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Vivere di nuovo, in Patagonia


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Vivere di nuovo, in Patagonia, testo e foto by Gianluca Lombardi. Pubblicato il 09 Aprile 2013; 79 risposte, 18494 visite.


Sono Gianluca, ho 34 anni. Sono di Taranto, quella dell'ILVA, ma anche quella della Magna Grecia e delle spiagge di sabbia bianca e l'acqua cristallina.
Faccio l'astrofisico. Osservo le stelle, e ho imparato a farlo studiando prima a Padova e poi prendendo un dottorato a Bologna. Lavoro sulle Ande cilene di Atacama, a Paranal, l'osservatorio dell'Organizzazione Europea per la Ricerca Astronomica nell'Emisfero Australe. Vivo qui dal 2007, ma il 17 Gennaio 2012 mi è cambiata la vita. Voglio raccontare questa storia perché ho bisogno di esorcizzare la paura con cui vivo quotidianamente. Ero molto titubante sulla decisione di rendere pubblico o no questo racconto perché contiene elementi molto personali. Ma poi ho pensato che non c'è niente di male nel condividere l'esperienza di una storia il cui bilancio è alla fine positivo e che, forse, potrebbe anche essere di aiuto per qualcuno. E cosa c'è di meglio se non farlo attraverso le fotografie? Non c'è grande pretesa artistica nelle foto, ma sono state fatte con tutto il cuore possibile.




Quel 17 Gennaio un dottore cileno di origine tedesche (il cognome non dava adito ad alcun dubbio) mi disse che quella pallina bianca nell'ecografia era proprio brutta. All'inizio non ci stavo capendo niente, e durante la notte non ero riuscito a chiudere occhio. Così la mattina seguente mi sono preso il cuore in mano e sono andato a fare "ulteriori accertamenti". Quando tre giorni dopo sono andato a ritirare el informe ho sbattuto anima, corpo e sanità mentale contro un muro che sicuramente molta altra gente sulla faccia della Terra ha preso e continua a prendere come una condanna.

Non la faccio lunga. Nella mia vita il tempo di evoluzione tipico della depressione è sempre stato molte breve. Fortunatamente ho questo dono, che mi viene spontaneo reagire abbastanza rapidamente ai momenti negativi. È stato così anche nella storia del cancro. Tra chirurgia e terapie, la maggior parte del tempo ho dovuto controllare la mente, piuttosto che il corpo. Ma ne sono venuto fuori, grazie all'aiuto, l'amore e la pazienza della mia famiglia e di Sara. Dopo molto tempo e dopo ripetuti controlli il dottore mi ha detto che l'avevamo preso in tempo ed era quindi ragionevole pensare che si era sulla strada della guarigione.
La voglia di tornare a vivere che una persona ha dopo un'esperienza come questa non è facile da comunicare, forse è addirittura impossibile. E non sono facili da trasmettere neanche tutti gli stati d'animo e i pensieri. Sta di fatto che da un giorno all'altro ho fatto il biglietto dell'aereo e sono partito per il posto che più amo sulla faccia della Terra. E ho deciso di partire da solo, stare solo io e la montagna, perché volevo dimostrare a me stesso che la mia mente e il mio corpo erano ancora in grado di affrontare il freddo e il vento della Patagonia. Avevo bisogno di farlo, per iniziare a vivere di nuovo in modo normale, come tutti gli altri.

Chi è passato attraverso una situazione simile potrà comprendere pienamente. Altri entreranno in empatia o saranno dispiaciuti. Onestamente non mi interessa. Quello che voglio fare è altro. Un posto come la Patagonia merita di essere descritto esaustivamente attraverso fotografie di paesaggio, flora e fauna. Ma NON è questo lo scopo del racconto. Io voglio solo mostrarvi quello che io visto attraverso i miei occhi - anzi, attraverso le mie lenti - per rendervi tutti partecipi di una gioia infinita. Ogni fotografia di questo racconto ha un significato, e il suo ruolo in questo contesto è fine alla testimonianza emotiva, non alla documentazione.

Sono partito da Santiago per Punta Arenas (Cile) alle 2:00 del mattino di un martedì dell'autunno australe. Nello zaino avevo messo la 7D, l'8-16, il 15-85, il 70-200 Mark II e un 2xII prestato. Un'ora prima dell'imbarco c'è stato un terremoto di 6.2 gradi Richter e l'aeroporto ha ricevuto degli scossoni abbastanza violenti. Sono riuscito a comunicare con Sara solo dopo 20 minuti perché le linee telefoniche erano collassate. Tanto spavento, ma niente di preoccupante. Domanda di rito: «Vuoi che torni a casa?». Risposta: «Ma sta' zitto e vai dove devi andare!» ................ :-)

Non avevo idea del clima che avrei trovato a Sud. Mi emozionava l'idea di camminare sotto la pioggia battente, o meglio ancora la neve! E poi di vedere i raggi di Sole tra le nuvole e fare le foto con la luce magica che c'è dopo i temporali.

Sono atterrato a Punta Arenas alle 6:30 del mattino, e pioveva...
Punta Arenas si estende sulla sponda settentrionale dello Stretto di Magellano. Nella piazza centrale c'è una statua di Ferdinando Magellano con lo sguardo rivolto a Sud. Ai piedi di Magellano, ai quattro lati dell'altare di marmo su cui poggia, ci sono altre quattro statue più piccole, tra cui "l'Indio". Si dice che chi sfreghi il piede dell'Indio e gli baci l'alluce si guadagni il diritto di un secondo viaggio in Patagonia. Da buon razionalista quale sono non ci credo molto, ma ogni volta che vado a Punta Arenas un pensierino per l'Indio ce l'ho sempre.

Alle 8:00 ho preso un bus di linea per Puerto Natales, un piccolo villaggio sul Fiordo di Ultima Esperanza, e da li poi un altro bus per El Calafate (Argentina). La mia destinazione finale erano il Fitz Roy e il Cerro Torre nel Parque Nacional Los Glaciares, nella Patagonia Argentina. Ci sono stato altre volte, ma ogni volta che ci torno mi corrono i brividi lungo la schiena. Volevo rivederli e in cuor mio speravo che i capricci del clima mi concedessero una breve tregua.

Sono arrivato a Calafate in tarda serata, dopo 16 ore di viaggio da Santiago, e il tempo era davvero pessimo. Ho trovato un posto letto in un ostello e sono letteralmente crollato in un sonno nero.
Ai primi del '900 El Calafate era un avamposto dei mandriani sul Lago Argentino. La città è cresciuta a dismisura col turismo grazie alla vicinanza alla Zona Sud del Parque Nacional Los Glaciares dove si trovano tra gli altri il ghiacciaio Perito Moreno e l'Uppsala. I sentieri per il Fitz Roy e il Cerro Torre sono invece nella Zona Nord del Parque Nacional e partono da El Chaltén, a 200 km di distanza.
La mattina seguente c'era il Sole! Ho quindi deciso di rimanere a El Calafate per andare a salutare il Perito Moreno, e possibilmente fare un pò di scalata nel ghiacciaio. Grazie a degli amici che vivono lì, sono riuscito a trovare una guida che stava accompagnando altri scalatori e mi sono accodato.

Il ghiacciaio Perito Moreno si estende per 250 km quadrati e per 30 km in lunghezza, ed è uno dei 48 ghiacciai alimentati dal Campo de Hielo Sur (Campo di Ghiaccio del Sud), facente parte del sistema andino, condiviso con il Cile. Campo de Hielo Sur è la terza riserva planetaria d'acqua dolce dopo le calotte polari. Il ghiacciaio è in continuo movimento, avanzando circa di un metro al giorno nel Lago Argentino difronte alla Peninsula de Magallanes. Questo avanzamento è compensato da perdita di massa ghiacciata dal fronte che, staccandosi in maniera spettacolare dal ghiacciaio, cade nel lago emettendo un suono del tutto simile ad un tuono. Per questa ragione, osservare il Perito Moreno è una esperienza uditiva oltre che visiva.
E' curioso che parte del muro di ghiaccio cui uno si trova al cospetto oggigiorno, si è probabilmente accumulato con le nevicate di poco più di un secolo fa, quando il Perito Francisco Pascasio Moreno dibatteva i confini del proprio paese con il Cile, facendo guadagnare all'Argentina una sostanziale parte di Patagonia che sarebbe altrimenti stata "persa". E pensare che Francisco Pascasio non sapeva nemmeno dell'esistenza del ghiacciaio. Ma questa è un'altra storia...




Nonostante il Sole splendesse su Calafate, al ghiacciaio c'era una bufera di vento e neve. Fortuna ha voluto che le nuvole si diradassero in fretta in modo intermittente aprendo squarci di cielo sereno o per lo meno lasciando filtrare i raggi del Sole che illuminavano a chiazze le vette ghiacciate circostanti. I colori dell'autunno sui boschi di lenga e nirre che si arrampicavano sui monti erano semplicemente spettacolari. Un'esplosione di rosso porpora tra la neve eterna e le nuvole di piombo. Il ghiacciaio era di un azzurro intensissimo e le rotture dal fronte frequenti e fragorose.
Non è stato semplice fotografare i boschi, ne' il ghiacciaio. Il vento soffiava forte e tenere il teleobiettivo fermo è stata una impresa. Alti ISO e preghiera misericordiosa allo stabilizzatore sono state le uniche soluzioni. Cristalli di acqua congelata entravano in collisione con l'elemento frontale della lente, per cui ad ogni prova di scatto dovevo prima ripulire la lente dando le spalle al vento e poi scattare rapidamente con la raffica senza badare troppo all'inquadratura. A dire il vero, non mi lamento troppo dei risultati.




La mattina seguente sono partito per El Chaltén prima del sorgere del Sole. Il clima è stato variabile durante tutto il tragitto e dall'autobus in corsa ho potuto fotografare le vette di precordigliera sagomate dai ghiacciai nel corso di migliaia di anni. Mi affascina sempre poter riconoscere l'impronta dei ghiacciai sulle montagne. E' come leggere un libro di Storia e immaginarsi il ghiaccio prima avanzare trascinandosi i massi e la terra a valle, e poi ritirarsi lasciando nudo e scoperto il proprio passo.




Arcobaleni si alternavano tra le nuvole sul Lago Viedma mentre ci avvicinavamo a El Chaltén. Ho messo piede nel paese alle 13:00 e pioveva a dirotto. Ho mollato lo zainone in un ostello - anzi, all'Hosteria Pioneros del Valle, un nome che è tutto un programma - e ho messo sulle spalle lo zaino impermeabile con dentro l'attrezzatura. Nonostante il tempaccio sono partito con il sorriso stampato in faccia e sono subito entrato nel bosco di lenga e nirre sul sentiero per Laguna Capri e Campamento Poincenot. Sapevo che non sarei riuscito a vedere il Fitz Roy, ma il bosco autunnale era di un colore irresistibile e onestamente mi piaceva l'idea di camminare da solo tra gli alberi sotto la pioggia e sentire l'odore delle foglie e delle bacche di Calafate rotte dai colpi dell'acqua.

Il rumore della pioggia tra le foglie, il sapere di essere ai piedi di un Re di pietra granitica - il Fitz Roy - che si eleva verticale per 2000 metri da ghiacciai millenari, a margine di un campo di ghiaccio immenso e millenario, da solo, col profumo del bosco colorato di giallo, rosso e verde: ho scattato una fotografia semplice, banale, ma che racchiude tutta la mia felicità di quel momento. Spero possiate sentire il profumo delle foglie bagnate e il rumore della terra morbida del sentiero sotto la suola degli scarponi di GoreTex.




Sono tornato in ostello fradicio nonostante avessi messo il vestiario tecnico, ma ero felice come un bambino. Ho cenato con una mezza dozzina di empanadas de queso calde e croccanti, guardando il telegiornale sparare notizie a raffica, e mi sono sentito ad anni-luce di distanza dal Mondo.

Dato il clima ostile nel settore del Fitz Roy, per il mattino seguente avevo optato per un'arrampicata in cordata dentro il ghiacciaio Viedma assieme ad un gruppo accompagnato da una guida del posto. Mi sono svegliato prestissimo, prima dell'alba, ed appena sono uscito dalla porta dell'Hosteria ho avuto un colpo al cuore: stelle, Via Lattea, cielo limpido e sereno.
Ho salutato la gente che partiva per il Viedma e con il cuore a mille sono partito di corsa sul sentiero per il Cerro Torre per vedere l'alba illuminare di rosso il posto che nella mia mente è il più bello del Mondo. Quando dico "di corsa", intendo proprio dire che mi sono messo a correre sul crinale ripido (!) che da accesso alla vallata del Rio Fitz Roy e al sentiero per la Laguna Torre e la base del Cerro Torre.

Ho lasciato una parte di me su quel crinale, alle 8:00 del mattino di un venerdì autunnale senza un filo di vento e incorniciato dal cielo limpido, quando il Fitz Roy, il Cerro Torre, il Cordone di Adela e il Cerro Solo sono stati illuminati dal primo raggio di Sole. Nelle cuffie avevo Best Unsaid di Michael Brooke e quei 5 minuti di alba sono stati il regalo che più bello mai ricevuto in tutta la mia vita.




Ho camminato sul sentiero verso la Laguna Torre, nel bosco o a margine del Rio Fitz Roy, per lungo tempo quasi in pace con la vita. Ho raggiunto la Laguna Torre in due ore e ho mangiato una mela seduto su una pietra erratica sulla riva di quello che prima era il letto glaciale comune al ghiacciaio Grande e al ghiacciaio Torre, guardando in silenzio gli iceberg fluttuare sull'acqua, e sullo sfondo il Cerro Torre e Aguja (guglia) Egger svettare come le dita di una mano verso il cielo azzurro. La parete verticale del Cerro Torre lascia impietriti ed eccitati, e usando il massimo zoom possibile (400mm nel mio caso) si potevano distinguere perfettamente i funghi di ghiaccio formati per sublimazione sulla cima della montagna dall'aria gelida di Campo de Hielo Sur, in procinto di cadere a valle da un momento all'altro. Chissà che effetto deve fare trovarsi su quella parete e portarsi verso la cima con una buona dose di incoscienza, bracciata dopo bracciata, tra le tempeste di neve, il vento indomabile, e con le sopracciglia ghiacciate.







E' sopraggiunta un'altra persona di li a poco e aveva con sé un fisheye da 8mm montato sulla sua 50D. Con una buona dose di faccia tosta gli ho chiesto il permesso di poter fotografare con la sua lente la scena che stavo vivendo in quel momento. E' stata una bella idea poter catturare la quasi totalità dell'estensione della Laguna circondata dalle vette aguzze e illuminata dal Sole splendente.
Dopo aver sostato un'ora ad ammirare il Cerro Torre ed averlo fotografato in tutti i modi possibili, ho fatto ritorno a El Chaltén con gli occhi oramai sazii.




Vorrei allegare al racconto una foto che non ho scattato durante questo viaggio, ma che non posso neanche ignorare, perché nel mio caso la Patagonia ha sempre svolto una funzione di elisir per la mente. Per altre ragioni, mi sono ritrovato a camminare da solo lungo questi sentieri qualche anno fa. Raggiunsi Laguna de Los Tres alla base del Circolo degli Altari in 4 ore dall'Hosteria del Pilar, nei pressi del Rio Electrico. Il Cerro Fitz Roy (3358 m.s.l.m.) domina il Circolo ed era originariamente chiamato "El Chaltén" dagli indios Tehuelche. Il termine aveva il significato di Montagna di fumo o Montagna che fuma, a causa alla caratteristica nuvola di aria gelata che sublima in piccoli cristalli di ghiaccio dal Campo de Hielo Sur alle spalle del massiccio.
Riuscire a vedere il Circolo degli Altari non è semplice a causa dell'estremo clima patagonico che spesso lo copre di nubi in tempesta. Ed infatti, anche in quella occasione il clima era stato davvero pessimo lungo il sentiero, si erano alternati neve, pioggia battente, Sole cocente e vento insopportabile. Dalla cima alla morena glaciale che da accesso alla Laguna de Los Tres mi aspettavo di vedere il Fitz Roy e invece... una muraglia di nuvole impazzite per il vento copriva la visuale di tutto l'arco del Circolo degli Altari. Ma ho avuto pazienza, e lo stesso vento insopportabile ha iniziato a spazzare via le nubi di li a mezz'ora regalandomi una vista letteralmente da urlo. Riporto qui la fotografia nella sua versione in bianco e nero poiché ritengo che conferisca un'idea della drammaticità del clima in quel momento (e delle mie urla entusiaste con le braccia alzate al cielo quando è comparsa la cima del Fitz Roy...).




Tornando al racconto originale, ho fatto ritorno a El Calafate quella sera stessa e il giorno dopo sono ripartito per Puerto Natales di buonora, arrivando nel pomeriggio. C'è una libreria a Puerto Natales, all'angolo tra Bories e Magallanes, dove si trovano rarissimi trattati sulla colonizzazione di quelle lande e sulle storie delle famiglie delle Estancias, o sui miti e le leggende degli indigeni Tehuelche e Selk'nam e sul loro genocidio da parte dei colonizzatori. Ho trascorso un sabato sereno girovagando tra i libri, bevendo Mate bollente e poi godendo di un bellissimo tramonto sul Fiordo di Ultima Esperanza.




Per la domenica avevo deciso di andare all'alba al Parque Nacional Torres del Paine e trascorrere lí l'ultima giornata in Patagonia. Il termine "Paine" significa azzurro in lingua mapugundun (i Mapuche sono gli indios nativi della zona centro-meridionale del Cile e dell'Argentina). L'aggettivo viene associato al nome del parco a causa della presenza di fiumi e laghi color turchese formati dalle acque di disgelo dei ghiacciai di Campo de Hielo Sur in questo settore.

Nel Gennaio 2012 quasi 20000 ettari di foresta autoctona del Parque Nacional Torres del Paine sono stati devastati da un incendio spaventoso provocato dall'incuria di un escursionista che aveva dato fuoco a dei residui dopo aver campeggiato vicino Lago Grey. Le fiamme si sono propagate dal settore del Lago Grey verso oriente sino al Valle del Frances e contemporaneamente verso Sud sino al Lago Toro e Lago Pehoé lasciando dietro di sé uno scenario spettrale di devastazione e morte di centinaia di animali e specie endemiche. Dal 2007, sono stato almeno cinque volte in questo posto, ed è stato un trauma vedere la trasformazione dei boschi sontuosi che avevo nella memoria in queste lande spettrali. Il parco ha bruciato per quasi tre settimane, e le condizioni di vento e siccità hanno reso quasi impossibili le azioni di contenimento dei Vigili del Fuoco e delle squadre di soccorso arrivate da diverse regioni del Cile e anche dall'Argentina. La storia della prima propagazione dell'incendio ha scatenato terribili polemiche in tutto il sub-continente Latinoamericano a causa dell'inadeguatezza, la lentezza della risposta umana, la scarsità della dotazione dei guardiaparco, e soprattutto sulla loro ingiustificabile impreparazione nell'affrontare l'emergenza nei primi momenti, quando la propagazione del fuoco era ancora limitata. Questa è una mia critica personale, forse di parte, ma vivo in Cile da molti anni, e ciò che è accaduto a Torres del Paine è conseguenza di questa cultura del "casi casi" (quasi quasi) o anche del "mas o menos por allì" (dai, più o meno ci sta) che affligge la grande maggioranza dei cittadini. Non c'è giustificazione che tenga per un disastro naturale di queste dimensioni.

Sono riuscito ad arrivare al Parque Nacional prima del sorgere del Sole e ho potuto fotografare le Torres del Paine colorate di rosso dalla base dell'Hosteria Las Torres. Il clima era fenomenale, cielo terso e non un filo di vento. Laguna Amarga era uno specchio, e il massiccio del Paine vi si rifletteva simmetricamente.










Le nuvole si sono addensate nel pomeriggio, permettendomi di fotografare una bellissima e drammatica panoramica del Paine Grande e dei Cuernos del Paine dal Lago Pehoé: l'ultima immagine di questo viaggio indimenticabile.

In tarda serata ho preso un bus per fare rientro a Punta Arenas, dove ho dormito poche ore in un ostello trovato all'ultimo momento. Ho preso l'aereo per Santiago la mattina seguente alle 5:30 e a casa ad accogliermi c'era Sara con una tazza di caffè bollente, e con un sorriso celestiale.

Vi ringrazio per aver voluto leggere questo racconto. Non nascondo un pò di timidezza perché ho voluto descrivere tutte le mie emozioni senza omissioni. Credo che la forma migliore per reagire ad eventi negativi sia prima di tutto con la giusta dose di rabbia, poi con l'ottimismo e la forza di volontà. Con queste parole vorrei trasmettere un messaggio positivo a chiunque possa sentirsi coinvolto in qualcosa di simile.

Ho un sito web ( www.glphoto.it ) e una pagina Flickr ( www.flickr.com/photos/gianlucalombardi/ ), siete i benvenuti.

Un abbraccio,

Gianluca


Gianluca Lombardi è nato a Taranto il 12 Gennaio 1979. La passione per la fotografia è arrivata seguendo le orme del papà, quando le pellicole venivano ancora sviluppate nella piccola camera oscura arrangiata nell'angolino al piano di sotto. Nonostante sia un fotografo amatoriale, le sue foto sono usate in riviste scientifiche, magazine e libri, e sono presentate a mostre ed esibizioni in Europa e America Latina. Nel 2010 ha ricevuto il titolo di ESO Photo Ambassador dall'ente intergovernamentale per cui lavora.



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avataradmin
inviato il 09 Aprile 2013 ore 10:58

Complimenti sia per le foto che per l'articolo... e grazie per aver condiviso questa esperienza!

La Patagonia ha un grande fascino, io l'ho visitata nel 2010 ed è sempre un piacere rivederla attraverso le opere di altri fotografi.

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:33

Grande racconto..Eeeek!!!Eeeek!!!
Mai perdersi d' animo, è quello che ho cercato di fare dal giorno che mi hanno detto "lei ha un linfoma" e mi sono ripetuto nei 4 mesi di chemioterapia (a gògò nel caso di linfomi) e radioterapia.. Nel frattempo il fallimento della ditta presso la quale lavoravo (e la totale indifferenza dl sistema sul recupero dei crediti che ancora sto' aspettando) e, giusto qualche mese prima di tutto la separazione con la moglie. Purtroppo tutti ti arriva "addosso" insieme e quando meno te lo aspetti.. Ma col senno di poi tutto serve a farti capire molte cose tra cui NON ARRENDERSI mai! Ora sto relativamente bene, ho una nuova compagna e sogno di trovare qualche lavoro in ambito fotografico (cosa che prima del fallimento nemmeno pensavo per via del solito stipendio sicuro..)
Si Fiero di te stesso e grazie per quanto hai voluto condividere con Noi!

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:34

Molto emozionante e di un'amorevole saggezza. Sono anch'io a tempi alterni a Buenos Aires, e sempre avrei voluto intraprendere le famose Ruta per attraversare in lungo e in largo la magia della Patagonia. Sempre ho rimandato tali traversate, ma presto sarò di nuovo lì e questo Tuo completo ed illuminante racconto mi sarà di preziosa compagnia.
E sicuramente sarai nel mio pensiero.
Bellissime le immagini, e finalmente un Perito diverso, da altra angolatura.
Un caro abbraccio a Te e alle Tue penetranti parole. Ciao, Giò.

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:38

la Patagonia! e' una locura come si dice da quelle parti - ci son stato svariate volte, un po' sulle tue tracce, un po' da altre parti e ritrovo parola per parola quello che descrivi. trovo sia un bel posto dove andare da soli, anche io son stato da solo ed e' pazzesco poter stare con se stessi a riflettere, passare il tempo guardando le montagne e i laghi e ascoltare il vento tra le lenga. e' uno di quei posti dove anche se sei stato N volte ci torneresti sempre - nature at its most

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:43

Complimenti, anche io ho visitato l'Argentina nel 2010 e ancora cerco di mettere insieme le foto che possano raccontare quel viaggio :-P (ma prima o poi lo farò...parola di giovane marmotta MrGreen)..come dice Juza è davvero piacevole rivedere quei posti nelle tue belle foto e nel tuo emozionante racconto...

Ciao,
Roberto De Siena.

avatarjunior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:45

Complimenti per il racconto. L'avevo gia' letto altrove e mi sono di nuovo emozionato, ti auguro tutto il bene.
Nel mio fresco viaggio da quelle parti non ho avuto tempo di arrivare alla Laguna Torre e farmi un giro al Torres del Paine.
Credo che mettero' i soldi da parte per tornarci al piu' presto.
Un caro saluto.

Gennaro

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:47

Ciao Gianluca,
ti ringrazio per questo tuo splendido diario e per averlo voluto condividere.. credo che testimonianze come la tua possano essere di aiuto a molti.. ;-)
Complimenti anche per le tue foto, degno "corredo" e completamento del testo!!
Grazie ancora e Buona Vita!!Sorriso
Ermanno

avatarsupporter
inviato il 09 Aprile 2013 ore 11:49

Sei un grande, lasciatelo dire! Per come hai saputo reagire a una prova della vita durissima e per il messaggio che porti avanti......che condivido, anche se purtroppo non è mai facile reagire alle prove che la vita ci pone davanti. Ognuno ha i suoi tempi e i suoi modi ma quello che conta è reagire e non perdere mai l'ottimismo.....la vita è una sola e va vissuta fino in fondo secondo me.

Venendo al viaggio e alle foto, sono stato in Patagonia nel 2011 e ci ho lasciato il cuore e devo dire che il tuo racconto ha risvegliato in me la voglia di tornarci....fotografie spettacolari e racconto davvero emozionante per la spontaneità. Complimenti sinceri e un grosso in bocca al lupo per il tuo futuro.

Ciao;-)

avatarsupporter
inviato il 09 Aprile 2013 ore 12:10

GRAZIE!!! Mi hai fatto vivere un'emozione così grande che non riesco nemmeno a descriverla.
Ho già i biglietti aerei per il mio viaggio in quei luoghi che avverrà (se non ci saranno intoppi) in Ottobre....puoi immaginare il mio stato d'animo dopo averti letto e aver visto le tue stupende foto, grazie, grazie davvero e un grande in bocca al lupo per tutto. Sorriso

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 12:43

Empatia... ho letto e ammirato le tue emozioni tutte 'un fiato, fino quasi a commuovermi ad immaginare una persona che, dopo quello che hai passato, si trova a correre ed emozionarsi per il sole che nasce dietro le montagne (anzi, La Montagna).
Posso solo ringraziarti per aver condiviso con noi le tue emozioni, raramente si ha il coraggio di raccontarsi così come hai fatto tu.
Un bocca al lupo, di cuore.Sorriso

Ciao

Max

avatarsupporter
inviato il 09 Aprile 2013 ore 12:52

Bellissimo racconto e bellissima avventura (quella umana e quella del viaggio). Non conosco la Patagonia e probabilmente non la vedrò mai, ma assimilo questi ambienti a quelli che più mi sono cari dell'Africa del deserto e del sahel. Una natura ed una realtà umana che ci "obbligano" a porci tante domande e a provare tante emozioni, come quelle che tu hai raccontato e fotografato.
I miei più sinceri complimenti.

Ciao

avatarsupporter
inviato il 09 Aprile 2013 ore 12:56

Mi viene da dire solo una cosa: grande!! Umanamente e fotograficamente.

avatarjunior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 12:57

Sei una persona speciale! Grazie per aver condiviso questa tua esperienza di vita. Anche io sono stato in Patagonia ed ho fatto il tuo stesso giro. Leggendo, per mille ragioni, ho pianto!
Grazie


avatarjunior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 13:18

Complimenti per il racconto di vita e per le straordinarie foto!!

avatarsenior
inviato il 09 Aprile 2013 ore 13:23

Foto bellissime, ma colpisce ancora di più la tua forza d'animo in queste situazioni in cui il mondo sembra crollarti addosso e la cosa più semplice è commiserarsi e deprimersi.

Io faccio un "mestiere" simile al tuo (CNR) e spesso mi deprimo quando tutto sembra remarti contro.
Una circostanza come la tua rimette tutto nel giusto punto di vista, del valore della vita e delle cose, che unita alla speranza ed alla tua forza d'animo ti fa un uomo più grande.

grazie per la tua condivisione





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