come strumento di esposizione). Ciò che abbiamo davanti è, in realtà, una serie infinita di numeri, un codice, che crea un insieme numerosissimo di pixel per ogni foto, i quali danno vita ai colori, alle forme, ai soggetti e a tutto ciò che i nostri occhi riescono ad apprezzare in un'immagine di tipo digitale. La mia scelta dell'esposizione del progetto su monitor risulta, in un certo senso, motivata da due semplici ragioni: innanzitutto, utilizzare un mezzo espositivo tecnologico come un Notebook, significa essere coscienti della strada che si sta imboccando e coerenti con l'obbiettivo del corso di studi intrapreso; in secondo luogo, lo stesso nome della disciplina "Tecniche e applicazioni digitali" suggerisce la sperimentazione verso le diverse forme di utilizzo dello strumento digitale. Dunque, se si vuol essere artisti, bisogna approcciarsi al digitale con consapevolezza, avendo coscienza del gesto e del processo creativo, cercando di mettere sempre in dubbio le proprie conoscenze e i propri limiti. Questa scelta, inoltre, mi permette di dare vita ad un discorso più ampio, il quale racchiude alcuni aspetti fondamentali riguardo al mondo del digitale che, contrariamente a quanto si crede, non è affatto avulso, slegato dal mondo reale. L'arrivo del digitale, infatti, insieme alla diffusione del web, ha provocato profonde conseguenze, oltre che nello stile di vita delle persone, anche nel rapporto che queste hanno con le immagini e con l'arte. La natura delle immagini ha assunto, oggi, caratteristiche tra le più disparate: quello in cui viviamo è, come si suol dire, un vero e proprio "arcipelago di immagini" , nel quale ci siamo abituati a districarci senza più riuscire a dare un reale peso a ciò che, ogni giorno, si presenta ai nostri occhi. Nella nostra epoca, la maggior parte delle immagini sono legate alla merceologia, alla rete informatica e, quindi, all'universo digitale e, per questo motivo, risultano condizionate dalla facile riproducibilità e condivisione, strappate alla loro origine. L'ambito che risulta più penalizzato da questa popolarità e commercializzazione delle immagini è evidentemente l'ambito artistico: la ridondanza è quel fenomeno di moltiplicazione e condivisione delle immagini che fa perdere alle opere la propria autorialità e il proprio significato originale. Concludo dicendo che, con il digitale, dunque, la stessa immagine dell'arte viene messa al bando al pari dell'immagine pubblicitaria di un qualsiasi prodotto, più di quanto questa già non lo sia, da tempo, a causa del mercato dell'arte. ---



View High Resolution 24.1 MP  

2 persons like it: Fabrix, Piergiovanni Pierantozzi


What do you think about this photo?


Do you have questions or curiosities about this image? Do you want to ask something to the author, give him suggestions for improvement, or congratulate for a photo that you really like?


You can do it by joining JuzaPhoto, it is easy and free!

There is more: by registering you can create your personal page, publish photos, receive comments and you can use all the features of JuzaPhoto. With more than 242000 members, there is space for everyone, from the beginner to the professional.




avatarsenior
sent on July 08, 2015 (9:05) | This comment has been automatically translated (show/hide original)

Interesting, especially in relation to those who have difficulty in recognizing emotions, congratulations!

avatarjunior
sent on July 10, 2015 (18:38) | This comment has been automatically translated (show/hide original)

Thanks so much for your appreciation! :)


RCE Foto

Publish your advertisement on JuzaPhoto (info)

Some comments may have been automatically translated with Microsoft Translator.  Microsoft Translator



 ^

JuzaPhoto contains affiliate links from Amazon and Ebay and JuzaPhoto earn a commission in case of purchase through affiliate links.

Mobile Version - juza.ea@gmail.com - Terms of use and Privacy - Cookie Preferences - P. IVA 01501900334 - REA 167997- PEC juzaphoto@pec.it

May Beauty Be Everywhere Around Me